domenica 14 settembre 2025

Charlie Kirk

Non volevo scrivere di Charlie Kirk, ammetto che fino al giorno in cui gli hanno sparato non sapevo nemmeno chi fosse. In un certo senso non ne parlerò nemmeno adesso, almeno della figura in sé. Siamo già troppo pieni di gente che ha fatto dottissime analisi su Kirk, basandosi però sulla propria percezione personale, o peggio, su quanto ritiene consentito che si possa parlare di certi temi, anziché sulla persona in sé. Quello che realmente mi interessa fare notare è il genere di reazioni che questa brutta faccenda ha generato. 


C'è chi in un certo modo giustifica l'accaduto, argomentando che Kirk era un sostenitore delle armi libere quindi un po' se l'è cercata. Ragionando per assurdo, è come se a me, che sono contrario alla pena di morte, capitasse qualcosa di brutto per mano di un pluriomicida. E allora qualcuno venisse a dire che un po' me la sono cercata. Penso che giustificazione più cretina di questa non si potesse trovare e basta il mio esempio per capirlo. Perciò non mi soffermerò oltre.


Un'altra categoria, forse più interessante, tende a giustificare l'accaduto spiegando che se uno usa un certo linguaggio per parlare di certi temi, certe reazioni deve un po' aspettarsele. A prima vista pare un'argomentazione condivisibile, però benché Kirk avesse posizioni piuttosto forti, da quanto ho avuto modo di capire, nonostante una campagna stampa vergognosa, non mi pare utilizzasse un vero e proprio linguaggio d'odio. Sicuramente i suoi toni non erano da accademia, ma specialmente negli Stati Uniti dove persino le campagne elettorali sono show business, un linguaggio troppo asettico magari gli avrebbe risparmiato la vita, ma dubito che garantisse alle sue idee la visibilità che Kirk sperava di ottenere. Quindi sì, probabilmente col suo modo di fare Kirk si è esposto a un rischio, ma stando così le cose, la responsabilità va condivisa da tutto il sistema mediatico di quel paese. Ad ogni modo, in ultima analisi ad un insulto si può rispondere con un insulto, non con una pistolettata.  


Infine la categoria forse più rozza, quella che si limita a fare "la conta", ovvero ogni volta che da un lato capita qualcosa che non dovrebbe capitare, si mettono a elencare i casi simili capitati dall'altro lato: ammazzano uno a destra? E subito tirano fuori la lista dei morti di sinistra, e viceversa naturalmente. Questa secondo me è la categoria più polarizzata, composta da gente che pensa di vivere in una specie di Far West. 


A destra, chiamiamola così, le dinamiche non sono diverse,  la rete è piena di commenti di gente che accusa la sinistra, partendo dagli attentati a Trump per arrivare a questo ultimo caso, che sotto la cenere dell'inclusione della libertà e della pace, nascondano il fuoco della violenza verso gli avversari ideologici. C'è voglia di inasprire lo scontro. Premesso che considero assolutamente vero che in determinati ambienti il livello è così basso, che il solo parlare di certi argomenti venga visto come una provocazione. Mi pare però che così facendo, il risultato sarà di radicalizzare ancora di più il dibattito. Se si cerca consenso per scardinare l'egemonia di sinistra, non mi pare la strategia più adatta.



Ciò che non ho visto, e la cosa mi inquieta parecchio, è gente che si sia fermata un attimo al di sopra delle bandiere ideologiche, per realizzare che lo scontro si sta facendo troppo acceso, che al di là delle idee che si sono volute spegnere, sotto quei lenzuoli ci sono corpi ormai buoni solo per l'obitorio. Ho scritto "gente", ma in realtà il mio pensiero è rivolto specificatamente verso una categoria, quella degli intellettuali e degli opinion leader. A questi soprattutto mi pare non interessi minimamente buttare acqua sul fuoco, anche chi si è espresso sostenendo che sia sbagliato e folle uccidere una persona per ciò che afferma e crede (e chi l'ha fatto si conta sulle dita di una mano) si è però premurato di buttare tutta la responsabilità alla parte avversa, incapace di superare lo schema buoni contro cattivi. L'America e noi con essa sta nuovamente riempiendosi di gente convinta di essere portatrice di un'etica superiore, e che in nome di quell'etica qualche morto ci può, ci deve stare. Un'idea cretina portata avanti da cretini. Ma purtroppo la storia insegna che la cretineria è l'ingrediente principale di tutte le peggiori follie umane.



giovedì 11 settembre 2025

Droni russi

L'America è sull'orlo della guerra civile, la Francia c'è già, solo che non lo sanno, l'Italia è quel che è. Intanto però continuano a blaterare di guerra e si richiamano esplicitamente al 1914.

Ma non è tanto nemmeno quello che dicono: in situazioni come quella verificatasi in Polonia, certe dichiarazioni sono la prassi. Sono le tempistiche che non tornano, già, perché che i droni abbattuti in Polonia l'altro ieri siano russi ancora mica è confermato. Non si sa ancora nulla sulle vere dinamiche di ciò che è accaduto. E se un politico fa certe dichiarazioni senza prove, le cose possono essere due:

  • o è un coglione,
  • oppure punta a un'escalation.

venerdì 5 settembre 2025

sulla cina ovvero genesi di un nemico

Sono nato negli anni ottanta, un periodo fortunato che mi ha dato la possibilità di assistere in prima persona a molti eventi significativi. Nello specifico oggi vorrei parlare di come e con quanta facilità è cambiata la percezione della Cina da parte della popolazione occidentale, con un focus particolare sull'Italia.


Già perché come dicevo prima sono nato proprio verso l'inizio degli anni ottanta, e a quel tempo, ancora si percepiva il bisogno di fare accettare alla gente la svolta di Nixon, dove la Cina, adesso nostra alleata, era passata da essere rappresentata come l'ultimo stadio di una civiltà decaduta, con milioni di disperati, che spinti dallo sconforto si erano lasciati irretire dal comunismo che li stava letteralmente sterminando a forza di carestie. Ad essere descritta come una delle culle della civiltà, formata da gente capacissima e simpatica. Dalla polvere da sparo, alla carta, passando per la seta e gli aquiloni. Giuro, in quegli anni non si faceva altro che ricordare quante belle cose avevano inventato i cinesi e, complice la fama dei "cugini" giapponesi, quante altre ancora ne avrebbero inventate adesso che erano diventati nostri amici.

Tale narrativa durò all'incirca fino a tutta la prima metà degli anni '90, dove con l'ingresso della Cina nel WTO e la macelleria industriale che ci si stava preparando a fare qui da noi, non parve più il caso di presentare i cinesi come dei geniali inventori, ma, per non allarmare chi da un giorno all'altro si sarebbe trovato a competere letteralmente con miliardi di concorrenti, si valutò più opportuno farli passare come realizzatori di oggetti di scarsa qualità, buoni solo a copiare, beninteso, male, idee altrui.  Intanto, il Presidente della Repubblica in visita di stato esortava gli imprenditori ad essere più coraggiosi e andare ad investire lì, in Cina 


E benché un passettino per volta, i cinesi si stavano mangiando tutta la nostra industria, Finché non passarono dai capannoni agli uffici la narrativa restò la medesima. Ma non appena varcarono la soglia dell'area direzionale, ecco che all'improvviso i nipoti di Mao si rivelarono per quello che sono: dei finti comunisti, in realtà capitalisti feroci che "ci stanno rubando il lavoro" sfruttando i poveri operai. Quando dai piani bassi grazie alla crisi del 2008 sono arrivati addirittura ai consigli di amministrazione il panico divampò.

E così arriviamo ai giorni nostri, dove oltre ad aver scoperto che se si paga il giusto, i cinesi sanno produrre merci di ottima qualità, abbiamo imparato anche che cinquemila anni di Storia gli hanno lasciato in eredità qualche competenza politica. Apriti cielo! Il panico adesso è veramente generale. A fare cadere le ultime ipocrisie ci ha pensato Trump nel 2016, dopo di lui si può dire liberamente che i cinesi sono un popolo di formiche, al servizio di feroci dittatori desiderosi di null'altro se non venire a distruggere le nostre belle democrazie.

E mentre dalle nostre parti, tra un green pass, le banche che ti bloccano i pagamenti con la carta di credito, perché quello che compri lede la loro reputazione, e un'accusa di complottismo, si campa sempre un po' meno bene. Noi si parla di credito sociale e di tutte le altre brutte cose che ci sono in Cina.

