Non ci metterei la mano sul fuoco, avevo si e no sette anni, ma sono abbastanza convinto che l'epoca dei fatti sia la festa dei morti del 1990 ricorrenza che si susseguiva ad un estate memorabile: quella dei mondiali italiani. Ricordo che quella sera io mi trovavo a giocare tra le corsie del supermercato dei miei zii, quelli erano veramente anni di benessere, ed infatti, violando un po' le regole, i regali erano cominciati ad arrivare copiosi già da prima mattina; oltre ai pupi di zucchero, artistica leccornia tipica della ricorrenza, ricordo che quell'anno mi era arrivato già con largo anticipo uno scuolabus di marca chicco, oggetto che non rammento più per quale motivo in particolare, ma che agognavo da tempo, e con il quale stavo giocando quando arrivò a sorpresa il pezzo forte, anzi fortissimo di quell'anno, una riproduzione della jeep alimentata a batteria dall'esorbitante costo di ottocentomila lire dell'epoca.
Quando gli adulti parlano fra loro spesso sottovalutano, sbagliando, le capacità dei bambini di penetrare il senso profondo delle loro discussioni , o almeno così fecero i miei adulti, quando discutendo (in segreto credevano loro) dei regali per la festa a venire si lamentavano del prezzo veramente alto di questo particolare balocco e dei vani tentativi di trovarlo ad un prezzo più conveniente. Perciò anche pago dei regali sino ad allora ricevuti avevo (anche se a malincuore) messo una pietra sopra la speranza in quell'occasione di ricevere purè quell'ulteriore dono, ma non avevo fatto i conti con l'euforia di quegli anni e soprattutto il bene che ci voleva mio nonno (arrivarono altri regali altrettanto generosi anche agli altri nipoti, ma questa è appunto; un altra storia.).
Così ricordo, che fui perfino quasi infastidito quando distraendomi dai miei giochi mi esortò a uscire in strada assieme a lui poi però... mamma mia che meraviglia! Era lì, la mia jeep giocattolo, un capolavoro della tecnologia ludica il massimo per i tempi.
Ma quello che ricordo meglio di tutto furono le parole di mio nonno: "questa te la manda nonno Giuseppe", suo padre. Io non avevo conosciuto il bisnonno Giuseppe, era morto decenni prima della mia nascita, per un tumore allo stomaco verso la fine degli anni sessanta, credo, ma conoscevo mio nonno, e gli volevo bene, e fu per quelle parole che pur non conoscendolo volli bene anche al mio bisnonno Giuseppe: avevo sette anni, non ero un fesso, sapevo benissimo che a pagare la macchinina era stato mio nonno, ma quelle parole mi fecero capire che quell'altro nonno, suo padre, anche se non c'era più in qualche modo c'era ancora, perché era rimasto importante per lui, e con quelle parole lui cercava di farlo diventare importante anche per me.
Forse mio nonno non se ne rese neppure conto, ma quell'anno mi fece un doppio dono, e benché il primo quello più materiale è andato perduto nello scorrere del tempo, il secondo mi segue ancora; Fu lì infatti che imparai non solo l'importanza, ma soprattutto la dolcezza della memoria.
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