martedì 28 ottobre 2025

Nebiosi pomeriggi




Erano belli quei pomeriggi grigi,
Come usciti da un orologio rotto,
Aspettando i passi sulle scale.
Il vociare degli adulti,
l'odore di cucina, le risate.

Il tempo ha fatto preda di quei giorni:
allora parevano immensi,
adesso soltanto le ombre.
Resta, ultimo rifugio, 
un moto di pensiero.

Una mosca



Ottobre inoltrato, e sul tavolo due mosche. Fastidiose come tutte le mosche, ma più vecchie, più anziane. Gli antichi, le mosche autunnali, le credevano incattivite, rancorose per la vita che le abbandonava. No, sono solo più lente, più vecchie. Attonite davanti il proprio destino. Come un cane o come un Cristiano.

Sullo stesso tavolo, un piatto pieno di briciole di torta: la mosca vi si fionda, ancora per un'ultima volta, incurante dei giganti che un tempo le parevano così lenti. Adesso la fame e la stanchezza sono a suo sfavore. Giorni andati, d'estate, con quegli occhi e quelle ali, pareva che il mondo fosse suo. Ali e occhi come pochi altri esseri nel mondo.  Ancora: gli antichi pensavano che le mosche fossero figli del demone, tanto erano potenti gli insetti fastidiosi. A vederle adesso l'impressione è confermata; figlie di un diavolo ingannatore, che prima esalta e dopo distrugge. 

Allora tanto vale catapultarsi fra le briciole e li far concludere il destino. Così avrebbe sentenziato l'insetto, se capace di pensiero. Ma per tanto, basta l'istinto a giungere a analoga conclusione.


Lì, io colgo il fastidioso scocciatore di certe dolci mattine estive, dei miei pomeriggi d'ozio. Mi basterebbe allungare la mano, meglio ancora la paletta! E farei vendetta del loro ronzare inopportuno, di tutte le loro intromissioni maleducate. Ma proprio sul più bello, io esito; che onore c'è nel concludere così l'antica battaglia. Troncare sul più bello il saziarsi del insetto, oramai Vecchio e affamato. 

Non c'è forse più giustizia nell'accordare tregua, e concedere così alla povera bestiola, la gioia di un ultimo pasto, forse l'unico tranquillo di tutta un'esistenza? 

venerdì 24 ottobre 2025

Ancora sul declino americano


Ieri sera ho ascoltato una conferenza interessante di Lucio Caracciolo, dove il famoso studioso geopolitico, abbandonati certi sorrisini di commiserazione, non solo riconosce che la grave crisi che gli Stati Uniti stanno vivendo è cosa più seria di quanto si vuole far credere, ma addirittura la diagnostica non come un declino, magari rapido, ma come un vero e proprio crollo.

Finalmente! Dico io, adesso anche qui da noi, forse, si smetterà di parlare di sesso degli angeli. Capisco che ormai il solo nominare la Russia senza inventarsi qualche altra improbabile malattia da affibbiare al suo presidente, classifichi automaticamente chi lo fa come putiniano. E che se si parla d'America, l'ordine di scuderia è di rappresentarla come una forte e felice nazione, purtroppo momentaneamente tenuta in ostaggio dal malvagio Trump. È a onor del vero,  in tal senso anche il direttore di Limes, nonostante si sia sempre mosso con intelligenza, ha dovuto pagare la sua libbra di carne.  Ma uno studioso che vuole continuare a chiamarsi tale, prima di tutto nel rapportarsi con i fatti, deve dotarsi di una lente interpretativa onesta e indipendente, non degli stessi occhiali che chi è interessato a controllare la narrazione gradirebbe fossero sul naso di tutti.  È in tal senso confesso che la mia stima, va verso il povero professor Orsini, che nonostante le tonnellate di fango che gli hanno spalato addosso, alla fine dei conti, se andiamo a ripescare le sue previsioni sono molto più in linea con ciò che poi è effettivamente avvenuto.



Tuttavia, nonostante abbia apprezzato il cambio di passo, devo dire che una prognosi così nefasta mi lascia alquanto perplesso. Vero che la situazione in America è piuttosto seria: da un lato il declino relativo rispetto alle nuove potenze emergenti. Dall'altro, perlomeno dal duemila in poi tutta una serie di presidenti assolutamente inadatti alle sfide che le contingenze storiche prospettavano davanti.  E a dirla tutta, le stesse politiche di Bill Clinton se giudicate col senno del poi non si sono rivelate così lungimiranti. Continuando, anche sul piano sociale, l'America non se la passa tanto bene, i vecchi conflitti, mai risolti, stanno venendo a galla tutti in blocco, e fenomeni come la polarizzazione delle posizioni ne stanno facendo nascere di nuovi.

Però, appunto, nonostante le difficoltà non mancano, mi pare che stavolta Caracciolo nel dare per spacciati gli Stati Uniti, anche se solo per provocazione, pecchi dal lato opposto. La potenza militare del paese è fuori discussione, la sua moneta, nonostante i colpi autoinflitti, detta ancora legge e sul piano scientifico e culturale, gli Stati Uniti rimangono il faro del mondo. Nel mentre i suoi rivali fanno tutt'ora fatica a tenere il passo, la Russia benché non sia più quella degli anni novanta, soffre di alcune debolezze che gli eventi degli ultimi anni hanno chiaramente evidenziato, mentre la Cina rimane ancora inchiodata alle sue coste, dimostrando che il "contenimento" americano regge ancora. Comunque ho già scritto sia di quali sono a mia opinione gli assi che l'America ha ancora da giocare, sia dei motivi per cui questa crisi è particolarmente grave, a ragione di ciò non starò a dilungarmi. 


Invece mi piacerebbe provare a ipotizzare quali sono le strategie,  un po' spontanee, un po' pilotate dall'alto, che l'America sta provando ad applicare per provare a salvarsi. Intanto diciamo subito che cercare di puntellare il primato tecnico scientifico, e riportare la produzione a casa è una cosa talmente ovvia che non la definirei nemmeno una strategia, ma un semplice atto dovuto. Detto questo mi pare che le principali strategie,  finora emerse siano tre. Non si tratta di un numero casuale, visto che secondo me operano su piani differenti, ovvero: culturali, geopolitici e sistemici. Ma esaminiamole meglio:

La prima, quella più delirante consiste nel fare una specie di rito di purificazione collettivo. Questo per me, sono fenomeni come l'ideologia woke (ma anche il movimento m.a.g.a.)  e simili. Un'isteria di massa, alla quale gli americani cadono spesso preda quando si trovano davanti a qualche crisi. Poco importa se i presunti nemici si chiamano: streghe, negri (nel sud dopo la guerra di successione), comunisti o maschio bianco etero. Lo scopo mi pare chiaro il ritrovare una coesione sociale dopo aver redento o epurato i cattivi. Un lascito del puritanesimo.

La seconda strategia, anche questa in qualche modo ricorrente consiste nello spostare l'attenzione sul nemico esterno. La strategia del primissimo Trump con la Cina. Ma anche quella sia dei neocon, che dei democratici di Biden contro la Russia ( ai tempi, subito dopo che si insediò, ebbi gioco facile a predire che quel presidente ci avrebbe riportato indietro in una nuova guerra fredda).

 
La terza strategia, sicuramente la più ambiziosa, è quella che sta provando a mettere a segno il blocco di interessi che supporta la presidenza Trump, un insieme eterogeneo di settori economici, politici e culturali che hanno trovato in lui un veicolo utile, ma di cui la presidenza stessa è solo la parte pubblica e sacrificabile, come dimostra il fatto che tale processo, anche se in modo più defilato, è andato avanti anche sotto la presidenza Biden. E a mio vedere, consiste in una riforma in toto del sistema di governo con un'accentramento dei poteri. qualcuno forse ricorderà che ne accennai già, cercando di spiegare cosa questo avrebbe comportato per noi. Precisamente quando scrissi che con la crisi dell'egemonia americana, le libertà democratiche di cui gli stati satelliti come il nostro godevano, erano destinate a contrarsi, perché l'egemone avrebbe accorciato la cinghia. 


Ma questa contrazione non è destinata solo agli stati clientes, la causa principale del male di cui soffre l'America è interna, ed è lì che bisogna intervenire. Stiamo parlando Più precisamente dell'estrema frammentazione dei poteri e dei relativi interessi che ha colpito gli stati Uniti negli ultimi decenni, Insomma una società democratica può mandare avanti uno stato finché tutti si naviga grosso modo verso la stessa direzione, ma quando iniziano a circolare idee come: "la società non esiste, esistono solo gli individui", o che: "le aziende devono rendere conto solo ai propri azionisti", anche le superpotenze iniziano ad arrancare.

Quando si è al centro del mondo, il fatto che la classe che gestisce il denaro, compresa la propria, sia globalista, è una buona cosa, perché da che mondo è mondo, questo genere di flussi si muovono dalla periferia verso il centro. Ma in un mondo sempre più multipolare, questo tipo di gioco comincia a essere rischioso.  Specialmente senza un nemico percepito come tale che aiuti a tenere tutto unito. Va bene che la cultura anglosassone promuove la filantropia, ma con l'elemosina non si manda avanti una nazione, specie se questa ha ambizioni egemoniche. 

Quindi, l'obiettivo è quello di far tornare a coincidere, per quanto possibile, gli interessi della varie classi sociali, in special modo della classe dirigente del paese, con quelli della nazione nel suo insieme. Francamente in questo processo faccio fatica a prevedere se alla fine saranno gli oligarchi delle classi dirigenti, a rinunciare ad alcune loro prerogative e fonti di guadagno (soprattutto quelli derivati dalla sovraestensione del paese), per provare una nuova ripartenza. Oppure per l'ennesima volta sarà la nazione, a piegarsi ai loro interessi,  magari prendendo una banale deriva autoritaria. l'America è il paese delle libertà, ma che il massimo rappresentante di questa scuola di pensiero, sia un palazzinaro di New York,  non mi fa ben sperare.


Comunque, passando oltre simili dettagli, se dettagli si possono chiamare, quello che si sta cercando di fare, per arrivare a tale obiettivo mi pare abbastanza chiaro: le pressioni sulla corte suprema, la delegittimazione del congresso, la decapitazione di alcuni enti e la soppressione di altri, non sono solo gli effetti delle schermaglie tra Donald Trump e gli apparati americani, ma qualcosa di molto più serio: il tentativo di rifondare lo Stato americano, adottando nuovi principi e strumenti ritenuti più adatti a gestire le sfide dei nostri tempi. Se volete, un po' quello che avvenne a Roma quando si passo dalla Repubblica all'impero. Il paragone può sembrare azzardato, soprattutto se confrontiamo il valore umano degli attori coinvolti. Ma il meccanismo, la concentrazione dei poteri in risposta al caos è sorprendentemente simile. Naturalmente che questa transizione riesca, è ancora tutto da vedere, anche perché, per l'appunto ai tempi il capo dei populisti si chiamava Cesare, mentre il nostro si chiama Trump. Ma tant'è, la storia sa essere una gran burlona. 



giovedì 16 ottobre 2025

Sulla strage di Castel d'Azzano

Niente, ma per me come si sta facendo passare la tragedia dei tre carabinieri morti e degli altri quindici tra le forze dell’ordine feriti non è accettabile.