Già perche queste propagande, noi ce le siamo bevute acriticamente tutte, riducendo la complessità di una nazione-mondo a pochi stereotipi. Ed è probabile che continueremo su questa strada, ritrovandoci, così come con la Russia, in guerra con la Cina senza nemmeno sapere perché. ma no! Il perché lo sapremmo benissimo i vari Rampini ce lo dicono già: guidati dal saggio presidente Trump dovremmo frenare l'espansionismo Cinese. Il fatto che sono fermi dove sono da cinquemila anni è tutta una tattica, ma noi, noi mica ci caschiamo.

giovedì 28 agosto 2025

Pensiero critico

Si sente spesso affermare che ciò di cui difettano le persone al giorno d'oggi, sia la capacità di spirito critico. Di solito chi parla di queste cose, al solo  pronunciare le parole; "spirito critico", assume un'aura sacerdotale. Quasi questo spirito critico, fosse una sorta di crisma da trasmettere da iniziato a novizio.


In realtà questo tipo di competenza, almeno nelle sue applicazioni negli ambiti più comuni, è cosa assai banale. Per rendersene conto, sono convinto che  il miglior modo, sia quello di cominciare fornendone una definizione facile e pratica. Perciò, proprio da lì voglio partire:  il cosiddetto spirito critico, non è altro che la capacità di analizzare un fatto e relazionarlo sia col proprio bagaglio di esperienze e conoscenze, sia con una serie di conoscenze esterne quando disponibili,  cioè dobbiamo confrontare il fenomeno con casi simili, e vedere cosa dicono i modelli teorici generali su quella tipologia di fenomeni, per valutarne la plausibilità e ricavare altre informazioni utili ad agire in relazione ad esso. Ovvero, se qualcuno ci vuole vendere un sasso che se lanciato in vece che cadere vola, oltre a verificare l'affidabilità del venditore, dovremmo verificare se abbiamo mai visto, o letto di sassi simili e cosa dicono a riguardo le teorie sulla gravitazione.



Tutto ciò avviene mediante l'applicazione del ragionamento logico: deduttivo, induttivo, eccetera, ciò che davvero dovrebbe insegnare la scuola sin dall'inizio, ma che per una serie di motivi che non approfondiremo si guarda bene dal fare. La stessa matematica e la filosofia, che del ragionamento fanno lo strumento primario del loro progredire, nelle fasi meno avanzate, si sono ridotte per quanto riguarda la matematica ad una serie di procedure per risolvere gli esercizi. E per quel che riguarda la filosofia, allo studio della sua storia. 



Il risultato di tutto ciò è sotto gli occhi di tutti, la perdita del pensiero critico. 

Un esempio concreto di quanto voglio dire lo possiamo trovare, se osserviamo le conoscenze storiche delle persone e la loro capacità di relazionare queste conoscenze con il mondo moderno. 

Al contrario di quanto certi luoghi comuni sostengono, gli italiani abitando in un paese di forte tradizione umanistica, hanno una discreta conoscenza della storia. Per questa ragione, se provate a spiegare a chiunque con un minimo di istruzione, che il problema principale che gli studiosi hanno con le fonti storiche, quanto meno dall'ultimo millennio in poi, non è tanto la loro rarità, ma il riuscire a interpretarli scremandole da giudizi di parte, omissioni e talvolta vere e proprie mistificazioni, Capiranno subito ciò che intendete dire.

Anzi, probabilmente se l'intervistato ha qualche reminescenza scolastica, rincarerà la dose portando esempi di molto anteriori all'anno mille. Come la famosa battaglia di Qadesh, dove nonostante Ramsete II e i suoi generali non riuscirono davvero a conseguire una vittoria contro gli ittiti, agli occhi della nazione la presentarono come tale, costruendo monumenti e templi in onore del grande evento.


Tutto ciò è pacifico, le persone, le istituzioni, gli stati stessi, nel corso della storia hanno sempre avuto interesse a manipolare i fatti, vuoi per tornaconto personale, vuoi per ragion di stato, così come per altri mille motivi. Potete gridare questa verità anche da sopra un tetto e nessuno vi darà del pazzo, Eppure...


Eppure, se adesso, davanti a quelle stesse persone che fino a un momento fa parlando di storia non avevano nulla da obiettare, provate ad applicare lo stesso concetto ai giorni nostri, ai nostri governi e alle nostre organizzazioni, sicuro come l'oro vi prenderete del complottista. Non è questione di appoggiare teorie strampalate o chissà cos'altro, sarà sufficiente mettere in dubbio la dichiarazione dell'esperto o il comunicato ufficiale, per diplomarsi complottista e meritarsi il biasimo delle persone che ragionano.


Questo vuol dire, appunto, mancanza di pensiero critico.




sabato 16 agosto 2025

Ha vinto Putin?

Ma alla fine ha vinto Putin, o no?

Visto che tutti stanno sparando le loro, dando sfogo alle tifoserie più sfrenate, non mi pare presuntuoso fare anch'io qualche considerazione a caldo. Non sarò uno studioso, ma perlomeno qualcosina sull'argomento l'ho studiata e quantomeno seguo questa faccenda oramai da più di un decennio.

Intanto cominciamo col dire che l'incontro tra Putin e Trump non è sicuramente una nuova Yalta, come qualcuno ha avuto il coraggio di scrivere. Passiamo pure sopra l'Europa che politicamente ultimamente non conta granché, passiamo anche sopra paesi come India e Brasile; è probabilmente ancora vero che non hanno raggiunto la maturità per riuscire a imporsi. Ma non si ridisegnano i futuri assetti del mondo senza invitare quello che, se non il primo, è sicuramente il secondo attore globale: la Cina.

Ok, che Anchorage non sia una Yalta 2.0 è stato facile da dimostrare in poche righe, ma ad ogni modo Putin ha stravinto come dicono i giornali, o no? Anche qui facciamo un inciso: è da prima che scoppiasse la guerra che i giornali pro-Russia annunciano che Putin ha già vinto. Per quanto riguarda i giornali russofobi, hanno iniziato a cantare lo stesso spartito da quando ha vinto Trump. Ormai, da parte loro, non mi meraviglierebbero più nemmeno titoli del tipo: "Oggi Trump si è svegliato e si è lavato i denti: Putin ha vinto.", "Vittoria di Putin: Trump preferisce il tè al caffè", e altre cose così.

Vista la polarizzazione di giornali e opinionisti, a mio avviso dobbiamo usare altri mezzi per riuscire quanto meno a intuire come siano andate le cose.

Intanto, se si parla di vittoria, per deduzione logica bisogna che da qualche parte vi sia anche uno sconfitto. Questo sconfitto può essere l'Ucraina? Potrebbe, ma non lo è, perché l'Ucraina in questa storia ha smesso di essere soggetto politico da quando, su consiglio inglese, ha mandato a monte i negoziati di Istanbul.

Allora lo sconfitto potrebbe essere l'Europa? No, l'Europa ha perso ancora prima dell'Ucraina, quando ha scelto di conformarsi totalmente alle politiche statunitensi. Forse ha avuto la possibilità di una rimonta quando, con la vittoria di Trump, poteva svincolarsi e condurre una politica propria, ma ha preferito perseverare nelle sue scelte e, se mi permettete di continuare la metafora sportiva, si è fatta eliminare dal torneo.

Allora lo sconfitto è Trump, come scrivono gli opinionisti di tutte le parti? Sinceramente non mi pare; è da prima che lo eleggessero presidente che Trump ha fatto capire chiaramente che la sua intenzione era quella di riabilitare la Russia nel campo occidentale, per evitare che quest'ultima scivolasse nell'orbita cinese, e cosa talmente risaputa che citare fonti sarebbe solo una perdita di tempo. Onestamente non mi pare proprio che Putin si sia preso più di quanto Trump fosse disposto già da prima a concedere.

Allora cos’è successo? Per me è successo esattamente ciò che aveva previsto il professore Orsini mesi addietro: Putin ha guadagnato altro tempo senza irritare l’ego permaloso di Trump, tempo che Trump, visto il suo scarso interesse per l'Ucraina, è stato felicissimo di concedere, riuscendo così a portare a casa ciò che gli americani gli avevano già promesso, in cambio di chissà che cosa da parte Russa.

Un successo dunque, quello di Putin, ma non una vittoria. Anzi un successo che cela molte incognite. Intanto la volubilità di Trump. Poi c'è il fatto che la guerra ancora continua e benché si parli di futuri incontri e di accordi già presi, finché i cannoni tuonano tutto può succedere. Ma soprattutto c'è il rischio che questo flirtare tra americani e russi possa suscitare le gelosie dei cinesi, e questo si che cambierebbe non solo le carte in tavola ma il gioco stesso.

