Gomez-Davila che sto rileggendo in questo periodo, in uno dei suoi escolios scriveva che: "un politico non dice mai la verità ma ciò che gli conviene". Giusto a proposito stavo guardando gli interventi di alcuni politici d'entrambi gli schieramenti e d'entrambe le posizioni sulla guerra in Ucraina, ammetto che sono rimasto colpito dalla capacità di barcamenarsi dimostrata da alcuni di loro; la maestria nel ribaltare il rovescio per il dritto, l'impassibilità nel pronunciare vuoti slogan come se fossero verità divine, il cinismo nel sostenere una posizione solo per convenienza politica, il disinteresse che lasciano trasparire nel ricercare argomentazioni plausibili consci come sono che la parola ripetuta molte volte acquista consistenza di per se; nonostante una mia repulsione verso i sofismi riconosco che oggi in questa era mediatica più che mai, alcuni politici si dimostrano degli autentici padroni del discorso, le doti oratorie, la sottigliezza argomentativa di questi individui mi ha fatto veramente pensare allo splendore di Roma, all'abilità degli antichi senatori nel patrocinare la propria tesi, cosi mi immagino la scena che fu: nelle gloriose sale irradiate dalla potenza dell'Urbe, lì quegli uomini ubriachi di potere, quasi stremi, al culmine della propria orazione, convinti oramai essi stessi che la parola era in grado di piegare persino la materia.
Innegabilmente molti dei contemporanei dimostrano di non aver dimenticato la lezione; traspare la stessa arguzia e prontezza di spirito, la stessa padronanza di sé, ci sarebbe di che andarne fieri se non fosse che a Roma tutte le finezze, le abilità persuasive dei suoi senatori, una volta che le parole per interesse di Fazione si alienarono dal concreto, non sono bastate per resistere alle rozze parole di verità pronunciate dalle spade barbare.
ma forse anche allora i senatori, di tutto ciò furono i meno a soffrirne.
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