Innanzitutto per le persone morte. Non che uno che sceglie di fare un determinato mestiere certe evenienze non le metta in conto. Ma se un militare deve proprio rendere l'anima prima del tempo, spera magari di farlo da eroe, non certo per sfrattare tre individui semi deficienti, per conto di non so quale banca.

È proprio qui che sta l'altra cosa che proprio non mi va giù; davvero servivano una ventina di persone tra militari e forze di sicurezza, per buttare fuori dalla loro casa tre vecchi al limite della semplicità mentale?  Si, avevano precedenti, avevano anche minacciato gesti inconsulti. Infatti l'operazione dove si è verificata la strage serviva per bonificare il casolare da eventuali pericoli.  Ma ciò non invalida quanto voglio dire. Anzi lo rinforza. Tanto è vero che l'assedio alla casa dei Ramponi, invece di evitarla, ha concretizzato la minaccia paventata dai fratelli. Non sono un esperto di queste cose, e per giunta parlo col senno del poi, quindi magari questa è la procedura standard e non si poteva procedere altrimenti. Ma a pelle mandare una mezza brigata, per perquisire la casa di tre individui, con fragilità conclamate, mi pare una scelta poco lungimirante. Forse un azione meno appariscente sarebbe potuta essere più efficace, e in questo senso non penso vi fossero problemi di costi. Visto che comunque mandare venti uomini, alcuni appartenenti a reparti speciali, non deve essere stato proprio economico.

Che i tre stragisti non fossero delle volpi, non ci piove. Lo dimostrano i fatti; se così non fosse, avrebbero lasciato volentieri quella stamberga alle banche,  invece di rovinarsi definitivamente, rovinando altre vite, potevano occupare qualche abitazione più moderna e confortevole, lasciata incustodita da qualche altro disgraziato come loro. Sicuro, avessero scelto questa strada si sarebbero sistemati rischiando molto meno.


Ma no! Lasciamo da parte sfoghi e polemiche. Questo non è il caso. Il fatto e che un certo buonismo impedisce di chiamare le cose con il loro nome. Ma allora come si fa a ragionarci attorno! 

Intanto, i tre, se li si chiama deficienti, non è per insultarli, ma per sottolineare la mancanza del minimo senso pratico e della misura. Non stiamo parlando di gente cattiva ma di persone perse! Basta guardarli per dimostrarlo; vivevano in un ambiente culturalmente arcaico, probabilmente al confine dell'analfabetismo, anche per questa loro ignoranza, si sono lanciati in investimenti imprudenti, per poi indebitarsi con le banche. O forse sono stati proprio i guai con le banche a ridurli così; sempre in tenzione come animali braccati, apatici a tutto il resto. Attenzione, per tale esito, non voglio colpevolizzare le banche, non è che adesso il funzionario che concede i prestiti, può fare anche da psicologo e misurare il quoziente intellettivo, di ogni ipotetico cliente.


Però, invece sarebbe doveroso che la società consideri queste situazioni e in qualche modo le tuteli. Perche se è insensato e ingiusto che tre carabinieri finiscano uccisi con altri quindici all'ospedale, nell'espletamento del loro dovere. E altrettanto insensato che tre vecchi, alla loro età e condizione siano costretti ad abbandonare la loro casupola e il loro fazzoletto di terra, a causa di un mondo che pur potendoselo permettere non conosce pietà. 


La questione non è facile, personalmente mi considero moderatamente libertario, mi parrebbe altrettanto orribile l'idea di uno stato che vieti a determinate persone la possibilità di fare ciò che gli pare con i propri risparmi. Ma con una povertà in aumento costante, casi di vecchietti che perdono la casa e si suicidano buttandosi dalla finestra, come quello di settimana scorsa. O di altri che invece fanno una strage come questo di cui stiamo parlando. Non possono essere fatti passare, come pur si sta tentando di fare, come episodi isolati. 


Ne tantomeno, seppur anche questo si sta cercando di fare, si può indirizzare tutto il biasimo verso gli esecutori materiali di quelle azioni. Per restare al caso specifico: si, loro hanno piazzato e innescato le bombole, ma sono l'ultimo anello di una catena che ci riguarda tutti. 
Ammettere che la nostra società soffre di queste fragilità, e raccontarle per quello che realmente sono, probabilmente non risolverà il problema, semmai situazioni come queste possano essere risolte. Ma resta comunque un passo nella direzione giusta. E ciò è importante, quantomeno per rispetto verso tutte le vite travolte da simili episodi.

sabato 11 ottobre 2025

Farfalle


C'è una farfalla posata sul ramo.
Al mio procedere si fa sospettosa,
ali in allerta.

comprendo il timore; 
è così eterea, 
Pare fatta di vento.
io così enorme,
lei solo un insetto.

Se solo sapesse, l'ingenua, 
è già stata preda.
Ho carpito ciò che agognavo di lei.

martedì 7 ottobre 2025

Cina, un interpretazione




Premesso che non sono un esperto di cose cinesi, quindi quello che dirò va preso come una personale ipotesi di lavoro, non come una verità assoluta. Mi sono deciso a scriverne perché secondo me spiega alcune cose della Cina che qui da noi vengono spesso fraintese. Gli amici esperti di questi argomenti mi perdoneranno anche qualche inevitabile generalizzazione, ma l'obiettivo è far passare il concetto, non fare un corso di storia.


In genere chi si avvicina allo studio del gigante asiatico, resta stupito di una cosa: la sua straordinaria continuità culturale e istituzionale nel corso dei secoli, più di cinquemila anni secondo la tradizione, almeno tremilaseicento secondo gli archeologi. Nessun'altra civiltà può reggerne il confronto; l'Egitto si è avvicinato con i suoi tremilacinquecento anni, ma ormai è morto da millenni, gli ebrei come popolo ci sono ancora, ma la diaspora ne ha stravolto istituzioni e in parte la cultura. La Chiesa Cattolica, l'istituzione più antica ancora esistente, come civiltà cristiana ha "solo" due millenni, quasi tre se gli riconosciamo continuità con la civiltà greco-romana. Comunque lontani dal record cinese. La Cina è un unicum, nessun altro popolo può vantare una persistenza così lunga e una tale coerenza identitaria sullo stesso territorio nucleare.

Anche i cinesi sono consapevoli di questa loro peculiarità, che ha alimentato una visione del mondo fortemente sinocentrica, probabilmente certi stereotipi occidentali di una Cina chiusa su se stessa sono eccessivi; gli storici sanno che in realtà l'impero di mezzo, specie sotto dinastie non Han, aveva una fitta rete di scambi commerciali e in alcuni periodi della sua storia, capitali come Chang'an, che per cosmopolitismo poco avevano da invidiare alla moderna New York.  Tuttavia è anche vero che hanno sempre visto il mondo esterno come un qualcosa di barbarico e a ragione, forieri di minacce, non a caso, per i più, il monumento simbolo di questa civiltà è un muro! 

Nel corso dei secoli infatti si sono dovuti difendere da numerosi tentativi di invasione. La più famosa, che rischiò di stravolgere il mondo cinese, fu quella mongola nel 1211. Dal canto loro, forse il più serio tentativo di avventurarsi fuori dal loro mondo, fu con l'ammiraglio Zheng He, sotto i Ming, la dinastia che scacciò gli invasori mongoli. Un'impresa straordinaria ma effimera, Zheng riuscí nel corso dei suoi viaggi a instaurare una vasta rete di relazioni con stati tributari, ma alla morte dell'imperatore, visti gli alti costi delle spedizioni, alla fine i cinesi preferirono smantellare la flotta e concentrarsi sui problemi interni.


Un'altra grave minaccia, se possibile ancora più insidiosa dell'invasione mongola, sconvolse la Cina e tutto l'estremo oriente a metà dell'ottocento con l'arrivo dei colonizzatori occidentali prima e l'invasione giapponese qualche decennio dopo. Un periodo triste e buio per la nazione del dragone, che non a caso viene ricordato come il secolo delle umiliazioni. Questo fu un periodo di guerre e sconvolgimenti che la misero a dura prova; le guerre dell'oppio, la rivolta dei boxer, la fine del dominio imperiale, eccetera. Davvero l'orgogliosa Cina, per riuscire a sopravvivere, ha dovuto guardarsi dentro e umiliarsi, ammettendo a sé stessa, che secoli di isolamento l'avevano fatta rimanere indietro, e adesso i popoli barbari in molte cose gli erano superiori.

Il passo successivo è forse conseguenza di questa ammissione, o forse fu l'esempio dell'invasore giapponese. Sta di fatto che appunto, così come il Giappone prima di loro, anche la Cina capì che se volevano sopravvivere come civiltà, prima di tutto occorreva occidentalizzarsi, e per fare ciò la Cina aveva davanti a sé due modelli: quello nazionalista a imitazione dei Giapponesi (che poi con la sconfitta dell'asse, evolverà in un sistema capitalistico all'americana) oppure il modello comunista.




Adesso prima di continuare, c'è da comprendere un concetto fondamentale: la cultura cinese è forgiata dal confucianesimo. Per i cinesi, concetti come l'autodeterminazione dell'individuo e la libertà sono sí valori presenti, ma interpretati in maniera profondamente diversa rispetto all'occidente. Per il cinese, la libertà, non vuole dire autonomia assoluta dell'individuo, ma piuttosto la possibilità di realizzare se stesso all'interno del tessuto sociale.  Di conseguenza, questi ideali individuali sono generalmente meno rilevanti e prioritari rispetto al concetto di "armonia sociale", ai doveri verso la propria comunità e all'adempimento dei propri ruoli relazionali. Una visione del mondo, più adattabile, con i dovuti aggiustamenti al sistema comunista, che al nazionalismo o al capitalismo.

Ed è per questo che Mao ha vinto; si dice spesso che Mao riuscí a sbaragliare i nazionalisti, perché i suoi fossero più organizzati e godevano di maggior sostegno popolare, ma chiedetevi, perché?

La risposta è che i comunisti ebbero più sostegno, perché il loro sistema era più comprensibile alla popolazione. Spesso si sente dire che quello cinese non è vero comunismo e in un certo senso è vero; che Mao ne fosse consapevole o meno, il suo comunismo fu un mezzo con cui la Cina riuscí a occidentalizzarsi senza stravolgersi e a traghettare  la "cinesita" nel mondo moderno, perché quello che davvero interessava ai cinesi era di rimanere tali. La posta in gioco non era solo la vittoria di un'ideologia, quanto la sopravvivenza della propria identità. Sì, questo processo non è stato indolore: il maoismo ha demolito simboli, istituzioni e pratiche tradizionali. Ha distrutto templi, clan, gerarchie confuciane, migliaia di vite. Ma sotto la superficie, i valori di fondo della cinesita: centralità dello stato, primato della comunità, armonia sociale, sono rimasti. È anche vero che oltre al comunismo la Cina ha adottato molti altri principi dall'occidente, che ancora oggi permangono. Ma il processo è ancora in essere, e più si avvicina alla meta, più si libererà delle sovrastrutture inutili, che non vuole dire buttare le bandiere rosse alle ortiche,  ma che quelle bandiere, con buona pace di Mao, saranno tessute con la cara e vecchia seta. Perché ogni ideologia, in Cina, finisce sempre per diventare cinese.

giovedì 2 ottobre 2025

Sulla deresponsabilizzazione della donna

Premesso che il succo di quanto dirò, con i dovuti distinguo,  credo sia valido anche per i maschi, vorrei cominciare con una storiella letta l'altro giorno su un social network.