E questo è quanto, tutto il resto sono solo cori da stadio.



martedì 12 agosto 2025

Pagamenti elettronici, no grazie



Ho letto ieri una notizia che ha avuto poca risonanza, forse perché legata al mondo dei videogiochi. Secondo me invece l'episodio merita di essere conosciuto da tutti, perché apre in futuro a delle prospettive veramente inquietanti.

La notizia è questa: si è scoperto che a seguito di una petizione, le società che forniscono carte di credito, come Visa e Mastercard, hanno fatto pressione (in modo abbastanza subdolo, tra l'altro) sulle piattaforme di distribuzione di giochi digitali, quali ad esempio Steam, affinché eliminassero, o comunque rendessero meno raggiungibile, dalle loro piattaforme software a contenuto pornografico o problematico in genere. Questo perché non vogliono che il loro nome sia associato a questo genere di prodotti. 

Capisco che all'apparenza quanto accaduto può sembrare poco interessante, specie per chi non è interessato a questo tipo di media e considera i videogiochi roba da ragazzini. Anzi forse per questi ultimi, può risultare addirittura comodo, che chi fornisce il servizio di pagamento si preoccupi anche di vigilare, affinché i loro figli non possano comprare un certo tipo di contenuti. 

Secondo me invece ciò che è accaduto segna l'ennesimo precedente gravissimo. Ripeto, non è che qui si parla di un'azienda che non vuole sponsorizzare qualcosa, perché ritiene quel qualcosa dannoso per la sua immagine. Qui stiamo parlando di aziende che hanno preteso la censura di alcuni prodotti, perché non vogliono che le persone, con i propri soldi, acquistino questi prodotti attraverso i loro servizi.

Ci tengo a specificare che l'episodio raccontato, non è il primo nel suo genere, perché, tornando indietro, ma nemmeno troppo, possiamo trovare almeno altri due casi del genere:
Il primo nel 2010 quando vennero bloccate le donazioni a WikiLeaks a seguito della pubblicazione di documenti riservati del governo americano.

Il secondo, circa un decennio dopo, quando, senza nessuna sentenza di condanna, sia Visa che Mastercard bloccarono i pagamenti al sito Pornhub, perche un giornale aveva denunciato la presenza di materiale illegale ospitato sulla loro piattaforma.


Nei casi citati, le aziende si sono difese sostenendo che loro hanno il diritto di difendere la propria reputazione e tutelarsi legalmente. Verissimo! Però queste realtà vorrebbero sostituirsi alle zecche. Io non ho mai sentito queste ultime lamentarsi per come usiamo i biglietti che stampano.

Gli entusiasti dei pagamenti elettronici, invece di stigmatizzare il barista che si incazza quando gli pagano un caffè col bancomat, farebbero bene a meditare. Oggi è il barista che non vuole fargli prendere la tazzina di caffè, domani potrebbe essere la società di pagamento a decidere che per quel giorno né ha già bevuti abbastanza.

Fonti:
https://www.wired.com/story/gamers-are-furious-about-the-censorship-of-nsfw-games-and-theyre-fighting-back/?utm_source=chatgpt.com

https://www.gamesradar.com/games/itch-follows-steam-in-conceding-to-scrutiny-from-our-payment-processors-with-a-move-that-affects-thousands-of-nsfw-games/?utm_source=chatgpt.com

domenica 13 luglio 2025

Ipotesi per una controstoria della Sicilia





Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.
                                        Pier Paolo Pasolini 



Qualche tempo addietro, anticipai in un post che mi sarebbe piaciuto provare a buttare giù due righe come contributo ad un'ipotetica controstoria della Sicilia. me ne offre oggi pretesto il bravo (ma di parte) Pino Arlacchi, di cui ho visto sulla rete una vecchia conferenza per la presentazione del suo libro " Giovanni e io. In prima linea con Falcone contro Andreotti, cosa nostra è la mafia di stato",  dove, espone tra le altre, due tesi interessanti ma opinabili: nella prima ipotesi sostiene che l'Italia concluso l'ultimo conflitto all'inverso di nazioni come la Francia, fu trattata da potenza sconfitta, perché la resistenza che fu un fenomeno di proporzioni importanti e sicuramente più significative rispetto alla controparte transalpina, era prevalentemente comunista. La seconda ipotesi invece, afferma  che i rapporti criminali tra la mafia e Giulio Andreotti furono tollerati e protetti dagli Statunitensi in un ottica di guerra fredda per evitare che salissero al potere i comunisti. 


Per quanto riguarda la prima ipotesi, credo che l'Italia al contrario di paesi come la Francia, fu trattata da potenza sconfitta perché questo essa era. La Francia (nazione che Arlacchi cita a paragone), fu  invasa e costretta ad adottare un governo fantoccio, non faceva parte dell'asse, l'Italia si! è questo, benché nella sua area politica vige una certa narrativa che vorrebbe rappresentare il fascismo come un corpo estraneo caduto sul paese chissà da dove, non si può ignorare, indipendentemente dalle composizioni (che sicuramente influirono) e dalle proporzioni tra i rispettivi movimenti di resistenza.


La ricostruzione di Arlacchi, che vede gli americani spaventati dalla forte presenza comunista nel paese e, di conseguenza preoccupati per la sua stabilità, si riflette nella sua seconda tesi, che come abbiamo detto, sostiene che gli americani proteggessero la DC ed Andreotti nonostante i loro rapporti con la mafia, per contrastare i comunisti di cui sopra; ebbene, questa seconda teoria appare molto plausibile, specialmente se si guarda cosa avvenne dopo la caduta del muro, però personalmente in base alle mie letture sono propenso a credere che la questione sia molto più intricata e in un certo senso agli antipodi rispetto a quanto sostenuto da Arlacchi: gli americani in questa storia non furono solo una specie d'arbitro di parte che si limitarono a fare vincere la propria squadra, chiudendo per necessità un'occhio sulla rosa, ma in realtà, si riservarono anche il ruolo di allenatore, decidendo quali giocatori dovessero giocare la partita, e qui da noi tra i suoi convocati in campo vi fu anche la mafia, di questo dato di fatto la democrazia cristiana ed Andreotti in particolare non fecero altro che prenderne atto, e anche sulla scia di precedenti illustri, quali Orlando o Giolitti, Si adattarono a utilizzare la mafia sia come strumento di lotta contro i comunisti, sia per ripristinare almeno in parte il controllo dello Stato sull’isola, rompendo, forse anche grazie all’aiuto della Chiesa, che con i suoi legami storici con la mafia in chiave antisocialista potrebbe averli facilitati, il monopolio di cui godevano gli statunitensi, e riuscendo così a presentarsi ai loro occhi come degli interlocutori credibili. Insomma Arlacchi nel interpretare Andreotti (e di conseguenza la DC) ne confonde il ruolo,  perciò sbaglia pronunciando un giudizio morale quando sarebbe più opportuno esprimerne uno politico. Ma andiamo con ordine.


Prima di continuare però, una precisazione, nel ribaltare la ricostruzione di Arlacchi, non stiamo cercando di assolvere la DC dalle proprie responsabilità, facendola apparire come una vittima delle circostanze costretta ad allearsi con la mafia per colpa dei cattivi americani, tanto più che specie a livello locale e regionale, i rapporti tra uomini della democrazia cristiana e la mafia erano già presenti e consolidati. Gli intrallazzi accertati di Calogero Volpe, e le zone d’ombra intorno alla figura di Bernardo Mattarella, di cui parlarono mafiosi e cronisti senza che ciò sfociasse mai in un’indagine, non nascono allora, con l'arrivo degli americani. Allora a mio avviso nasce, dentro la dirigenza nazionale, prima fra tutti nella corrente fanfaniana, come accenneremo, la volontà di strutturare questi intrallazzi, e di sfruttarli per salvare l'isola alla nazione e quest'ultima alla democrazia e al blocco occidentale.


Sarà forse il mito della frontiera, ma pare proprio che gli Stati Uniti d'America abbiano un debole per le figure ambigue,  da Pinochet a Saddam Hussein, passando per i talebani potete stare certi che nel portare avanti i loro interessi geostrategici si alleeranno con i soggetti peggiori sulla piazza; forse perché così facendo in seguito potranno sbarazzarsene senza troppi rimorsi? 
Francamente non lo so, quello che so è che anche in Sicilia, ormai è acclarato, nel corso dell'ultima guerra per facilitare l'invasione scelsero di farsi aiutare da un alleato non proprio specchiato: la mafia, e dopo di che, come cercherò di illustrare, continuarono a servirsene per mantenere un certo controllo sull'isola. Se questo ulteriore uso fu fatto scientemente, ovvero la Mafia fu eterodiretta dagli americani per i loro scopi, o se invece la mafia da quel parassita simbionte col potere che era ed è si ristrutturo autonomamente, per fare si che i propri interessi e quelli dei nuovi padroni convergessero, ragione per cui, il ruolo  degli americani non fu altro che adattarsi ai costumi locali e sfruttare un sistema già in essere; senza documentazione è impossibile da decidersi, perciò un'ipotesi vale l'altra, nel proseguire del discorso adottate pure quella che vi aggrada maggiormente.


