lunedì 25 marzo 2024

La Sicilia


Per disbrigare alcune faccende approfittando delle festività natalizie, ho trascorso qualche giorno in Sicilia, terra che per contrasto con lo splendore passato mi pare evidenzi piu di altre la fase di decadenza che sta attraversando.

È da molto tempo ormai, che mi riprometto di scrivere su questo diario per futura memoria una controstoria di questa terra durante il periodo della prima repubblica in modo da provare a ragionare un poco sullo sviluppo dei suoi mali. Ma per adesso in questo post volevo limitarmi a fissare un impressione che ho avuto intanto che è ancora bene impressa nel cervello: in Sicilia il problema non sono i pochi soldi, ma esattamente il contrario ne arrivano troppi; ci sono troppi soldi e pochi controlli su come vengono spesi. Adesso, prima di andare avanti qui c'è da capirsi bene il troppo è un concetto relativo e va sempre rapportato al contesto a cui ci si riferisce altrimenti guardando i meri numeri un affermazione del genere risuona solo come una provocazione, qualcosa detta tanto per gusto di contraddizione.

Resta il fatto che in Sicilia mi sembra esserci un sussidio per ogni cosa, ad esempio poco tempo fa nella mia città, c'erano i genitori dei ragazzi delle superiori sul piede di guerra perché non ricordo se la regione o la provincia, quest'anno non rimborsava le spese sostenute per l'autobus dei figli, così per placare gli animi i costi se li è  dovuti sobbarcare il comune. Anche nella città del nord dove ho trascorso l'adolescenza per frequentare le classi superiori occorreva spostarsi in autobus o in treno, ma benché mi pare che i prezzi per gli studenti fossero agevolati a nessuno è mai saltato in mente che questa spesa dovesse essere sostenuta in toto dall'amministrazione, e per tutti in maniera indiscriminata poi! Continuando, in questo periodo il sindaco ha già sollecitato sia la regione che Roma, ricevendo a quanto mi dicono parole che fan ben sperare, per ottenere un qualche rimborso extra, oltre le misure già previste per tutto il territorio nazionale per far fronte al caro energia, mentre erano andati già in porto i finanziamenti statali per il recupero di un paio di strutture pubbliche e la riqualificazione di alcune strade, normale amministrazione.

Questi sono solo pochi  esempi tra i tanti che potrei elencare; tra incentivi all'agricoltura, reddito di cittadinanza e ancora prima cassa del mezzogiorno, il Meridione ormai sono più di settant'anni che vive d'assistenzialismo in tutte le sue forme,  ciò ha fatto sì che risultasse conveniente nei suoi abitanti lo svilupparsi d'una forma mentis accattona, poco interessata ad emanciparsi, cui modello di crescita non è strutturato per incentivare forme d'occupazione che puntano a svilupparsi e diventare autosufficienti, ma semmai fa apparire più sensato costruire un attività che permetta di aggrapparsi alle casse statali, per poi tirare a campare cercando di svolgere la maggioranza dei propri affari sottobanco.

Badate bene scrivendo quello che ho scritto non intendo fare discorsi moralistici o parlare di etica del lavoro, tanto meno d'infami e vigliacchi  luoghi comuni sui meridionali che non hanno voglia di lavorare, anche perché come è facile intuire: in situazioni svantaggiate come questa, si finisce col lavorare sempre sodo ma col risultato  di ottenere meno. Il mio è un discorso prettamente materialistico: da piccolo imprenditore mi sono reso conto che se volessi aprire un attività al sud e seguire le regole economiche che bene o male qui al nord mi hanno permesso di tirare avanti fino ad oggi, regole che penso valgano in tutte le realtà simili alla nostra, al sud invece mi ritroverei a seguire prassi economicamente sbagliate, cioè il loro sistema economico così come si è venuto a creare non è compatibile con i normali principi economici, infatti se si escludono i beni di prima necessità, le uniche attività economiche che ho visto floride sono attività che sono riuscite ad entrare dentro il meccanismo dei sussidi, o degli appalti, che in quel contesto risultano poi la stessa cosa , o che altrimenti esportano fuori. 


Per chiarire ancora meglio quanto sto dicendo voglio provare a fare un esempio immaginario ma verosimile nelle meccaniche: se uno poniamo, vuole provare ad avviare  un alberghetto in una località suggestiva ma poco sfruttata e la sua idea si rivela vincente, presto o tardi si ritroverà un concorrente che aprirà in zona e per sostenersi invece di fare rete per aumentare lo sviluppo turistico del luogo,  cercara d'affittare  le sue camere a qualche ente per l'accoglienza ai migranti o qualcosa del genere, facendo ciò, avendo raggiunto una posizione di reddita, preferirà vivacchiare cercando di bloccare nuova concorrenza, piuttosto che cimentarsi in rischiosi investimenti per incrementare lo sviluppo turistico della zona, inoltre i pochi, ma sicuri introiti gli permetteranno di fare prezzi più concorrenziali in modo da soffochare anche le valleita di crescita del primo imprenditore. Capite che in un contesto simile per il primo albergatore è più logico partire facendo già lui quello che prima o poi farà un suo concorrente.


Troppi in Sicilia si sono convinti che  sempre e comunque lo stato deve tirare fuori i soldi, soldi che poi per amicizie o furberie finiranno almeno in parte nelle loro tasche per questo quei soldi non vengono intesi come volano ad uno sviluppo autonomo, ma quasi come ordinaria redistribuzione del reddito da parte di uno stato nei confronti delle zone più povere dello stato stesso, di cui sarebbe sciocco non approfittare; ho già scritto del reddito di cittadinanza, resto convinto che sia uno strumento validissimo per sopperire alle storture economiche che un sistema ultraliberista unito al poderoso sviluppo tecnologico stanno perpetrando su alcune fasce di popolazione, sono altrettanto convinto che sia un buon sistema per gestire quegli elementi della società naturalmente inoccupabili e che lasciati a se stessi finirebbero a fare da manodopera alla criminalita, ma alla luce di quanto ho scritto non sono certo che tutto questo sia valido anche per la Sicilia ed il Meridione in genere, temo che strumenti come il reddito di cittadinanza da quelle parti rischino di fare percepire questo sistema di cose ancora più definitivo e naturale. 

Probabilmente non c'è stato nessun dolo nell'avere fatto nascere ed affermare questo modello, che infatti in altre zone pur applicando logiche simili non è sorto, piuttosto lo credo  frutto dei ritardi e le storture accumulatesi nei secoli passati e dell'immaturità di noi meridionali rispetto al modello politico liberale che c'è stato imposto in modo troppo repentino.
Ma se si vogliono redimere sul serio quelle terre ritengo che davvero sia prioritario razionalizzare i pur necessari finanziamenti statali e vigilare con severità sul loro impiego, nel mentre riabituare la gente a fare da se, a contare sulle proprie forze senza aiuti esterni, ridare ad un popolo la dignità che si merita.

Purtroppo non sento in giro discorsi simili e questo a mio parere  dimostra come per la classe dirigente, meridionale compresa, Il sud non fa, forse, almeno nella storia repubblicana, non ha mai fatto parte di questo paese; è stato prima una riserva di manodopera, adesso solo un bacino elettorale da tenere quieto con finanziamenti a pioggia.




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