Bene, c'era questa signora che lodava il comportamento del marito, perche a seguito delle reazioni di apprezzamento scomposte di altri due uomini. Quando lei gli ha chiesto se avesse esagerato a indossare un abito così provocante, quest'ultimo le ha risposto che lei era libera di vestirsi come gli pareva, erano semmai i due individui ad essere due cafoni ignoranti. Naturalmente anche i molti commenti al testo originale erano tutti elogiativi verso un marito così civile. 

Lungi da me voler giustificare certi comportamenti inappropriati. Personalmente trovo questo episodio illuminante di come si sia stravolto il senso delle fiabe: una volta quest'ultime servivano per mostrare come anche in un mondo da fiaba, appunto, il male e l'errore fossero dietro l'angolo. Adesso invece, storie come queste, servono esattamente per lo scopo contrario: insegnare che, sconfitti i pochi malvaggi superstiti, anche nel mondo reale, il bene trionfa. E che la volontà umana è qualcosa di tenace, addomesticabile dalla nostra razionalità.


Torniamo all'episodio di prima.
Nessuno mette in dubbio che la signora abbia tutto il diritto di vestirsi come più le garba, senza che ciò fornisca attenuanti a chicchessia.  Ma ribadito questo, per quanto lo si vorrebbe negare, il vestirsi è un modo di comunicare, e se comunichiamo in pubblico, non possiamo pretendere che chi ci circonda si tappi le orecchie (o gli occhi),  perché il messaggio che vogliamo trasmettere è rivolto a una specifica persona, se non addirittura solo a noi stessi. 

Una volta concordato che noi esseri umani, in ogni nostra azione e comportamento,  trasmettiamo messaggi, e che questi possono essere captati anche da destinatari a cui non sono rivolti. Allora, evitare fraintendimenti è anche per noi medesimi una forma di protezione. Il fatto è che oggi si pretende da sé stessi più di quanto è umanamente esigibile. Per restare in tema, ad esempio, una volta le donne e gli uomini già impegnati, avevano look e indossavano abiti diversi rispetto a chi era libero da vincoli. No, non era (solo) un imposizione patriarcale, ma un modo di evitare tentazioni. Perché si, può anche darsi che la quasi totalità di certi approcci sia solo fastidiosa, ma per la legge dei grandi numeri prima o poi potrebbe capitare l'avances fatta nella maniera giusta, che metterà a dura prova la nostra forza di volontà, magari un periodo difficile col partner, la paura di invecchiare, la semplice noia...

Non è solo questo, ovviamente, ma la scelta di sposarsi alla fine risponde anche a logiche di costi/benefici.  la persona scelta, anche se inconsciamente, è quella che in un campionario, comunque limitato se paragonato alla popolazione mondiale, risponde meglio alla domanda: Qual è la persona più idonea per costruire insieme una relazione duratura? È probabile, anzi certo che se poniamo la domanda: qual è la persona più adatta per  un'avventura di una sera? il candidato sarà un altro, magari meno intelligente e affidabile, ma più divertente, atletico e così via. 


Anche le dinamiche all'interno di una relazione seguono le stesse logiche, se ci si impegna in un legame stabile, oltre naturalmente all'affetto, è anche per dirottare le proprie energie in altri progetti oltre al corteggiamento; i figli, la sicurezza economica, eccetera. Questo fa sì che i rapporti di coppia si modifichino e che certe attenzioni, anche se vi si è rinunciato consapevolmente, inevitabilmente manchino.

Quello che la vulgata oggi vuole far passare, e che quelli che approcciano una donna vestita in un certo modo sono tutti dei maleducati, ma questo non è vero, in realtà, scartati i maleducati, tale pratica e una normale forma di corteggiamento, perciò come già detto prima, se si insiste su una certa via, potrebbe arrivare qualcuno che saprà fare il complimento giusto. Sì, una persona adulta, è capace di controllare certi istinti, ma è come tenere la nostra torta preferita in frigo, in bella vista quando decidiamo di iniziare una dieta, la prima settimana ok, resistiamo, ma alla decima? 


Non è un problema di non provocare gli "altri", fatto salvo le basilari regole di prudenza, non si discute che spetta comunque a loro rispettare certi limiti. L'abbiamo già detto: non vogliamo giustificare determinati comportamenti . Ma piuttosto sconsigliare di infliggere certe prove a noi stessi.
Rinunciare alla torta in frigo è un limite alla nostra libertà, ma un limite autoimposto per non stressare un obiettivo maggiore: la salute e il successo della nostra dieta. In ultima analisi tutti si sono concentrati sulla risposta del marito, ma essendo la signora una persona adulta dovrebbe sapere da sé se quel modo di vestirsi mette sotto stress qualcosa di più importante e se ne valga la pena.

Ed è proprio per questo che ho riportato tale storiella; perché porta in luce un certo tipo di mentalità dei nostri tempi che mira a deresponsabilizzare le donne. La signora lodando il comportamento del marito, stava nel contempo affermando che non è colpa sua se altri uomini ci provano, a volte in maniera rozza e offensiva, come nel caso raccontato. Ma faccio fatica a credere che non le capitano approcci più garbati e piacevoli, di cui esattamente come nel caso precedente lei è deresponsabilizzata, in fin dei conti lei sta solo vestendosi come più gli grada, ricordate?

Tale deresponsabilizzazione, naturalmente non si applica solo al modo con cui ci si relaziona col mondo, ma se mi permettete una semplificazione, praticamente ad ogni cosa. Dal diritto all'aborto, a quello alla carriera. 

Chiariamoci: evitiamo facili teorie complottiste, o peggio ancora incel, magari certe politiche, in verità visibili anche sul lato maschile, servono a demolire la graniticita di certi ruoli di genere. Battaglia questa anche condivisibile entro certi limiti, per tornare all'esempio, non si può ignorare che nelle società tradizionali, il compito di gestire la sessualità e le tentazioni, era affidato esclusivamente alle donne, mentre gli uomini, considerati incapaci di gestire i propri istinti erano quasi esonerati dal rispetto di un codice comportamentale. Ma qui quello che si contesta non è il fine in sé, ma i metodi, che a mio avviso risultano troppo distruttivi.

venerdì 26 settembre 2025

Economia terminale

Qualche tempo fa, scrissi un post parlando di assicurazioni, denunciando come nel tempo questi contratti si fossero trasformati per i meno accorti in sistemi "spenna polli". 

Purtroppo quel post è stato preso solo come uno sfogo personale, un modo come un'altro per scaricare la frustrazione. Non era questo lo scopo. So benissimo che le assicurazioni sono polizze create con l'obiettivo di garantire i contraenti da rischi fortuiti e accidentali, non una specie di scudo che li proteggerà da ogni evenienza. Quello che raccontando le mie vicissitudini speravo emergesse è il fatto che il concetto di fortuito e accidentale, rispetto a soli vent'anni fa si è ristretto un pochino. 

Una volta, per il cliente era più facile farsi rimborsare se una pianta ti cadeva sulla macchina, senza per forza dover esibire una sfilza di perizie che dimostrino in primo luogo, che l'albero non esibiva segni di cedimento.  In secondo luogo che si, in fondo, un po' rincoglioniti noi lo siamo davvero.

Il succo di quel che con quel post volevo dire, è che c'è una tendenza che prende sempre più piede, il capitalismo si sta trasformando, l'unico suo scopo adesso è fare profitto. Come è sempre stato, a ragione qualcuno dirà. Vero; ma la differenza sta nel fatto che adesso quel profitto, lo vuole a breve, brevissimo tempo, e poco importa se per raggiungere questo fine si rischia di tagliare i ponti col futuro.

Non ci credete?

Lasciamo perdere le assicurazioni.
Parliamo allora di tecnologia. Prendete aziende come Intel e IBM, due giganti del settore, un tempo bastava il solo nominarle, per trasmettere l'idea di innovazione. Bene, oggi IBM è quello che si definisce un'azienda zombi, cioè un'azienda troppo grossa per fallire, ma ormai irrimediabilmente fuori dal giro delle imprese che producono vera innovazione, resta solo un baraccone che si trascina per inerzia, da cui non aspettarsi chissà quali rivoluzioni. E Intel? Provate a leggere le ultime cronache, pare proprio avviata sulla stessa strada. Sapete perché? Per lo stesso identico motivo: per garantirsi ritorni più immediati, invece di concentrarsi sull'innovazione hanno preferito puntare sulla finanziarizzazione, in particolare sulla pratica del buyback ovvero investire sull'acquisto delle proprie stesse azioni, per mantenerne il prezzo alto. IBM addirittura aveva ceduto il proprio settore consumer, il più competitivo (e perciò più ricco di innovazioni) ad un'azienda cinese, la Lenovo.


Se dalla tecnologia ci spostiamo all'intrattenimento il discorso non cambia. Credo che dire che il mondo di Hollywood si sia inaridito sia un affermazione pacifica. Le idee originali si contano ormai su una sola mano, mentre siamo sempre più sommersi da film di supereroi, di sequel e di reboot .


Anche per i videogiochi il discorso è uguale. Ormai anche lì le cifre si sono fatte importanti e gli appassionati sono stati sostituiti da manager. E anche lì da tempo, siamo sopraffatti da grigi sequel che garantiscono pochi rischi e ritorni immediati.

Il discorso si può ampliare praticamente a qualsiasi settore dell'economia, comprese le specifiche, poco cambia. Giusto ieri parlavo con mia moglie (e se ne parlo è perché so che in molti vi si riconosceranno) di come il marchio non sia più sinonimo di affidabilità e qualità; devo davvero spiegare cosa sia l'obsolescenza programmata? Ma non è solo questo, anche comprare certi marchi alimentari oggigiorno non è più indice di garanzia, e che dire degli altri settori.

Un caso paradigmatico di quanto dico mi pare quello della Mercedes. Fino a non molto tempo fa industria simbolo della proverbiale affidabilità tedesca. Bene, proprio la Mercedes una decina d'anni fa nell'apice della sua popolarità ha dovuto fare una scelta: perseguire nella sua strada con motori e componenti sovradimenzionati che ne garantivano affidabilità e durata. Oppure abbassare un po' gli standard per rientrare in una fascia di prezzo che gli garantisse una clientela più ampia...

Naturalmente ha scelto la seconda possibilità. Seguita a onor del vero da tutte le altre grandi case tedesche.