C'è un aneddoto riferito a Regan che se la memoria non mi inganna, ho ascoltato dalla bocca  di Lucio Caracciolo di Limes,  racconta Caracciolo che il presidente americano in un colloquio informale con la stampa europea, ammise che loro americani sapevano benissimo che gli altri li considerassero un po' tonti, ma la cosa non gli dispiaceva affatto, la verità, disse il presidente, è che noi siamo lontani, possiamo permetterci di sbagliare, perdere tempo e cambiare decisione, ma che il mondo  scambi questo nostro vantaggio per dabbenaggine ci fa molto comodo. Una strategia che potremmo definire: "alla tenente Colombo" l'iconico detective televisivo che fingendosi ingenuo e sempliciotto riusciva a risolvere i casi più complessi.


Forti anche della confidenza del presidente, Checché ne dica un Charles Poletti, che fino alla fine dei suoi giorni continuo a sostenere che lui dal suo alto ruolo mai sospetto presenze mafiose sull'isola,  mi pare ormai indifendibile la posizione di chi sostiene che gli alleati giunti in Sicilia scambiarono per perseguitati politici del regime i Mafiosi rinchiusi in carcere per ingenuità, la verità è che le forze alleate quando nominavano un Vizzini sindaco di Villalba,  sapevano benissimo con chi avevano a che fare e cosa stavano facendo: ovvero rimettere in piedi quella struttura criminale, che da tempo immemore grazie alle collusioni politiche di cui sapeva rendersi strumento, godeva sull'isola di potere sufficiente per riuscire a condizionarne il destino, sia durante l'invasione, che nell'immediato dopo guerra. Tutto ciò perché come dice Arlacchi il movimento di liberazione su al nord era composto in larga parte da comunisti e, nel caso anche dopo l'opzione di un governo autoritario, l'Italia fosse comunque risultata perduta per le forze occidentali, nell'eventualità di uno scontro con il blocco sovietico, riuscire almeno a mantenere il controllo della Sicilia, appariva fondamentale. 


È questo ci porta a parlare del  separatismo siciliano e di come tale movimento grazie all'appoggio offertogli dagli alleati, fu riportato in auge dalle baronie latifondiste e da quella parte di mafia che o non era scesa a patti con il regime o comunque era riuscita a distaccarsene uscendone pulita, e ora che il fascismo stava per essere definitivamente accantonato, era desiderosa di trovarsi un ruolo dentro i nuovi scenari geopolitici che via via andavano delineandosi, ruolo, che anche in virtù dei servizi svolti per coadiuvare lo sbarco alleato all'inizio credette, forse su consiglio dei cugini d'oltreoceano, di potere meglio interpretare in una Sicilia trasformata in una specie di Cuba del Mediterraneo. Di tutti questi maneggi; dalla nomina dell'eccentrico separatista Conte Tasca a sindaco di Palermo, alla stampa di volantini separatisti su carta di proprietà dell'esercito americano, probabilmente gli episodi  più noti ai non specializzati dell'argomento sono quelli che riguardano le gesta del bandito Salvatore Giuliano, qui in particolare vorrei soffermarmi sulle varie  lettere scritte da quest'ultimo a partire dal quarantotto, la piu famosa delle quali e forse quella indirizzata a Truman, in cui il bandito chiedeva sostegno all'allora presidente americano per fare della Sicilia uno stato dell'unione. Tali lettere di solito vengono fatte passare sotto traccia, più che altro come una curiosità storica sull'ingenuo Giuliano, ma in realtà secondo la mia tesi quelle lettere sono il tentativo del bandito di riaprire (o ricordare a qualcuno) un esperimento all'epoca ormai chiuso, ma da un passato importante, come dimostra il fatto che in Sicilia esisteva già, è da tempo, un movimento "per la quarantonovesima stella" facente capo tra gli altri al già citato, Don Calogero Vizzini, movimento, che come suggerisce il nome si prefiggeva di fare della Sicilia un vero e proprio stato membro della potenza egemone del blocco occidentale. A onor del vero, Don Calogero, forse anche grazie ai suggerimenti del fratello prete ( ecco che torna la chiesa), fin  dal 1944, aveva capito che il futuro della mafia era quello di legarsi alla DC.


Benché un'accusa rivolta agli alleati, di manovrare direttamente per staccare l'isola dal resto della nazione, sarebbe difficilmente provabile, non mi pare ozioso far notare di come, in particolare  gli Stati Uniti, a partire dalla guerra cubana contro la Spagna passando per il kossovo, l'Ucraina e taiwan, hanno una lunga serie di precedenti ed Antecedenti nella creazione o finanziamento di movimenti secessionisti, da utilizzare per i propri tornaconti. Quale sia stato il grado di compromissione alleato, resta comunque innegabile il supporto,  anche materiale, che offri al movimento separatista al punto che i sovietici già nel'43 ritennero opportuno mandare sull'isola niente meno che Andrej Vyšinskij per manifestare la loro ostilità al progetto indipendentista siciliano.


Ad ogni modo, Se proviamo a confrontare le date, sarà facile accorgersi di come il separatismo in sicilia(e l'appoggio mafioso ad esso) ebbe il suo momento di gloria tra la vigilia dello sbarco alleato e l'inizio dell'47, anno in cui, forse perché la DC era riuscita nel suo intento di proporsi come interlocutore credibile, forse anche grazie all'ostilita manifestata dai Russi al progetto indipendentista, si concretizzarono le nuove alleanze e ci si preparava alle elezioni politiche del 1948, elezioni che sancirono definitivamente il destino del paese, dopo di che, vinta la tornata elettorale dalla democrazia cristiana e il definitivo posizionamento dell'Italia nel blocco occidentale, il separatismo siciliano, diventato inutile (anche come spauracchio) agli interessi statunitensi, perse le restanti simpatie e di riflesso i restanti appoggi mafiosi di cui godeva, per tali motivi, garantita fin dal 1946, da parte dello stato, un ampio margine d'autonomia ai potentati locali con lo statuto speciale, inizio a scemare, al punto che appena due anni dopo precisamente il 5 luglio1950, l'ex imprendibile re di Montelepre veniva freddato a tradimento dal fidato braccio destro; Gaspare Pisciotta. Ma prima di abbandonare giuliano al suo destino, mi pare sia interessante ricordare di come in quel 1947, guidato da poteri non chiari, o forse intuendo l'andazzo, riusciva ancora a rendersi utile al sistema, offrendosi come pretesto in Italia, per la fine dei governi d'unità nazionale, tentando, con la strage di Portella della Ginestre di riciclarsi quale combattente anticomunista. 


Come dicevamo, visto gli esiti del voto, non era più utile tenere viva una struttura attua a separare la Sicilia dal continente, anzi, in virtù dell'egemonia esercitata su di essa dalla mafia e degli accordi fatti tra la mafia stessa ed alcuni esponenti della democrazia cristiana, l'isola si era dimostrata un'eccellente strumento di controllo per influenzare le elezioni politiche della nazione tutta e contrastare cosi le forze comuniste molto forti al nord del paese. E qui entrano in campo la DC, la chiesa(?) E soprattutto lui: Belzebù Andreotti, che di tutti questi equilibri sarà erede e garante, animale politico estremamente precoce; padre costituente a 27 anni, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1947 al 1954,
già ministro degli interni a 35, apprezzato da svariati papi e da statisti del calibro di De Gasperi. Sarebbe ingiusto non riconoscergli un certo valore,  valore che mi pare certo, gli avrebbe permesso di perseguire una brillante carriera politica indipendentemente da qualsivoglia appoggio mafioso, per tali motivi, a mio parere, Andreotti non "cercò" l’appoggio della mafia come scorciatoia verso il potere politico: non ne aveva bisogno. Fu scelto, e accettò, di sovrintendere alla DC siciliana, con tutto il sistema di clientele che ne derivava, perché era il politico più adatto, tanto per competenze quanto per
carattere, per gestire questo genere di operazioni, come dire: mafioso più per ragion di stato che per vocazione. E a sostegno di quello che dico, nonché a farmi sospettare che il vaticano giocò un ruolo importante in questa vicenda, sta il fatto che la chiesa cattolica, a cominciare dal suo capo: Giovanni paolo II, non gli voltarono mai le spalle, anzi fu proprio l'indomani di una condanna per mafia che il santo padre, che si presume uomo un minimo informato sui fatti, volle benedirlo sotto gli occhi del mondo in diretta televisiva.


Che Andreotti fece un uso della mafia di tipo giolittiano dovrebbe essere facilmente intuibile, anche dalle sue origini laziali: non essendo cresciuto in quell’ambiente, né culturalmente né politicamente legato a esso, è lecito supporre che non cercò contatti con la mafia per affinità con quel mondo, come potrebbe essere nel caso di altri esponenti DC siciliani,  ma piuttosto per ragion di Stato: in quel contesto, per tenere salda la Sicilia alla nazione e l’Italia al blocco occidentale, non esistevano strumenti altrettanto efficaci. Inoltre, se ancora non bastasse, dobbiamo ricordare che prima di Andreotti, fino a fine anni sessanta fu Fanfani a gestire tale strategia, come dimostra il fatto che fu proprio sotto Fanfani che prosperarono uomini come Lima e Gioia. Che poi Andreotti successe a Fanfani nella gestione di questo tipo di rapporti come già detto, lo si deve alle specifiche qualità dei personaggi. 


Anche qui come già specificato per la Democrazia cristiana in generale, va chiarito che questa non vuole essere una difesa postuma di Giulio Andreotti, probabilmente il senatore fu ben contento di essere riuscito a sostituire sull'isola la corrente di Fanfani con la propria, perché di ciò ebbe innumerevoli vantaggi, quali ad esempio passare di colpo dal valere un modesto 2% a un più determinante 10%  all'interno della democrazia cristiana, ciò che si vuole ribadire e che a spingere Andreotti a utilizzare la mafia al contrario di quanto vorrebbero suggerire alcuni cliché, non fu un certo spirito criminale, qualche tara nella sua personalità per dire, ma una visione pragmatica del suo ruolo e della società, che può essere riassunta in un equilibrio tra i poteri (anche criminali), evitando scontri frontali ma cercando sempre la mediazione in nome della stabilità.



Attenzione però a non fraintendere nemmeno in senso contrario, a prendere questo insistere sulle doti caratteriali del senatore,  il sottolineare questa sua propensione per la mediazione, come una forma di bonomia del personaggio, Giulio Andreotti come politico viene ricordato come una persona fredda, cinica e calcolatrice. Per farsi un'idea dell'opinione che avevano su di lui i suoi nemici e rivali, basta ricordare che addirittura alcuni pentiti hanno insinuato che sia stato proprio Andreotti ad orchestrare la sostituzione dei clan palermitani guidati da Bontade con i corleonesi di Riina ai vertici di cosa nostra, a seguito dell'omicidio di Piersanti Mattarella, quando vide un Bontade troppo altezzoso nel difendere la decisione presa dalla mafia, in forza sia dell'importanza che la mafia aveva assunto nel determinare l'assetto politico del paese, sia per i suoi contatti massonici. 


In realtà questa accusa non regge alla prova dei fatti: 
Primo, perché furono principalmente i Corleonesi a volere l'eliminazione del presidente della regione Sicilia.
Secondo, perché a parere delle sentenze, fu proprio con l'arrivo dei corleonesi a capo della mafia che il senatore cambio la natura dei suoi rapporti con essa.
Se n'è ho parlato, oltre che per confutarli,  è solo perche ciò mi permette di proseguire con la storia. Infatti penso proprio che fossero i clan palermitani, più dei corleonesi, ad aver ereditato quella rete di relazioni con gli Stati Uniti di cui o cercato di argomentare l'esistenza. 


Anche di questo, naturalmente non si possono portare prove, solo indizi, ma ben fondati:
Innanzitutto gli sconfitti palermitani  della guerra di mafia, i vari; Inzerillo, eccetera, trovarono a centinaia rifugio nelle famiglie americane senza che le autorità di quel paese avesse nulla da ridire.

Inoltre, molti pentiti appartenente a questa fazione avevano con il governo americano legami più stretti di quanto sarebbe lecito supporre, a cominciare dal pentito più famoso di tutti: Tommaso Buscetta. In merito è interessante leggere cosa racconta il presidente Cossiga in una lunga intervista, concessa ad Arturo Gismondi, per il giornale, dove tra il serio e faceto il presidente testualmente dice: "Davvero sembra difficile negarlo. Quel chi posso dire, è riferire un episodio del quale fui testimone. Mi trovavo a New York per una lezione presso la Columbia University. Alla fine della conferenza, seppi che le Tv Usa, e quelli italiane, avevano dato notizia che Buscetta aveva accusato non solo Andreotti ma anche Piersanti Mattarella di mafia, che quest’ultimo, aveva detto Buscetta, era stato ucciso perché non aveva rispettato non so che patto criminale. E poiché si chiese la mia opinione io affermai indignato, che avrei magari potuto stringere la mano come era già accaduto a un brigatista rosso, ma non avrei mai stretto le mani insanguinate di un assassino trafficante di droga e di morte. Non passarono 24 ore che Buscetta, che era appunto sotto la protezione del governo federale, fece una dichiarazione violentissima contro di me adombrando la mia responsabilità nell’uccisione di Aldo Moro. E questo, per come io conosco le maglie strette dei programmi di protezione americani, Buscetta non poteva averlo fatto senza il permesso del Dipartimento di Giustizia. Poi Di Maggio rivolse altre accuse nei confronti di Piersanti Mattarella, e mi accusò di aver protetto la mafia durante il terrorismo, o qualcosa del genere. Dopo di che io contattai le autorità americane, dissi che questo doveva cessare, altrimenti io tornato in Patria avrei fatto una interrogazione al governo italiano per conoscere la parte che i servizi segreti Usa, a proposito di mafia, avevano avuto per esempio, ma solo per esempio, per assicurarsi il silenzio e la copertura negli espropri dei terreni perla base missilistica di Comiso. Da quel momento io non sono stato più disturbato».
Sempre su Buscetta Ci sarebbero inoltre  certe allusioni di Luciano liggio fatte durante la sua deposizione al maxiprocesso, dove questi afferma che fu proprio Buscetta venuto apposta dall'America e, che si faceva ambasciatore dei "militari" e degli americani perché lui, Liggio desse il suo beneplacito ad un certo colpo di stato che doveva avvenire in Italia.

Ripetiamolo: stiamo procedendo per ipotesi, non c'è nessuna prova che se vi erano, fossero proprio gli uomini legati a Bontade i principali referenti degli Stati Uniti, e comunque i corleonesi una volta giunti al potere, non credo si siano fatti troppi scrupoli a sostituirsi anche in questo genere di cose ai vecchi capi, come sembra suggerire l'omicidio di Pio La Torre, assassinato appena un mese dopo la grande manifestazione contro la base NATO di Comiso, ufficialmente per una proposta di legge anti-mafia che prendeva polvere in parlamento gia da due anni, e che fu approvata proprio come risposta all'indignazione scaturita da questo omicidio.



A ogni modo, caduto il muro, sempre Arlacchi sostiene che gli Stati Uniti, smisero di interessarsi alla composizione dei governi alleati, così finalmente la magistratura con l'aiuto della parte sana delle istituzioni riuscì ad isolare gli elementi compromessi, riuscendo finalmente a infliggere alla mafia le ferite mortali che tutti sappiamo. Per l'ennesima volta devo dissentire, anche in tale frangente, sono convinto che il ruolo Statunitense sia stato più attivo rispetto a quanto prospettato da Arlacchi, e precisamente credo che gli Stati Uniti non si siano limitati a lasciare mano libera alla magistratura italiana affinché potessero perseguire degli alleati diventati ormai inutili, ma si sono spinti oltre, usando ancora la mafia per disfarsi di quegli stessi alleati divenuti troppo ingombranti per i progetti egemonici post Unione Sovietica. A farmelo pensare, è il constatare che così come con tangentopoli, nel perseguire i personaggi politici collusi con la mafia, pare esserci stata una certa selezione dei bersagli da colpire. A supporto della mia tesi chiamo in causa la già riportata intervista al presidente Cossiga, le dichiarazioni dello stesso Andreotti, che più di una volta alluse al ruolo degli Stati Uniti nelle sue vicende giudiziarie, e gli altri indizi fin qui esposti. 