Ma un sistema così, mi chiedo, può davvero funzionare? 
Senza dei parametri fissi, se non la legge che tutti vogliono ottenere il massimo offrendo in cambio il minimo. Ci può essere robustezza sufficiente a reggere un sistema economico complesso come il nostro? Guardate non è una domanda banale. Perché magari ancora riusciamo a capire se la bistecca che ci vendono al ristorante valga il suo prezzo o meno. Ma dubito che in molti riescano a fare la stessa cosa con il microprocessore che devono infilare dentro il proprio computer. E allora, allora senza fiducia vale la legge della giungla, e se la legge della giungla fosse sufficiente a creare civiltà. Ci avrebbero pensato già le scimmie.

Con buona pace di tutti i manager e gli studenti di economia, che mentre scavano la fossa, continuano a propagare il morbo da cui sono afflitti. 




Post scriptum 

Quanto detto può sembrare assurdo, addirittura contrario all'evidenza, se si pensa a quanti soldi spendano al giorno d'oggi le aziende per difendere la loro reputazione. 
Si questo è vero, ma il tipo di reputazione su cui le aziende sembrano concentrarsi oggigiorno è una reputazione di tipo etico-morale. Cioè alle aziende non interessa più di tanto farci vedere come sono bravi a costruire i prodotti che vendono. Ma piuttosto gli sta a cuore farci sapere quanto sono buone e rispettose; dell'ambiente, della diversità, eccetera. Insomma, pare quasi che alla industrie non importa poi molto dare l'impressione di essere costituite da gente che sa fare il proprio mestiere. Ma piuttosto di essere formate da gente con cui passereste volentieri una serata in compagnia.

Tutto ciò in linea col nuovo paradigma economico che si sta cercando di imporre per rivitalizzare l'economia dei paesi occidentali: ovvero le politiche green e la trasformazione dei beni materiali posseduti, in servizi. Paradossalmente anche la scarsa qualità di ciò che si compra potrebbe essere finalizzato a spingere i clienti verso questo nuovo modo di pensare. Se non fosse che queste cattive pratiche ormai sono troppo generalizzate, e tutto si riduce, come dicevamo all'inizio ad una questione di tempo. Quello che conta sono solo i risultati trimestrali. 

Per me è evidente: la colpa di tutto ciò è dovuta alla scomparsa degli imprenditori puri e la loro sostituzione con i manager, più abituati a analizzare dati, piuttosto che capire ciò che producono. Mi pare che anche di questo ho già scritto: il sistema si sta iper-specializzando nel realizzare profitti. È i sistemi iper-specializzati sono destinati a perdere di senso e implodere su se stessi, una legge da cui non si scappa.


lunedì 22 settembre 2025

Tra tecnica e significato




Oggi 22 settembre, una giornata strana. Stamane all'alba, nonostante fosse tutto coperto da nuvole, nuvole autunnali, cariche di pioggia, il cielo appariva insolitamente luminoso, fino a dar fastidio a quelli come me con gli occhi troppo delicati. Pareva mezzogiorno ma erano solo le sette. Poi all'improvviso il sole si spegne, quasi fosse morto e il grigio del temporale imminente ricopre tutto. E su tutto cala il buio.

È stata questa insolita scenografia a farmi ricordare che proprio oggi cade l'equinozio. Davvero, con giornate così particolari non stento a comprendere perché gli antichi attribuivano a questa ricorrenza certi significati, gli stessi che non mi vergogno, ho pensato anch'io. La giornata si è alternata tra rovesci e schiarite, a cui non ho badato molto, concentrato com'ero nella mia routine quotidiana. Poi al tramonto esco in strada per la solita camminata con il Leo, il mio cane, e di nuovo, ancora in cielo vedo battagliare luce e tenebre, il tutto accompagnato da raffiche di artiglieria, se così si possono chiamare i fulmini. Un cielo così non lo si vede facilmente. A coronare il tutto al mio rientro un bolide celeste, dalle dimensioni importanti, si disintegra nell'atmosfera. 

Non sono superstizioso e posso dare spiegazione di ogni singolo fenomeno che ho osservato. Eppure anche dei segni di inchiostro sulla carta potrei dire altrettanto. La composizione del pigmento, del perché la carta lo assorbe e così via. Ma facendolo, comunque, non avrei detto nulla del messaggio, della poesia che quei segni comunicano. Allora mi domando: ma abbiamo ragione noi che indugiamo nella tecnica o gli antichi che si concentravano sul significato?

mercoledì 17 settembre 2025

NATO che latra, ma non morde. Ovvero le parole dei Papi tra i lupi del chiacchiericcio mediatico


In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi.
                                                       Giovanni 21:18




Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
                                                Matteo 10:16. 






È da stamattina che arrivano sui miei feed notizie di giubilo da una parte e di profondo sdegno dall’altra, in merito alle dichiarazioni del papa, che testualmente avrebbe sentenziato: "la NATO non ha cominciato nessuna guerra".

Siccome conosco i miei polli, sono andato a ricercare il video della dichiarazione in questione, da cui risulta chiaro che il santo padre con quella risposta non intendesse assolvere nessuno, ma stesse semplicemente commentando, come chiesto dal giornalista, le dichiarazioni del portavoce russo, che in merito agli ultimi fatti accaduti in Polonia ha osservato che: "la NATO ormai è in guerra con la Russia".

Insomma, un commento estemporaneo con lo scopo di buttare acqua sul fuoco, è stato preso dalle varie fazioni come una dichiarazione di partigianeria. L’accaduto mi ha fatto tornare in mente i tempi del precedente pontefice, quando Francesco dove spesso nelle sue dichiarazioni "a braccio" la passionalità italo-argentina aveva il sopravvento sulla proverbiale sottigliezza dell’ordine di Sant’Ignazio, cui pure il papa apparteneva. Ciò per la gioia di chi voleva addossargli una divisa e portarlo su certe posizioni, che in realtà Francesco era ben lungi dal sostenere.

La mia simpatia va naturalmente a papa Leone, che davvero è stato buttato "in mezzo ai lupi".  Per quanto non dubiti che sia una persona dalla spiccata intelligenza, non oso immaginare la fatica che deve essere vivere in un mondo dove ogni minima parola viene pesata e misurata. Però mi diverte pensare ai tradizionalisti, fino a ieri inquisitori nei confronti di Francesco e dell’ala più progressista della chiesa, doversi adesso improvvisare avvocati difensori. Qualcuno parlerebbe di legge del contrappasso, ma contrappasso o meno, mi chiedo: serve davvero a qualcosa impelagarsi in queste questioni che non fanno in tempo a scoppiare che già vengono sommerse da altro chiacchiericcio? Non bastano i documenti a ripristinare la verità storica? Perché bisogna sempre giustificarsi? 

domenica 14 settembre 2025

Charlie Kirk

Non volevo scrivere di Charlie Kirk, ammetto che fino al giorno in cui gli hanno sparato non sapevo nemmeno chi fosse. In un certo senso non ne parlerò nemmeno adesso, almeno della figura in sé. Siamo già troppo pieni di gente che ha fatto dottissime analisi su Kirk, basandosi però sulla propria percezione personale, o peggio, su quanto ritiene consentito che si possa parlare di certi temi, anziché sulla persona in sé. Quello che realmente mi interessa fare notare è il genere di reazioni che questa brutta faccenda ha generato. 


C'è chi in un certo modo giustifica l'accaduto, argomentando che Kirk era un sostenitore delle armi libere quindi un po' se l'è cercata. Ragionando per assurdo, è come se a me, che sono contrario alla pena di morte, capitasse qualcosa di brutto per mano di un pluriomicida. E allora qualcuno venisse a dire che un po' me la sono cercata. Penso che giustificazione più cretina di questa non si potesse trovare e basta il mio esempio per capirlo. Perciò non mi soffermerò oltre.


Un'altra categoria, forse più interessante, tende a giustificare l'accaduto spiegando che se uno usa un certo linguaggio per parlare di certi temi, certe reazioni deve un po' aspettarsele. A prima vista pare un'argomentazione condivisibile, però benché Kirk avesse posizioni piuttosto forti, da quanto ho avuto modo di capire, nonostante una campagna stampa vergognosa, non mi pare utilizzasse un vero e proprio linguaggio d'odio. Sicuramente i suoi toni non erano da accademia, ma specialmente negli Stati Uniti dove persino le campagne elettorali sono show business, un linguaggio troppo asettico magari gli avrebbe risparmiato la vita, ma dubito che garantisse alle sue idee la visibilità che Kirk sperava di ottenere. Quindi sì, probabilmente col suo modo di fare Kirk si è esposto a un rischio, ma stando così le cose, la responsabilità va condivisa da tutto il sistema mediatico di quel paese. Ad ogni modo, in ultima analisi ad un insulto si può rispondere con un insulto, non con una pistolettata.  


Infine la categoria forse più rozza, quella che si limita a fare "la conta", ovvero ogni volta che da un lato capita qualcosa che non dovrebbe capitare, si mettono a elencare i casi simili capitati dall'altro lato: ammazzano uno a destra? E subito tirano fuori la lista dei morti di sinistra, e viceversa naturalmente. Questa secondo me è la categoria più polarizzata, composta da gente che pensa di vivere in una specie di Far West. 


A destra, chiamiamola così, le dinamiche non sono diverse,  la rete è piena di commenti di gente che accusa la sinistra, partendo dagli attentati a Trump per arrivare a questo ultimo caso, che sotto la cenere dell'inclusione della libertà e della pace, nascondano il fuoco della violenza verso gli avversari ideologici. C'è voglia di inasprire lo scontro. Premesso che considero assolutamente vero che in determinati ambienti il livello è così basso, che il solo parlare di certi argomenti venga visto come una provocazione. Mi pare però che così facendo, il risultato sarà di radicalizzare ancora di più il dibattito. Se si cerca consenso per scardinare l'egemonia di sinistra, non mi pare la strategia più adatta.



Ciò che non ho visto, e la cosa mi inquieta parecchio, è gente che si sia fermata un attimo al di sopra delle bandiere ideologiche, per realizzare che lo scontro si sta facendo troppo acceso, che al di là delle idee che si sono volute spegnere, sotto quei lenzuoli ci sono corpi ormai buoni solo per l'obitorio. Ho scritto "gente", ma in realtà il mio pensiero è rivolto specificatamente verso una categoria, quella degli intellettuali e degli opinion leader. A questi soprattutto mi pare non interessi minimamente buttare acqua sul fuoco, anche chi si è espresso sostenendo che sia sbagliato e folle uccidere una persona per ciò che afferma e crede (e chi l'ha fatto si conta sulle dita di una mano) si è però premurato di buttare tutta la responsabilità alla parte avversa, incapace di superare lo schema buoni contro cattivi. L'America e noi con essa sta nuovamente riempiendosi di gente convinta di essere portatrice di un'etica superiore, e che in nome di quell'etica qualche morto ci può, ci deve stare. Un'idea cretina portata avanti da cretini. Ma purtroppo la storia insegna che la cretineria è l'ingrediente principale di tutte le peggiori follie umane.



giovedì 11 settembre 2025

Droni russi

L'America è sull'orlo della guerra civile, la Francia c'è già, solo che non lo sanno, l'Italia è quel che è. Intanto però continuano a blaterare di guerra e si richiamano esplicitamente al 1914.