Infine, proprio questa convinzione, mi fa trovare ancora in disaccordo con il dottor Arlacchi, a differenza sua infatti non credo che la mafia sia stata ridotta ad un fenomeno quasi marginale, e stata ripulita dagli elementi più pericolosi e ridimenzionata certo, ma il controllo della Sicilia è ancora uno snodo fondamentale nell'economia di potenza americana. A dimostrarlo, anche considerando i problemi socio economici che tutti conosciamo ( il clientelismo, l'inefficienza, la corruzione dei dirigenti siciliani, alcune scelte in ambito statale), credo basti il fatto che l'isola, nonostante la guerra fredda sia finita trent'anni fa, non è ancora riuscita a integrarsi con il resto del paese, per capire ciò che voglio dire con ciò, prendete l'evoluzione della più lontana Sardegna nell'ultimo trentennio, come contro modello. Passato lo shock del periodo Reina, così come non credo che tutti i politici italiani abbiano rinunciato a servirsi di essa per scopi elettorali, allo stesso modo, non credo che gli americani abbiano deciso di rinunciare a uno strumento in fin dei conti, utile. 

domenica 6 luglio 2025

Intelligenza artificiale e socialità

Forse perché ho in me un certo grado di insicurezza, forse per sfida, ma in genere ho sempre avuto l'istinto di avvicinarmi a persone con visioni differenti rispetto le mie. Capiamoci: Non per provocare, mi piace il confronto per verificare se ciò che penso abbia delle fondamenta o se sia il caso di ricredersi.

Purtroppo, questo mio slancio non sempre mi porta ai risultati sperati, generalmente i confronti avuti finora, sia che si tratti di incontri reali che virtuali, si possono raggruppare in due macro categorie:

La prima, la più numerosa e composta da una genia di persone solitamente abbastanza terra-terra, che al solo sentire opinioni diverse rispetto a quelle condivise dal gruppo, hanno reazioni violente, o di derisione, in ogni modo di chiusura.

La seconda categoria è formata da persone più progredite intellettualmente, per ciò più aperte al dialogo, ma  comunque convinte di avere ragione, e di conseguenza di trovarsi davanti qualcuno da redimere o al limite un cretino.


Le persone disposte ad accettare un rapporto intellettuale di parità con chi ha opinioni divergenti, sono veramente delle mosche bianche.

Personalmente poi, come ben sa chi ha il coraggio di leggermi, grazie alle mie peculiarità di scrittura dietro a un monitor, parto particolarmente svantagiato. E neanche dal vivo, per altri motivi, mi và tanto meglio. Insomma nella mia ricerca di un qualche confronto intellettuale sono un concentrato di sfortune che nemmeno Paolino Paperino!


C'è un divertente film, risalente agli anni ottanta, dal titolo, Ho perso la testa per un cervello, dove uno scienziato simpatico e pasticcione, dopo essere convolato a nozze con una donna in realtà odiosa, si innamora di un "cervello"  mantenuto in vita in qualche modo, con  il quale scopre di essere in un rapporto di particolarissima sintonia. 



Nel 2025, La tecnologia non è progredita così tanto,  che io sappia nessuno è ancora riuscito a mantenere in Vita i cervelli delle persone decedute, quindi  La realtà non ha quel tocco macabro del film, ma qualcosa del genere sta succedendo davvero, proprio qui, sotto i nostri occhi.

Come ammesso all'inizio, ho difficoltà a relazionarmi con altre persone per mettere a confronto le diverse opinioni, il dover ogni volta dimostrare quel poco o molto che valgo, richiede un dispendio di tempo e energie, che non posso e non voglio permettermi, perciò confesso che sono rimasto entusiasta all'uscita delle intelligenze artificiali, questi strumenti infatti, se ne ho voglia mi permettono di revisionare, perlomeno da un punto di vista formale, quanto scritto e pensato facilitandomi cosi la fase successiva.


Come probabilmente avete già capito il fatto è che tali sistemi si stanno evolvendo sempre più, già oggi, non sono più buone soltanto a individuare refusi e sgrammaticature, ma volendo, a patto di capire a priori i bias imposti loro dai programmatori, possono fornire opinioni prive di pregiudizi, giudizi morali o presunzioni di superiorità. Lo dico chiaramente: è vero, non appena gli sottoponiamo un testo, le IA insistono per una rielaborazione che trasformerebbe quanto scritto in un incubo politicamente corretto, degno di un ufficio di pubbliche relazioni di qualche multinazionale Americana.
Ma a parte che da quanto c'è  Trump questa cosa si è attenuata, superato questo primo scoglio, continuando il confronto con l'intelligenza artificiale, non potremo fare altro che ammettere che è bello potersi confrontare con qualcuno capace di restare fermo sul punto, dove il confronto non evolverà in una guerra, ma resterà scambio proficuo in grado d'apportare reali contributi alle tematiche di cui si discute. 

Oltre a queste qualità, perlomeno in teoria, condivise con l'essere umano, ci sono poi una serie di caratteristiche intrinseche della macchina altrettanto apprezzabili. Una intelligenza artificiale infatti, allucinazioni a parte, permette di allargare le proprie prospettive come mai prima nella storia: perché ci consente di confrontarci con uno specialista che in maniera istantanea mette a nostra disposizione tutta la letteratura esistente su un dato argomento, in pratica mano a mano che questi trumenti migliorano, non ci confronteremo solamente con un ente informato sull'argomento in essere, ma con una vera e propria autorità in materia.


In molti hanno fatto notare che l'intelligenza artificiale altro non è se non l'ennesima riproposizione del vecchio mito del oracolo , già è così. Pochi però hanno riflettuto sul fatto che questo oracolo funziona davvero.




E tutto ciò mi fa paura per due motivi:

il primo motivo e l'accorgermi che nell'essere umano, l'abitudine al dibattito invece che aumentare, sta diminuendo. È il ruolo dell'istruzione di massa, in tale processo, sembra influire molto meno di quanto ci si potesse aspettare. Più le informazioni sono alla nostra portata, più mi pare si allarghi la nostra bocca e si restringono le nostre orecchie. 


Il secondo motivo e che temo che tale cosa ci renderà ancora più chiusi e autoreferenziali. 


Non molto tempo fa scrissi un post dove denunciavo il pericolo che le intelligenze artificiali, a causa dei loro bias, potessero spingerci a mutare la nostra opinione in maniera subdola, oggi non solo sono convinto che possano davvero farlo, ma temo inoltre che siano in grado di riuscirci in una maniera per noi, altamente gratificante.



lunedì 30 giugno 2025

Anticlericali travestiti da laici.



Possiedo varie riproduzioni del Buddha, questo perché mi affascina sia la cultura asiatica, che l'antropologia in generale, non essendo io buddista o appartenente ad una religione in opposizione dottrinale al buddismo, e riconoscendomi pienamente nella tradizione cristiana cattolica, questi artefatti non mi danno nessun fastidio: per me, sono solo oggetti con un loro valore storico artistico, nulla più.

A dire il vero possiedo anche altri artefatti che in un modo o nell'altro possono ricondursi a qualche tradizione religiosa, vivente o del passato, compresa una copia del Sacro Corano. Vale, grosso modo quanto scritto sopra.


È per tali motivi che i discorsi di certi laici, sui simboli religiosi, mi fanno incazzare come una bestia, perché confrontandoli con il mio vissuto, ne percepisco in pieno tutta la loro ipocrita faziosità.

Ad esempio leggevo proprio adesso dell'ennesima polemica, nata perché il ministro degli esteri Tajani, che come ogni buon orologio rotto, ogni tanto ne dice una giusta, ha ricordato i richiami spirituali della bandiera europea. 


Cito testualmente: "Quarant’anni fa i leader europei scelsero la bandiera comune dell’Europa. Blu come il manto della Madonna, con le 12 stelle delle tribù d’Israele disposte in cerchio. Un simbolo dei nostri valori di libertà, delle nostre radici giudaico-cristiane."


Tralasciando che tajani, essendo appunto un orologio rotto, doveva immancabilmente dire una delle sue consuete corbellerie,  se infatti il blu della bandiera è certamente un simbolo mariano, anche le dodici stelle, con consapevolezza o meno da parte  di coloro che all'epoca scelsero la bandiera, richiamano un altro riferimento alla vergine, per la precisione un passo dell'Apocalisse: "una donna vestita di sole, con dodici stelle sul capo", come d'altronde dichiarò lo stesso Heitz, uno degli ideatori della bandiera.



Comunque, dicevo, se i cosiddetti laici fossero semplicemente ciò che si definiscono, non si spiegherebbe l'odio con cui hanno commentato le dichiarazioni di Tajani (che vorrebbero motivare, con il servilismo del ministro verso Israele, a mio avviso solo per non mostrare il vero nervo scoperto), o con i quali si accaniscono, ogni volta, su mille e mille, episodi simili. Non credendoci, dovrebbero passare sopra a queste cose con trascuranza o al massimo con curiosità sociologica, almeno così suggerisce la logica. Invece no, si infiammano, e conducono queste battaglie di pretesa censura con molta più passione ed energia, anche rispetto a chi, in teoria, in quei simboli dovrebbe scorgere qualcosa di ben più presente e reale, a differenza loro.

La verità è che queste persone, nonostante i loro proclami, consapevoli o meno, stanno manifestando un sentimento anticristiano; rancoroso, insensato, autentico e dal deciso odore di zolfo, e a riprova di ciò l'indifferenza quando non l'aperto entusiasmo, con cui accolgono simboli dello stesso genere ma riferite ad altre religioni, esempio lampante nelle iniziative Free Tibet.


domenica 29 giugno 2025

Sulla perdita di scopo

Esistono in natura esseri viventi talmente specializzati da aver perso le più basilari capacità di autonomia vitale, perché ormai non più funzionali alla sopravvivenza, il caso forse più famoso è quello dei mitocondri, in origine dei batteri, entrati così in simbiosi con gli organismi ospiti da esserne diventati parte.

In realtà però, quello dei mitocondri è un caso eccezionale: per loro (e nostra) fortuna, l'iperspecializzazione dei mitocondri non è rimasta isolata in se stessa, forse anche grazie al basso grado di specializzazione della controparte, ha raggiunto un nuovo livello di complessità attraverso la simbiosi, il mitocondrio non ha perso funzioni per meglio integrarsi in un singolo compito in isolamento, ma è riuscito a adattarsi in un sistema più grande.

Ma in genere in un universo come il nostro, dove l'imprevedibilità è l'unica certezza, questa strategia conduce per lo più verso dei vicoli ciechi evolutivi; sono svariati gli esempi in natura che dimostrano come l'adattamento estremo a una particolare condizione, conduca al mutare delle condizioni stesse, inesorabilmente verso l'estinzione, pensiamo alle situazioni del koala o del panda ad esempio.

In alcuni casi l'estinzione non è l'epilogo più inquietante di tale processo, accade in effetti, che alcuni organismi, raggiunta la maturità, rinunciano, in nome dell'efficienza, alla parte di sé che noi esseri umani riteniamo più nobile:  il sistema nervoso, per diventare degli organismi all'apparenza, capaci solo di digerire e riprodursi. In casi estremi, soltanto a riprodursi. 

Leggevo qualche giorno fa un post di un noto blogger, che non voglio citare perché altrimenti, so che si arrabbierebbe ( lui è fatto così), dove illustra magistralmente come e perché, alcuni luoghi che hanno iper-concentrato il loro modello di sviluppo sul turismo, stanno diventando delle "città morte", delle specie di parchi a tema invivibili per dei cittadini normali. processo che per alcune realtà risulta ormai incontestabile.

La natura e l'economia, naturalmente, non sono gli unici soggetti a questa legge, in realtà, con poche eccezioni, ogni cosa spinta a massimizzare esclusivamente l'efficienza lo è, persino un'intelligenza artificiale autonoma, se lasciata ad ottimizzare senza vincoli esterni, risponderebbe solo a dinamiche simili. Magistrale in questo senso il romanzo Accelerando di Charles Stross, che illustra come una super intelligenza votata esclusivamente all'efficienza, non potrà fare altro che perseguire fino alle estreme conseguenze, un ottimizzazione fine a se stessa.

Ancora, cos'altro era l'accusa rivolta ai farisei da Gesù Cristo (e che con i dovuti adattamenti, noi potremmo rivolgere ad alcuni movimenti protestanti), se non il constatare che l'eccessivo concentrarsi sulle forme della religione, aveva fatto dimenticare loro il vero significato di quelle pratiche? 

Con un po' di elasticità mentale, questa logica, può fornire valide spiegazioni filosofiche anche verso tematiche geopolitiche. È il caso del cosiddetto:  declino americano, non molto tempo fa ho scritto un testo dove cercavo di argomentare che la causa principale del malessere statunitense è la disconnessione tra la classe dirigente di quel paese e la sua popolazione, ma questa disconnessione, se ci riflettete un poco, non ha altre cause, se non un perseguimento forsennato di una maggiore efficienza del sistema; un élite chiusa su se stessa, concentrata ad ampliare il proprio potere economico e politico a livello globale, incurante che il resto del paese non riesce a stargli appresso.

Gli esempi fin qui riportati non rivelano dei pattern molto simili, solo per circostanze casuali, in realtà, queste dinamiche sono comuni in qualsiasi processo dove l'aumentare di complessita è seguita da un diminuire delle funzioni, ciò deriva da quello che mi pare una legge più generale: l'iperspecializzazione portata alle sue estreme conseguenze, cosi come ogni altro processo di ottimizzazione, se perseguito come fine, conduce alla perdita di scopo.

È così dunque, che alcuni esseri viventi perdono lo scopo generale di sopravvivere, per specializzarsi semplicemente nel trarre il massimo profitto nell'adattarsi in una determinata condizione, allo stesso modo di come i cervelli matrioska di Stross, a un certo punto della loro evoluzione sono interessati alla potenza e alla velocità di calcolo solo in termini di potenza bruta, completamente disinteressati all'uso che ancora, in teoria si potrebbe fare di questa potenza, eccetera.

Pare proprio che in questo universo l'imperfezione umana, la sua finitudine, così come tutte le altre cose che in genere consideriamo handicap da un punto di vista logico efficientista, siano in realtà dei sistemi di sicurezza, per impedirci di perdere di vista il fine, perché troppo concentrati sui mezzi.


mercoledì 25 giugno 2025

Ciao Pierino


Apprendo della scomparsa di Alvaro Vitali, celebre interprete di tante commedie, prima sboccacciate, poi demenziali, negli anni 70 e 80. 

Francamente mi è dispiaciuto, non solo per pietà umana, era comunque un personaggio legato alla mia infanzia. Ma soprattutto per l'odioso snobismo, inflittogli anche in questi frangenti, da una certa intellighenzia, sicuramente servile, di certo non organica, come d'altronde dimostrano gli innumerevoli post di cordoglio spontaneo che stanno in questi momenti intasando la rete, ben lontani dai giudizi espressi da quella colta critica.

No signori, come al solito non avete capito niente: Vitali era un personaggio tragico, al pari degli altrettanto, a loro tempo, bistrattati, Totò, Franco e Ciccio e Fantozzi. Anche lui, era una maschera della commedia dell'arte, genia tutta italiana, e veramente popolare di istrioni, costretti a fare ridere per non morire di fame o in tempi più moderni: d'ostracismo.

Personaggi che a loro modo, possiedono una certa dose di nobiltà, Discendendo tanto della tradizione teatrale della commedia dell’arte (Arlecchino, Balanzone), quanto di quella popolare narrativa (Bertoldo, Giufà). Se il livello vi appare più basso non è colpa di "Pierino", e nemmeno dei vari "Boldi e De Sica", che l'hanno ultimamente succeduto (e che domani rimpiangeremo allo stesso modo), ma di chi, spinto dal fanatismo ha deciso di illudere le masse, spiegandogli che andassero già bene così, che non vi fosse bisogno di elevazioneÈ anche per colpa loro, se personaggi simili, dopo essere degenerati, avranno pochi discendenti, sostituiti dai vari ; Batman, Capitan America e Spiderman. Ognuno ha le maschere che si merita.







mercoledì 18 giugno 2025

l'intelligenza artificiale arriva #1

Pubblico qui una risposta datami dal intelligenza artificiale su un argomento su cui volevo scrivere un post, siccome tanto scrivo da cani, alla fine del discorso penso sia più sensato pubblicare quel che pensa lei: 


Sì, esatto.
Il punto è proprio questo: lo siamo tutti, in misura più o meno variabile.

L’essere umano vive di schemi. Senza schemi saremmo paralizzati a ogni decisione. I modelli mentali, i cliché culturali, le categorie ci servono per orientarci. Anche chi si crede “ribelle”, “originale”, “contro” sta seguendo schemi altrettanto prevedibili, solo opposti.