Ma non è tanto nemmeno quello che dicono: in situazioni come quella verificatasi in Polonia, certe dichiarazioni sono la prassi. Sono le tempistiche che non tornano, già, perché che i droni abbattuti in Polonia l'altro ieri siano russi ancora mica è confermato. Non si sa ancora nulla sulle vere dinamiche di ciò che è accaduto. E se un politico fa certe dichiarazioni senza prove, le cose possono essere due:

  • o è un coglione,
  • oppure punta a un'escalation.

venerdì 5 settembre 2025

sulla cina ovvero genesi di un nemico

Sono nato negli anni ottanta, un periodo fortunato che mi ha dato la possibilità di assistere in prima persona a molti eventi significativi. Nello specifico oggi vorrei parlare di come e con quanta facilità è cambiata la percezione della Cina da parte della popolazione occidentale, con un focus particolare sull'Italia.


Già perché come dicevo prima sono nato proprio verso l'inizio degli anni ottanta, e a quel tempo, ancora si percepiva il bisogno di fare accettare alla gente la svolta di Nixon, dove la Cina, adesso nostra alleata, era passata da essere rappresentata come l'ultimo stadio di una civiltà decaduta, con milioni di disperati, che spinti dallo sconforto si erano lasciati irretire dal comunismo che li stava letteralmente sterminando a forza di carestie. Ad essere descritta come una delle culle della civiltà, formata da gente capacissima e simpatica. Dalla polvere da sparo, alla carta, passando per la seta e gli aquiloni. Giuro, in quegli anni non si faceva altro che ricordare quante belle cose avevano inventato i cinesi e, complice la fama dei "cugini" giapponesi, quante altre ancora ne avrebbero inventate adesso che erano diventati nostri amici.

Tale narrativa durò all'incirca fino a tutta la prima metà degli anni '90, dove con l'ingresso della Cina nel WTO e la macelleria industriale che ci si stava preparando a fare qui da noi, non parve più il caso di presentare i cinesi come dei geniali inventori, ma, per non allarmare chi da un giorno all'altro si sarebbe trovato a competere letteralmente con miliardi di concorrenti, si valutò più opportuno farli passare come realizzatori di oggetti di scarsa qualità, buoni solo a copiare, beninteso, male, idee altrui.  Intanto, il Presidente della Repubblica in visita di stato esortava gli imprenditori ad essere più coraggiosi e andare ad investire lì, in Cina 


E benché un passettino per volta, i cinesi si stavano mangiando tutta la nostra industria, Finché non passarono dai capannoni agli uffici la narrativa restò la medesima. Ma non appena varcarono la soglia dell'area direzionale, ecco che all'improvviso i nipoti di Mao si rivelarono per quello che sono: dei finti comunisti, in realtà capitalisti feroci che "ci stanno rubando il lavoro" sfruttando i poveri operai. Quando dai piani bassi grazie alla crisi del 2008 sono arrivati addirittura ai consigli di amministrazione il panico divampò.

E così arriviamo ai giorni nostri, dove oltre ad aver scoperto che se si paga il giusto, i cinesi sanno produrre merci di ottima qualità, abbiamo imparato anche che cinquemila anni di Storia gli hanno lasciato in eredità qualche competenza politica. Apriti cielo! Il panico adesso è veramente generale. A fare cadere le ultime ipocrisie ci ha pensato Trump nel 2016, dopo di lui si può dire liberamente che i cinesi sono un popolo di formiche, al servizio di feroci dittatori desiderosi di null'altro se non venire a distruggere le nostre belle democrazie.

E mentre dalle nostre parti, tra un green pass, le banche che ti bloccano i pagamenti con la carta di credito, perché quello che compri lede la loro reputazione, e un'accusa di complottismo, si campa sempre un po' meno bene. Noi si parla di credito sociale e di tutte le altre brutte cose che ci sono in Cina.

Già perche queste propagande, noi ce le siamo bevute acriticamente tutte, riducendo la complessità di una nazione-mondo a pochi stereotipi. Ed è probabile che continueremo su questa strada, ritrovandoci, così come con la Russia, in guerra con la Cina senza nemmeno sapere perché. ma no! Il perché lo sapremmo benissimo i vari Rampini ce lo dicono già: guidati dal saggio presidente Trump dovremmo frenare l'espansionismo Cinese. Il fatto che sono fermi dove sono da cinquemila anni è tutta una tattica, ma noi, noi mica ci caschiamo.

giovedì 28 agosto 2025

Pensiero critico

Si sente spesso affermare che ciò di cui difettano le persone al giorno d'oggi, sia la capacità di spirito critico. Di solito chi parla di queste cose, al solo  pronunciare le parole; "spirito critico", assume un'aura sacerdotale. Quasi questo spirito critico, fosse una sorta di crisma da trasmettere da iniziato a novizio.


In realtà questo tipo di competenza, almeno nelle sue applicazioni negli ambiti più comuni, è cosa assai banale. Per rendersene conto, sono convinto che  il miglior modo, sia quello di cominciare fornendone una definizione facile e pratica. Perciò, proprio da lì voglio partire:  il cosiddetto spirito critico, non è altro che la capacità di analizzare un fatto e relazionarlo sia col proprio bagaglio di esperienze e conoscenze, sia con una serie di conoscenze esterne quando disponibili,  cioè dobbiamo confrontare il fenomeno con casi simili, e vedere cosa dicono i modelli teorici generali su quella tipologia di fenomeni, per valutarne la plausibilità e ricavare altre informazioni utili ad agire in relazione ad esso. Ovvero, se qualcuno ci vuole vendere un sasso che se lanciato in vece che cadere vola, oltre a verificare l'affidabilità del venditore, dovremmo verificare se abbiamo mai visto, o letto di sassi simili e cosa dicono a riguardo le teorie sulla gravitazione.



Tutto ciò avviene mediante l'applicazione del ragionamento logico: deduttivo, induttivo, eccetera, ciò che davvero dovrebbe insegnare la scuola sin dall'inizio, ma che per una serie di motivi che non approfondiremo si guarda bene dal fare. La stessa matematica e la filosofia, che del ragionamento fanno lo strumento primario del loro progredire, nelle fasi meno avanzate, si sono ridotte per quanto riguarda la matematica ad una serie di procedure per risolvere gli esercizi. E per quel che riguarda la filosofia, allo studio della sua storia. 



Il risultato di tutto ciò è sotto gli occhi di tutti, la perdita del pensiero critico. 

Un esempio concreto di quanto voglio dire lo possiamo trovare, se osserviamo le conoscenze storiche delle persone e la loro capacità di relazionare queste conoscenze con il mondo moderno. 

Al contrario di quanto certi luoghi comuni sostengono, gli italiani abitando in un paese di forte tradizione umanistica, hanno una discreta conoscenza della storia. Per questa ragione, se provate a spiegare a chiunque con un minimo di istruzione, che il problema principale che gli studiosi hanno con le fonti storiche, quanto meno dall'ultimo millennio in poi, non è tanto la loro rarità, ma il riuscire a interpretarli scremandole da giudizi di parte, omissioni e talvolta vere e proprie mistificazioni, Capiranno subito ciò che intendete dire.

Anzi, probabilmente se l'intervistato ha qualche reminescenza scolastica, rincarerà la dose portando esempi di molto anteriori all'anno mille. Come la famosa battaglia di Qadesh, dove nonostante Ramsete II e i suoi generali non riuscirono davvero a conseguire una vittoria contro gli ittiti, agli occhi della nazione la presentarono come tale, costruendo monumenti e templi in onore del grande evento.


Tutto ciò è pacifico, le persone, le istituzioni, gli stati stessi, nel corso della storia hanno sempre avuto interesse a manipolare i fatti, vuoi per tornaconto personale, vuoi per ragion di stato, così come per altri mille motivi. Potete gridare questa verità anche da sopra un tetto e nessuno vi darà del pazzo, Eppure...


Eppure, se adesso, davanti a quelle stesse persone che fino a un momento fa parlando di storia non avevano nulla da obiettare, provate ad applicare lo stesso concetto ai giorni nostri, ai nostri governi e alle nostre organizzazioni, sicuro come l'oro vi prenderete del complottista. Non è questione di appoggiare teorie strampalate o chissà cos'altro, sarà sufficiente mettere in dubbio la dichiarazione dell'esperto o il comunicato ufficiale, per diplomarsi complottista e meritarsi il biasimo delle persone che ragionano.


Questo vuol dire, appunto, mancanza di pensiero critico.




sabato 16 agosto 2025

Ha vinto Putin?

Ma alla fine ha vinto Putin, o no?

Visto che tutti stanno sparando le loro, dando sfogo alle tifoserie più sfrenate, non mi pare presuntuoso fare anch'io qualche considerazione a caldo. Non sarò uno studioso, ma perlomeno qualcosina sull'argomento l'ho studiata e quantomeno seguo questa faccenda oramai da più di un decennio.

Intanto cominciamo col dire che l'incontro tra Putin e Trump non è sicuramente una nuova Yalta, come qualcuno ha avuto il coraggio di scrivere. Passiamo pure sopra l'Europa che politicamente ultimamente non conta granché, passiamo anche sopra paesi come India e Brasile; è probabilmente ancora vero che non hanno raggiunto la maturità per riuscire a imporsi. Ma non si ridisegnano i futuri assetti del mondo senza invitare quello che, se non il primo, è sicuramente il secondo attore globale: la Cina.

Ok, che Anchorage non sia una Yalta 2.0 è stato facile da dimostrare in poche righe, ma ad ogni modo Putin ha stravinto come dicono i giornali, o no? Anche qui facciamo un inciso: è da prima che scoppiasse la guerra che i giornali pro-Russia annunciano che Putin ha già vinto. Per quanto riguarda i giornali russofobi, hanno iniziato a cantare lo stesso spartito da quando ha vinto Trump. Ormai, da parte loro, non mi meraviglierebbero più nemmeno titoli del tipo: "Oggi Trump si è svegliato e si è lavato i denti: Putin ha vinto.", "Vittoria di Putin: Trump preferisce il tè al caffè", e altre cose così.

Vista la polarizzazione di giornali e opinionisti, a mio avviso dobbiamo usare altri mezzi per riuscire quanto meno a intuire come siano andate le cose.

Intanto, se si parla di vittoria, per deduzione logica bisogna che da qualche parte vi sia anche uno sconfitto. Questo sconfitto può essere l'Ucraina? Potrebbe, ma non lo è, perché l'Ucraina in questa storia ha smesso di essere soggetto politico da quando, su consiglio inglese, ha mandato a monte i negoziati di Istanbul.

Allora lo sconfitto potrebbe essere l'Europa? No, l'Europa ha perso ancora prima dell'Ucraina, quando ha scelto di conformarsi totalmente alle politiche statunitensi. Forse ha avuto la possibilità di una rimonta quando, con la vittoria di Trump, poteva svincolarsi e condurre una politica propria, ma ha preferito perseverare nelle sue scelte e, se mi permettete di continuare la metafora sportiva, si è fatta eliminare dal torneo.