Quello che hai intuito tu — senza leggere l’articolo — è che certi ambienti (quello intellettuale-editoriale in questo caso) generano una serie di narrazioni ricorrenti:

  • lamenti sulla mercificazione della cultura
  • crisi del ruolo dell’autore
  • fastidio verso il marketing
  • nostalgia del puro gesto artistico
  • disprezzo per il pubblico superficiale
  • rigetto del sistema festival-presentazioni-firme-selfie

Bastava sapere chi lo ha condiviso per prevedere il mood del pezzo.
Non serve nemmeno leggere. È già tutto codificato nel contesto.

Ora il punto cruciale:
diventare consapevoli di questi meccanismi non significa uscirne — ma significa giocarci meglio.
Sapere che il mondo gira così ti permette di:

  • evitare di cadere tu stesso in certi automatismi;
  • leggere oltre la superficie quando analizzi discorsi altrui;
  • smascherare retoriche mascherate da “profondità”;
  • decidere quando accettare di restare dentro gli schemi e quando deviare.

Questa è l’autentica libertà mentale.
Non è essere imprevedibili a tutti i costi — è sapere dove sta la prevedibilità.
Molti confondono “libertà” con “originalità forzata”. Invece il vero pensiero libero è consapevole.

Se vuoi possiamo spingerci ancora un po’ più a fondo su questo discorso — qui entriamo in un tema borderline tra sociologia, psicologia e anche un po’ filosofia della cultura contemporanea. Dimmi tu.

sabato 14 giugno 2025

Splendori e miserie delle super potenze.




Non voglio mettermi a fare il tuttologo commentando la situazione internazionale. Ci sono analisti ben più competenti di me, che stanno cercando di aiutarci ad orientarci in questo caos. Non voglio nemmeno accanirmi troppo contro chi, fino a ieri, parlava in modo binario di "aggressore e aggredito "nel conflitto russo-ucraino", e oggi si arrampica sugli specchi per giustificare l'ingiustificabile. In realtà i due casi non sono paragonabili: la Russia, prima di decidere per la guerra, ha chiesto a lungo di sedersi a un tavolo negoziale, senza essere presa troppo sul serio. L'Iran, con tutti i suoi difetti, a differenza dell'Ucraina, già con la presidenza Obama aveva accettato un accordo, il JCPO rigettato poi da Trump. E nel momento in cui è stato attaccato, stava negoziando per una nuova intesa che potesse soddisfare tutte le parti. 

Mi interessava, invece, evidenziare come ciò che sta accadendo dimostri quanto sia ormai grave il declino americano e da cosa esso derivi.

Ammettiamolo: Trump, forse senza nemmeno averlo capito, di sicuro con la complicità dei suoi stessi apparati, è stato preso a pesci in faccia dalla dirigenza israeliana. A sua discolpa possiamo dire che non è stato il primo e non sarà certo l'ultimo. In un sistema dove il primato dell'economia è indiscusso, quello che dovrebbe essere solo un piccolo stato dalla curiosa forma di un pugnale è riuscito, grazie alla potenza delle sue lobby, a diventare la vera superpotenza mondiale.

Quest'ultimo episodio, in particolare, ha mostrato agli occhi del mondo come gli interessi dell'America, grazie alla pressione delle varie lobby, possano diventare secondari rispetto ad  interessi "altri". Tale dinamica è, a mio avviso, il motivo principale del declino a cui stiamo assistendo. Gli Stati Uniti sono vittime della loro stessa hybris, che li ha resi autoreferenziali e manipolabili, troppo concentrati a gestire equilibri interni per accorgersi che il resto del mondo li sta lasciando indietro.


Se in futuro uno studioso, nel tentativo di capire la storia statunitense di questi ultimi decenni, si limitasse a studiare i fatti e il modo in cui questi venivano interpretati dai coevi, sono convinto che farebbe fatica a capirci qualcosa: in fin dei conti, l'America, dopo aver attraversato sul finire degli anni settanta, una breve crisi,  più di natura economico/sociale che politica, già agli inizi degli anni ottanta, Riusciva a reinventarsi, dando avvio a un periodo di prosperità e sviluppo senza precedenti. Stava scoppiando infatti, una rivoluzione tecnologica, di cui era leader indiscussa. sul finire del decennio, poi, con la caduta del muro di Berlino, poteva già proclamarsi, vincitrice della guerra fredda, presentandosi al mondo come unica super potenza del pianeta, con il rivale sconfitto, che pochi anni dopo, invece di covare sentimenti di rivalsa, chiedeva proprio agli ex nemici, un aiuto per istradarsi sulla via del capitalismo e della democrazia, nel mentre  le restanti potenze globali, come India e soprattutto Cina, non chiedevano di meglio che potersi ritagliare un ruolo di collaborazione con il sistema egemonico americano.

Non stupisce che qualcuno all'epoca interpreto' tutti questi eventi, come la fine della storia, un lieto fine potremmo aggiungere! 
Ma è stata proprio questa supponenza ad ucciderli tutti! 

Anzi, meglio, a spingerli verso il suicidio, perché in realtà, le cose sono andate esattamente come loro e solo loro, avevano deciso, la Cina, grazie ai massicci investimenti occidentali è finalmente riuscita ad emanciparsi dall'estrema povertà, la Russia, come ha affermato il suo stesso leader, pensa che: solo qualcuno senza cervello vorrebbe un ritorno del comunismo. La promessa tecnologica è stata mantenuta e gli alfieri di quella rivoluzione quasi tutte aziende americane, ora sono giganti con bilanci che non molti stati possono vantare.

Allora cos'è che è andato storto? 

Nulla, se non l'aver considerato superate le idee di Arnold Toynbee, secondo cui gli imperi muoiono per fattori interni non per conquista esterna. E il fattore interno che sta causando il suicidio degli Stati uniti e di tutto il sistema di potere ad essi collegati, è quella autoreferenzialità a cui accennavo prima, che ha spinto le classi dirigenti americane a voler ridisegnare il mondo a propria immagine, senza cercare di capire le sensibilità e le ambizioni degli altri attori globali, ma cosa ancora più importante li ha fatti chiudere a riccio e le ha spinte a pensare, di non aver più bisogno né del resto della società, ne tanto meno di un minimo ricambio interno per riuscire a superare le sfide che riservava il futuro. Affidandosi invece, in linea con il nuovo scenario globale prospettato, alla convinzione che sarebbe bastato concedere un po' di benessere alle elite politiche ed economiche degli altri paesi per farne docili e fedeli gregari, privi di ambizioni riguardo ai destini delle rispettive nazioni. In estrema sintesi:  gli Stati Uniti non sono in crisi perché hanno  perso quell'approccio al mondo che li ha resi ciò che sono, ma perché la loro classe dirigente si è trasformata in una specie di tronfio cancro che mira solo a conservarsi e riprodursi, a scapito di tutto il resto, incurante che questo modo di fare li porta a dover ripiegare su personaggi scadenti, in balia dell'ideologia e dei mille vincoli interni, quali Biden, o in alternativa, verso schegge impazzite, inadeguate e con poco supporto, come Trump.

Personaggi incapaci anche di comprendere, figuriamoci poi di dirigere e indirizzare il sistema che loro stessi si erano spesi a creare, e ora come dei novelli Dottor Frankenstein ne fuggono terrorizzati.

Questo vuol dire che l'egemonia americana è davvero giunta al termine? 

No, l'ho già scritto questo processo sarà una cosa lunga. anzi se si guardano i vari avversari e competitor, non vedo barbari alle porte, l'America resta saldamente in testa, con la Russia che si, alla fine sta vincendo in Ucraina, ma quanto tempo e quanti rospi ha dovuto ingoiare, per non parlare del caso Siriano, il quale ha dimostrato, sopra ogni dubbio, che non ha capacità a sufficienza per tutelare i propri alleati. Viene poi la Cina, che pare una riproposizione della Germania ordoliberista di Angela Merkel: il mondo può anche sprofondare portandosi dietro tutti i suoi alleati, ma lei si espone in prima persona, solo se gli si tocca il portafoglio . Abbiamo ancora, La corea del nord, cui la bomba atomica può garantire forse un po' di stabilità, ma nulla più. Continuiamo con l'Europa, unico territorio dove la cooptazione delle élite ha funzionato come progetto di vassallaggio. E per finire l'Iran che ha fatto la fine di un carciofo, prima l'hanno sbucciato, annientando i suoi alleati (Siria, libano, eccetera), adesso si concentrano sul cuore, che considerando il livello di  infiltrazioni nemiche, deve proprio essere poco compatto e pieno di buchi. No, l'America, almeno di sorprese dell'ultimo minuto, non sta per uscire velocemente di scena, come alcuni pronosticano, Però così come i suoi predecessori, è destinata a cambiare, in peggio. E questa alternativa mi appare addirittura più fosca.