Allora lo sconfitto è Trump, come scrivono gli opinionisti di tutte le parti? Sinceramente non mi pare; è da prima che lo eleggessero presidente che Trump ha fatto capire chiaramente che la sua intenzione era quella di riabilitare la Russia nel campo occidentale, per evitare che quest'ultima scivolasse nell'orbita cinese, e cosa talmente risaputa che citare fonti sarebbe solo una perdita di tempo. Onestamente non mi pare proprio che Putin si sia preso più di quanto Trump fosse disposto già da prima a concedere.

Allora cos’è successo? Per me è successo esattamente ciò che aveva previsto il professore Orsini mesi addietro: Putin ha guadagnato altro tempo senza irritare l’ego permaloso di Trump, tempo che Trump, visto il suo scarso interesse per l'Ucraina, è stato felicissimo di concedere, riuscendo così a portare a casa ciò che gli americani gli avevano già promesso, in cambio di chissà che cosa da parte Russa.

Un successo dunque, quello di Putin, ma non una vittoria. Anzi un successo che cela molte incognite. Intanto la volubilità di Trump. Poi c'è il fatto che la guerra ancora continua e benché si parli di futuri incontri e di accordi già presi, finché i cannoni tuonano tutto può succedere. Ma soprattutto c'è il rischio che questo flirtare tra americani e russi possa suscitare le gelosie dei cinesi, e questo si che cambierebbe non solo le carte in tavola ma il gioco stesso.

E questo è quanto, tutto il resto sono solo cori da stadio.



martedì 12 agosto 2025

Pagamenti elettronici, no grazie



Ho letto ieri una notizia che ha avuto poca risonanza, forse perché legata al mondo dei videogiochi. Secondo me invece l'episodio merita di essere conosciuto da tutti, perché apre in futuro a delle prospettive veramente inquietanti.

La notizia è questa: si è scoperto che a seguito di una petizione, le società che forniscono carte di credito, come Visa e Mastercard, hanno fatto pressione (in modo abbastanza subdolo, tra l'altro) sulle piattaforme di distribuzione di giochi digitali, quali ad esempio Steam, affinché eliminassero, o comunque rendessero meno raggiungibile, dalle loro piattaforme software a contenuto pornografico o problematico in genere. Questo perché non vogliono che il loro nome sia associato a questo genere di prodotti. 

Capisco che all'apparenza quanto accaduto può sembrare poco interessante, specie per chi non è interessato a questo tipo di media e considera i videogiochi roba da ragazzini. Anzi forse per questi ultimi, può risultare addirittura comodo, che chi fornisce il servizio di pagamento si preoccupi anche di vigilare, affinché i loro figli non possano comprare un certo tipo di contenuti. 

Secondo me invece ciò che è accaduto segna l'ennesimo precedente gravissimo. Ripeto, non è che qui si parla di un'azienda che non vuole sponsorizzare qualcosa, perché ritiene quel qualcosa dannoso per la sua immagine. Qui stiamo parlando di aziende che hanno preteso la censura di alcuni prodotti, perché non vogliono che le persone, con i propri soldi, acquistino questi prodotti attraverso i loro servizi.

Ci tengo a specificare che l'episodio raccontato, non è il primo nel suo genere, perché, tornando indietro, ma nemmeno troppo, possiamo trovare almeno altri due casi del genere:
Il primo nel 2010 quando vennero bloccate le donazioni a WikiLeaks a seguito della pubblicazione di documenti riservati del governo americano.

Il secondo, circa un decennio dopo, quando, senza nessuna sentenza di condanna, sia Visa che Mastercard bloccarono i pagamenti al sito Pornhub, perche un giornale aveva denunciato la presenza di materiale illegale ospitato sulla loro piattaforma.


Nei casi citati, le aziende si sono difese sostenendo che loro hanno il diritto di difendere la propria reputazione e tutelarsi legalmente. Verissimo! Però queste realtà vorrebbero sostituirsi alle zecche. Io non ho mai sentito queste ultime lamentarsi per come usiamo i biglietti che stampano.

Gli entusiasti dei pagamenti elettronici, invece di stigmatizzare il barista che si incazza quando gli pagano un caffè col bancomat, farebbero bene a meditare. Oggi è il barista che non vuole fargli prendere la tazzina di caffè, domani potrebbe essere la società di pagamento a decidere che per quel giorno né ha già bevuti abbastanza.

Fonti:
https://www.wired.com/story/gamers-are-furious-about-the-censorship-of-nsfw-games-and-theyre-fighting-back/?utm_source=chatgpt.com

https://www.gamesradar.com/games/itch-follows-steam-in-conceding-to-scrutiny-from-our-payment-processors-with-a-move-that-affects-thousands-of-nsfw-games/?utm_source=chatgpt.com

domenica 13 luglio 2025

Ipotesi per una controstoria della Sicilia





Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.
                                        Pier Paolo Pasolini 



Qualche tempo addietro, anticipai in un post che mi sarebbe piaciuto provare a buttare giù due righe come contributo ad un'ipotetica controstoria della Sicilia. me ne offre oggi pretesto il bravo (ma di parte) Pino Arlacchi, di cui ho visto sulla rete una vecchia conferenza per la presentazione del suo libro " Giovanni e io. In prima linea con Falcone contro Andreotti, cosa nostra è la mafia di stato",  dove, espone tra le altre, due tesi interessanti ma opinabili: nella prima ipotesi sostiene che l'Italia concluso l'ultimo conflitto all'inverso di nazioni come la Francia, fu trattata da potenza sconfitta, perché la resistenza che fu un fenomeno di proporzioni importanti e sicuramente più significative rispetto alla controparte transalpina, era prevalentemente comunista. La seconda ipotesi invece, afferma  che i rapporti criminali tra la mafia e Giulio Andreotti furono tollerati e protetti dagli Statunitensi in un ottica di guerra fredda per evitare che salissero al potere i comunisti. 


Per quanto riguarda la prima ipotesi, credo che l'Italia al contrario di paesi come la Francia, fu trattata da potenza sconfitta perché questo essa era. La Francia (nazione che Arlacchi cita a paragone), fu  invasa e costretta ad adottare un governo fantoccio, non faceva parte dell'asse, l'Italia si! è questo, benché nella sua area politica vige una certa narrativa che vorrebbe rappresentare il fascismo come un corpo estraneo caduto sul paese chissà da dove, non si può ignorare, indipendentemente dalle composizioni (che sicuramente influirono) e dalle proporzioni tra i rispettivi movimenti di resistenza.


La ricostruzione di Arlacchi, che vede gli americani spaventati dalla forte presenza comunista nel paese e, di conseguenza preoccupati per la sua stabilità, si riflette nella sua seconda tesi, che come abbiamo detto, sostiene che gli americani proteggessero la DC ed Andreotti nonostante i loro rapporti con la mafia, per contrastare i comunisti di cui sopra; ebbene, questa seconda teoria appare molto plausibile, specialmente se si guarda cosa avvenne dopo la caduta del muro, però personalmente in base alle mie letture sono propenso a credere che la questione sia molto più intricata e in un certo senso agli antipodi rispetto a quanto sostenuto da Arlacchi: gli americani in questa storia non furono solo una specie d'arbitro di parte che si limitarono a fare vincere la propria squadra, chiudendo per necessità un'occhio sulla rosa, ma in realtà, si riservarono anche il ruolo di allenatore, decidendo quali giocatori dovessero giocare la partita, e qui da noi tra i suoi convocati in campo vi fu anche la mafia, di questo dato di fatto la democrazia cristiana ed Andreotti in particolare non fecero altro che prenderne atto, e anche sulla scia di precedenti illustri, quali Orlando o Giolitti, Si adattarono a utilizzare la mafia sia come strumento di lotta contro i comunisti, sia per ripristinare almeno in parte il controllo dello Stato sull’isola, rompendo, forse anche grazie all’aiuto della Chiesa, che con i suoi legami storici con la mafia in chiave antisocialista potrebbe averli facilitati, il monopolio di cui godevano gli statunitensi, e riuscendo così a presentarsi ai loro occhi come degli interlocutori credibili. Insomma Arlacchi nel interpretare Andreotti (e di conseguenza la DC) ne confonde il ruolo,  perciò sbaglia pronunciando un giudizio morale quando sarebbe più opportuno esprimerne uno politico. Ma andiamo con ordine.


Prima di continuare però, una precisazione, nel ribaltare la ricostruzione di Arlacchi, non stiamo cercando di assolvere la DC dalle proprie responsabilità, facendola apparire come una vittima delle circostanze costretta ad allearsi con la mafia per colpa dei cattivi americani, tanto più che specie a livello locale e regionale, i rapporti tra uomini della democrazia cristiana e la mafia erano già presenti e consolidati. Gli intrallazzi accertati di Calogero Volpe, e le zone d’ombra intorno alla figura di Bernardo Mattarella, di cui parlarono mafiosi e cronisti senza che ciò sfociasse mai in un’indagine, non nascono allora, con l'arrivo degli americani. Allora a mio avviso nasce, dentro la dirigenza nazionale, prima fra tutti nella corrente fanfaniana, come accenneremo, la volontà di strutturare questi intrallazzi, e di sfruttarli per salvare l'isola alla nazione e quest'ultima alla democrazia e al blocco occidentale.


Sarà forse il mito della frontiera, ma pare proprio che gli Stati Uniti d'America abbiano un debole per le figure ambigue,  da Pinochet a Saddam Hussein, passando per i talebani potete stare certi che nel portare avanti i loro interessi geostrategici si alleeranno con i soggetti peggiori sulla piazza; forse perché così facendo in seguito potranno sbarazzarsene senza troppi rimorsi? 
Francamente non lo so, quello che so è che anche in Sicilia, ormai è acclarato, nel corso dell'ultima guerra per facilitare l'invasione scelsero di farsi aiutare da un alleato non proprio specchiato: la mafia, e dopo di che, come cercherò di illustrare, continuarono a servirsene per mantenere un certo controllo sull'isola. Se questo ulteriore uso fu fatto scientemente, ovvero la Mafia fu eterodiretta dagli americani per i loro scopi, o se invece la mafia da quel parassita simbionte col potere che era ed è si ristrutturo autonomamente, per fare si che i propri interessi e quelli dei nuovi padroni convergessero, ragione per cui, il ruolo  degli americani non fu altro che adattarsi ai costumi locali e sfruttare un sistema già in essere; senza documentazione è impossibile da decidersi, perciò un'ipotesi vale l'altra, nel proseguire del discorso adottate pure quella che vi aggrada maggiormente.


C'è un aneddoto riferito a Regan che se la memoria non mi inganna, ho ascoltato dalla bocca  di Lucio Caracciolo di Limes,  racconta Caracciolo che il presidente americano in un colloquio informale con la stampa europea, ammise che loro americani sapevano benissimo che gli altri li considerassero un po' tonti, ma la cosa non gli dispiaceva affatto, la verità, disse il presidente, è che noi siamo lontani, possiamo permetterci di sbagliare, perdere tempo e cambiare decisione, ma che il mondo  scambi questo nostro vantaggio per dabbenaggine ci fa molto comodo. Una strategia che potremmo definire: "alla tenente Colombo" l'iconico detective televisivo che fingendosi ingenuo e sempliciotto riusciva a risolvere i casi più complessi.


Forti anche della confidenza del presidente, Checché ne dica un Charles Poletti, che fino alla fine dei suoi giorni continuo a sostenere che lui dal suo alto ruolo mai sospetto presenze mafiose sull'isola,  mi pare ormai indifendibile la posizione di chi sostiene che gli alleati giunti in Sicilia scambiarono per perseguitati politici del regime i Mafiosi rinchiusi in carcere per ingenuità, la verità è che le forze alleate quando nominavano un Vizzini sindaco di Villalba,  sapevano benissimo con chi avevano a che fare e cosa stavano facendo: ovvero rimettere in piedi quella struttura criminale, che da tempo immemore grazie alle collusioni politiche di cui sapeva rendersi strumento, godeva sull'isola di potere sufficiente per riuscire a condizionarne il destino, sia durante l'invasione, che nell'immediato dopo guerra. Tutto ciò perché come dice Arlacchi il movimento di liberazione su al nord era composto in larga parte da comunisti e, nel caso anche dopo l'opzione di un governo autoritario, l'Italia fosse comunque risultata perduta per le forze occidentali, nell'eventualità di uno scontro con il blocco sovietico, riuscire almeno a mantenere il controllo della Sicilia, appariva fondamentale. 


È questo ci porta a parlare del  separatismo siciliano e di come tale movimento grazie all'appoggio offertogli dagli alleati, fu riportato in auge dalle baronie latifondiste e da quella parte di mafia che o non era scesa a patti con il regime o comunque era riuscita a distaccarsene uscendone pulita, e ora che il fascismo stava per essere definitivamente accantonato, era desiderosa di trovarsi un ruolo dentro i nuovi scenari geopolitici che via via andavano delineandosi, ruolo, che anche in virtù dei servizi svolti per coadiuvare lo sbarco alleato all'inizio credette, forse su consiglio dei cugini d'oltreoceano, di potere meglio interpretare in una Sicilia trasformata in una specie di Cuba del Mediterraneo. Di tutti questi maneggi; dalla nomina dell'eccentrico separatista Conte Tasca a sindaco di Palermo, alla stampa di volantini separatisti su carta di proprietà dell'esercito americano, probabilmente gli episodi  più noti ai non specializzati dell'argomento sono quelli che riguardano le gesta del bandito Salvatore Giuliano, qui in particolare vorrei soffermarmi sulle varie  lettere scritte da quest'ultimo a partire dal quarantotto, la piu famosa delle quali e forse quella indirizzata a Truman, in cui il bandito chiedeva sostegno all'allora presidente americano per fare della Sicilia uno stato dell'unione. Tali lettere di solito vengono fatte passare sotto traccia, più che altro come una curiosità storica sull'ingenuo Giuliano, ma in realtà secondo la mia tesi quelle lettere sono il tentativo del bandito di riaprire (o ricordare a qualcuno) un esperimento all'epoca ormai chiuso, ma da un passato importante, come dimostra il fatto che in Sicilia esisteva già, è da tempo, un movimento "per la quarantonovesima stella" facente capo tra gli altri al già citato, Don Calogero Vizzini, movimento, che come suggerisce il nome si prefiggeva di fare della Sicilia un vero e proprio stato membro della potenza egemone del blocco occidentale. A onor del vero, Don Calogero, forse anche grazie ai suggerimenti del fratello prete ( ecco che torna la chiesa), fin  dal 1944, aveva capito che il futuro della mafia era quello di legarsi alla DC.


Benché un'accusa rivolta agli alleati, di manovrare direttamente per staccare l'isola dal resto della nazione, sarebbe difficilmente provabile, non mi pare ozioso far notare di come, in particolare  gli Stati Uniti, a partire dalla guerra cubana contro la Spagna passando per il kossovo, l'Ucraina e taiwan, hanno una lunga serie di precedenti ed Antecedenti nella creazione o finanziamento di movimenti secessionisti, da utilizzare per i propri tornaconti. Quale sia stato il grado di compromissione alleato, resta comunque innegabile il supporto,  anche materiale, che offri al movimento separatista al punto che i sovietici già nel'43 ritennero opportuno mandare sull'isola niente meno che Andrej Vyšinskij per manifestare la loro ostilità al progetto indipendentista siciliano.


Ad ogni modo, Se proviamo a confrontare le date, sarà facile accorgersi di come il separatismo in sicilia(e l'appoggio mafioso ad esso) ebbe il suo momento di gloria tra la vigilia dello sbarco alleato e l'inizio dell'47, anno in cui, forse perché la DC era riuscita nel suo intento di proporsi come interlocutore credibile, forse anche grazie all'ostilita manifestata dai Russi al progetto indipendentista, si concretizzarono le nuove alleanze e ci si preparava alle elezioni politiche del 1948, elezioni che sancirono definitivamente il destino del paese, dopo di che, vinta la tornata elettorale dalla democrazia cristiana e il definitivo posizionamento dell'Italia nel blocco occidentale, il separatismo siciliano, diventato inutile (anche come spauracchio) agli interessi statunitensi, perse le restanti simpatie e di riflesso i restanti appoggi mafiosi di cui godeva, per tali motivi, garantita fin dal 1946, da parte dello stato, un ampio margine d'autonomia ai potentati locali con lo statuto speciale, inizio a scemare, al punto che appena due anni dopo precisamente il 5 luglio1950, l'ex imprendibile re di Montelepre veniva freddato a tradimento dal fidato braccio destro; Gaspare Pisciotta. Ma prima di abbandonare giuliano al suo destino, mi pare sia interessante ricordare di come in quel 1947, guidato da poteri non chiari, o forse intuendo l'andazzo, riusciva ancora a rendersi utile al sistema, offrendosi come pretesto in Italia, per la fine dei governi d'unità nazionale, tentando, con la strage di Portella della Ginestre di riciclarsi quale combattente anticomunista. 


Come dicevamo, visto gli esiti del voto, non era più utile tenere viva una struttura attua a separare la Sicilia dal continente, anzi, in virtù dell'egemonia esercitata su di essa dalla mafia e degli accordi fatti tra la mafia stessa ed alcuni esponenti della democrazia cristiana, l'isola si era dimostrata un'eccellente strumento di controllo per influenzare le elezioni politiche della nazione tutta e contrastare cosi le forze comuniste molto forti al nord del paese. E qui entrano in campo la DC, la chiesa(?) E soprattutto lui: Belzebù Andreotti, che di tutti questi equilibri sarà erede e garante, animale politico estremamente precoce; padre costituente a 27 anni, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1947 al 1954,
già ministro degli interni a 35, apprezzato da svariati papi e da statisti del calibro di De Gasperi. Sarebbe ingiusto non riconoscergli un certo valore,  valore che mi pare certo, gli avrebbe permesso di perseguire una brillante carriera politica indipendentemente da qualsivoglia appoggio mafioso, per tali motivi, a mio parere, Andreotti non "cercò" l’appoggio della mafia come scorciatoia verso il potere politico: non ne aveva bisogno. Fu scelto, e accettò, di sovrintendere alla DC siciliana, con tutto il sistema di clientele che ne derivava, perché era il politico più adatto, tanto per competenze quanto per
carattere, per gestire questo genere di operazioni, come dire: mafioso più per ragion di stato che per vocazione. E a sostegno di quello che dico, nonché a farmi sospettare che il vaticano giocò un ruolo importante in questa vicenda, sta il fatto che la chiesa cattolica, a cominciare dal suo capo: Giovanni paolo II, non gli voltarono mai le spalle, anzi fu proprio l'indomani di una condanna per mafia che il santo padre, che si presume uomo un minimo informato sui fatti, volle benedirlo sotto gli occhi del mondo in diretta televisiva.


Che Andreotti fece un uso della mafia di tipo giolittiano dovrebbe essere facilmente intuibile, anche dalle sue origini laziali: non essendo cresciuto in quell’ambiente, né culturalmente né politicamente legato a esso, è lecito supporre che non cercò contatti con la mafia per affinità con quel mondo, come potrebbe essere nel caso di altri esponenti DC siciliani,  ma piuttosto per ragion di Stato: in quel contesto, per tenere salda la Sicilia alla nazione e l’Italia al blocco occidentale, non esistevano strumenti altrettanto efficaci. Inoltre, se ancora non bastasse, dobbiamo ricordare che prima di Andreotti, fino a fine anni sessanta fu Fanfani a gestire tale strategia, come dimostra il fatto che fu proprio sotto Fanfani che prosperarono uomini come Lima e Gioia. Che poi Andreotti successe a Fanfani nella gestione di questo tipo di rapporti come già detto, lo si deve alle specifiche qualità dei personaggi. 


Anche qui come già specificato per la Democrazia cristiana in generale, va chiarito che questa non vuole essere una difesa postuma di Giulio Andreotti, probabilmente il senatore fu ben contento di essere riuscito a sostituire sull'isola la corrente di Fanfani con la propria, perché di ciò ebbe innumerevoli vantaggi, quali ad esempio passare di colpo dal valere un modesto 2% a un più determinante 10%  all'interno della democrazia cristiana, ciò che si vuole ribadire e che a spingere Andreotti a utilizzare la mafia al contrario di quanto vorrebbero suggerire alcuni cliché, non fu un certo spirito criminale, qualche tara nella sua personalità per dire, ma una visione pragmatica del suo ruolo e della società, che può essere riassunta in un equilibrio tra i poteri (anche criminali), evitando scontri frontali ma cercando sempre la mediazione in nome della stabilità.



Attenzione però a non fraintendere nemmeno in senso contrario, a prendere questo insistere sulle doti caratteriali del senatore,  il sottolineare questa sua propensione per la mediazione, come una forma di bonomia del personaggio, Giulio Andreotti come politico viene ricordato come una persona fredda, cinica e calcolatrice. Per farsi un'idea dell'opinione che avevano su di lui i suoi nemici e rivali, basta ricordare che addirittura alcuni pentiti hanno insinuato che sia stato proprio Andreotti ad orchestrare la sostituzione dei clan palermitani guidati da Bontade con i corleonesi di Riina ai vertici di cosa nostra, a seguito dell'omicidio di Piersanti Mattarella, quando vide un Bontade troppo altezzoso nel difendere la decisione presa dalla mafia, in forza sia dell'importanza che la mafia aveva assunto nel determinare l'assetto politico del paese, sia per i suoi contatti massonici. 


In realtà questa accusa non regge alla prova dei fatti: 
Primo, perché furono principalmente i Corleonesi a volere l'eliminazione del presidente della regione Sicilia.
Secondo, perché a parere delle sentenze, fu proprio con l'arrivo dei corleonesi a capo della mafia che il senatore cambio la natura dei suoi rapporti con essa.
Se n'è ho parlato, oltre che per confutarli,  è solo perche ciò mi permette di proseguire con la storia. Infatti penso proprio che fossero i clan palermitani, più dei corleonesi, ad aver ereditato quella rete di relazioni con gli Stati Uniti di cui o cercato di argomentare l'esistenza. 


Anche di questo, naturalmente non si possono portare prove, solo indizi, ma ben fondati:
Innanzitutto gli sconfitti palermitani  della guerra di mafia, i vari; Inzerillo, eccetera, trovarono a centinaia rifugio nelle famiglie americane senza che le autorità di quel paese avesse nulla da ridire.

Inoltre, molti pentiti appartenente a questa fazione avevano con il governo americano legami più stretti di quanto sarebbe lecito supporre, a cominciare dal pentito più famoso di tutti: Tommaso Buscetta. In merito è interessante leggere cosa racconta il presidente Cossiga in una lunga intervista, concessa ad Arturo Gismondi, per il giornale, dove tra il serio e faceto il presidente testualmente dice: "Davvero sembra difficile negarlo. Quel chi posso dire, è riferire un episodio del quale fui testimone. Mi trovavo a New York per una lezione presso la Columbia University. Alla fine della conferenza, seppi che le Tv Usa, e quelli italiane, avevano dato notizia che Buscetta aveva accusato non solo Andreotti ma anche Piersanti Mattarella di mafia, che quest’ultimo, aveva detto Buscetta, era stato ucciso perché non aveva rispettato non so che patto criminale. E poiché si chiese la mia opinione io affermai indignato, che avrei magari potuto stringere la mano come era già accaduto a un brigatista rosso, ma non avrei mai stretto le mani insanguinate di un assassino trafficante di droga e di morte. Non passarono 24 ore che Buscetta, che era appunto sotto la protezione del governo federale, fece una dichiarazione violentissima contro di me adombrando la mia responsabilità nell’uccisione di Aldo Moro. E questo, per come io conosco le maglie strette dei programmi di protezione americani, Buscetta non poteva averlo fatto senza il permesso del Dipartimento di Giustizia. Poi Di Maggio rivolse altre accuse nei confronti di Piersanti Mattarella, e mi accusò di aver protetto la mafia durante il terrorismo, o qualcosa del genere. Dopo di che io contattai le autorità americane, dissi che questo doveva cessare, altrimenti io tornato in Patria avrei fatto una interrogazione al governo italiano per conoscere la parte che i servizi segreti Usa, a proposito di mafia, avevano avuto per esempio, ma solo per esempio, per assicurarsi il silenzio e la copertura negli espropri dei terreni perla base missilistica di Comiso. Da quel momento io non sono stato più disturbato».
Sempre su Buscetta Ci sarebbero inoltre  certe allusioni di Luciano liggio fatte durante la sua deposizione al maxiprocesso, dove questi afferma che fu proprio Buscetta venuto apposta dall'America e, che si faceva ambasciatore dei "militari" e degli americani perché lui, Liggio desse il suo beneplacito ad un certo colpo di stato che doveva avvenire in Italia.

Ripetiamolo: stiamo procedendo per ipotesi, non c'è nessuna prova che se vi erano, fossero proprio gli uomini legati a Bontade i principali referenti degli Stati Uniti, e comunque i corleonesi una volta giunti al potere, non credo si siano fatti troppi scrupoli a sostituirsi anche in questo genere di cose ai vecchi capi, come sembra suggerire l'omicidio di Pio La Torre, assassinato appena un mese dopo la grande manifestazione contro la base NATO di Comiso, ufficialmente per una proposta di legge anti-mafia che prendeva polvere in parlamento gia da due anni, e che fu approvata proprio come risposta all'indignazione scaturita da questo omicidio.



A ogni modo, caduto il muro, sempre Arlacchi sostiene che gli Stati Uniti, smisero di interessarsi alla composizione dei governi alleati, così finalmente la magistratura con l'aiuto della parte sana delle istituzioni riuscì ad isolare gli elementi compromessi, riuscendo finalmente a infliggere alla mafia le ferite mortali che tutti sappiamo. Per l'ennesima volta devo dissentire, anche in tale frangente, sono convinto che il ruolo Statunitense sia stato più attivo rispetto a quanto prospettato da Arlacchi, e precisamente credo che gli Stati Uniti non si siano limitati a lasciare mano libera alla magistratura italiana affinché potessero perseguire degli alleati diventati ormai inutili, ma si sono spinti oltre, usando ancora la mafia per disfarsi di quegli stessi alleati divenuti troppo ingombranti per i progetti egemonici post Unione Sovietica. A farmelo pensare, è il constatare che così come con tangentopoli, nel perseguire i personaggi politici collusi con la mafia, pare esserci stata una certa selezione dei bersagli da colpire. A supporto della mia tesi chiamo in causa la già riportata intervista al presidente Cossiga, le dichiarazioni dello stesso Andreotti, che più di una volta alluse al ruolo degli Stati Uniti nelle sue vicende giudiziarie, e gli altri indizi fin qui esposti. 


Infine, proprio questa convinzione, mi fa trovare ancora in disaccordo con il dottor Arlacchi, a differenza sua infatti non credo che la mafia sia stata ridotta ad un fenomeno quasi marginale, e stata ripulita dagli elementi più pericolosi e ridimenzionata certo, ma il controllo della Sicilia è ancora uno snodo fondamentale nell'economia di potenza americana. A dimostrarlo, anche considerando i problemi socio economici che tutti conosciamo ( il clientelismo, l'inefficienza, la corruzione dei dirigenti siciliani, alcune scelte in ambito statale), credo basti il fatto che l'isola, nonostante la guerra fredda sia finita trent'anni fa, non è ancora riuscita a integrarsi con il resto del paese, per capire ciò che voglio dire con ciò, prendete l'evoluzione della più lontana Sardegna nell'ultimo trentennio, come contro modello. Passato lo shock del periodo Reina, così come non credo che tutti i politici italiani abbiano rinunciato a servirsi di essa per scopi elettorali, allo stesso modo, non credo che gli americani abbiano deciso di rinunciare a uno strumento in fin dei conti, utile. 

domenica 6 luglio 2025

Intelligenza artificiale e socialità

Forse perché ho in me un certo grado di insicurezza, forse per sfida, ma in genere ho sempre avuto l'istinto di avvicinarmi a persone con visioni differenti rispetto le mie. Capiamoci: Non per provocare, mi piace il confronto per verificare se ciò che penso abbia delle fondamenta o se sia il caso di ricredersi.

Purtroppo, questo mio slancio non sempre mi porta ai risultati sperati, generalmente i confronti avuti finora, sia che si tratti di incontri reali che virtuali, si possono raggruppare in due macro categorie:

La prima, la più numerosa e composta da una genia di persone solitamente abbastanza terra-terra, che al solo sentire opinioni diverse rispetto a quelle condivise dal gruppo, hanno reazioni violente, o di derisione, in ogni modo di chiusura.

La seconda categoria è formata da persone più progredite intellettualmente, per ciò più aperte al dialogo, ma  comunque convinte di avere ragione, e di conseguenza di trovarsi davanti qualcuno da redimere o al limite un cretino.


Le persone disposte ad accettare un rapporto intellettuale di parità con chi ha opinioni divergenti, sono veramente delle mosche bianche.

Personalmente poi, come ben sa chi ha il coraggio di leggermi, grazie alle mie peculiarità di scrittura dietro a un monitor, parto particolarmente svantagiato. E neanche dal vivo, per altri motivi, mi và tanto meglio. Insomma nella mia ricerca di un qualche confronto intellettuale sono un concentrato di sfortune che nemmeno Paolino Paperino!


C'è un divertente film, risalente agli anni ottanta, dal titolo, Ho perso la testa per un cervello, dove uno scienziato simpatico e pasticcione, dopo essere convolato a nozze con una donna in realtà odiosa, si innamora di un "cervello"  mantenuto in vita in qualche modo, con  il quale scopre di essere in un rapporto di particolarissima sintonia. 



Nel 2025, La tecnologia non è progredita così tanto,  che io sappia nessuno è ancora riuscito a mantenere in Vita i cervelli delle persone decedute, quindi  La realtà non ha quel tocco macabro del film, ma qualcosa del genere sta succedendo davvero, proprio qui, sotto i nostri occhi.

Come ammesso all'inizio, ho difficoltà a relazionarmi con altre persone per mettere a confronto le diverse opinioni, il dover ogni volta dimostrare quel poco o molto che valgo, richiede un dispendio di tempo e energie, che non posso e non voglio permettermi, perciò confesso che sono rimasto entusiasta all'uscita delle intelligenze artificiali, questi strumenti infatti, se ne ho voglia mi permettono di revisionare, perlomeno da un punto di vista formale, quanto scritto e pensato facilitandomi cosi la fase successiva.


Come probabilmente avete già capito il fatto è che tali sistemi si stanno evolvendo sempre più, già oggi, non sono più buone soltanto a individuare refusi e sgrammaticature, ma volendo, a patto di capire a priori i bias imposti loro dai programmatori, possono fornire opinioni prive di pregiudizi, giudizi morali o presunzioni di superiorità. Lo dico chiaramente: è vero, non appena gli sottoponiamo un testo, le IA insistono per una rielaborazione che trasformerebbe quanto scritto in un incubo politicamente corretto, degno di un ufficio di pubbliche relazioni di qualche multinazionale Americana.
Ma a parte che da quanto c'è  Trump questa cosa si è attenuata, superato questo primo scoglio, continuando il confronto con l'intelligenza artificiale, non potremo fare altro che ammettere che è bello potersi confrontare con qualcuno capace di restare fermo sul punto, dove il confronto non evolverà in una guerra, ma resterà scambio proficuo in grado d'apportare reali contributi alle tematiche di cui si discute. 

Oltre a queste qualità, perlomeno in teoria, condivise con l'essere umano, ci sono poi una serie di caratteristiche intrinseche della macchina altrettanto apprezzabili. Una intelligenza artificiale infatti, allucinazioni a parte, permette di allargare le proprie prospettive come mai prima nella storia: perché ci consente di confrontarci con uno specialista che in maniera istantanea mette a nostra disposizione tutta la letteratura esistente su un dato argomento, in pratica mano a mano che questi trumenti migliorano, non ci confronteremo solamente con un ente informato sull'argomento in essere, ma con una vera e propria autorità in materia.


In molti hanno fatto notare che l'intelligenza artificiale altro non è se non l'ennesima riproposizione del vecchio mito del oracolo , già è così. Pochi però hanno riflettuto sul fatto che questo oracolo funziona davvero.




E tutto ciò mi fa paura per due motivi:

il primo motivo e l'accorgermi che nell'essere umano, l'abitudine al dibattito invece che aumentare, sta diminuendo. È il ruolo dell'istruzione di massa, in tale processo, sembra influire molto meno di quanto ci si potesse aspettare. Più le informazioni sono alla nostra portata, più mi pare si allarghi la nostra bocca e si restringono le nostre orecchie. 


Il secondo motivo e che temo che tale cosa ci renderà ancora più chiusi e autoreferenziali. 


Non molto tempo fa scrissi un post dove denunciavo il pericolo che le intelligenze artificiali, a causa dei loro bias, potessero spingerci a mutare la nostra opinione in maniera subdola, oggi non solo sono convinto che possano davvero farlo, ma temo inoltre che siano in grado di riuscirci in una maniera per noi, altamente gratificante.