Battute a parte, la questione Stalin traditore dell'idea vs Stalin aderente in tutto e per tutto all'ideologia marxista-leninista, ha anche assunto connotati di dignità, trasformandosi in una contrapposizione colta tra gli stalinisti che parlano di realizzazione coerente, e gli antistalinisti che ribattono con l'ideale tradito. Riprova che spesso la cosiddetta cultura, nonostante i termini tecnici e il linguaggio forbito non è altro che lana caprina di stampo ideologico
In realtà la questione è abbastanza semplice: è assolutamente vero che Stalin abbia commesso molti sbagli, errori che col senno di poi appaiono lampanti. Ma a meno di non aspettare un messia inviato dal cielo, sto comunismo lo si deve fare con gli uomini, e gli uomini, si sa, per loro natura sbagliano. Quindi magari cosa più giusta, invece di biasimare Stalin perché non rappresenta il "comunista ideale" sarebbe confrontarlo con i concorrenti di allora, ovvero Trotsky. Per prima cosa sfatiamo un mito in quanto a crudeltà (sulle quali tornerò dopo) Trotsky per quello che ha dato a vedere, non mi pare fosse molto più tenero del georgiano.
Per quanto riguarda capacità e doti politiche, la realtà dei fatti non è molto incoraggiante. Intanto Trotsky ai tempi occupava incarichi gerarchicamente superiori a Stalin, il fatto che quest'ultimo gli fece fare la fine che sappiamo non testimonia a favore del genio politico di Trotsky. Se passiamo poi al programma concreto che quest'ultimo voleva attuare le cose vanno di male in peggio. Però prima di spiegare perché, una precisazione. Questo non è un saggio storico, ma un articolo a suffragio di una specifica tesi, ovvero che Stalin non sia un fenomeno accidentale in seno al comunismo, ma un suo prodotto legittimo. Per forza di cose sto facendo generalizzazioni e lavoro d'ascia, perché quel che mi preme è solo mostrare come la mia tesi si basa sui fatti e non su reinterpretazioni ideologiche.
Detto questo, dicevamo, il piano di Trotsky era quello di una rivoluzione permanente esportata in ogni angolo del globo. Potrei terminare la questione con un artificio retorico, ricordando di come gli stessi Stati Uniti, il paese più potente del globo rischiano oggi di trovarsi a gambe all'aria a causa della bella idea di "esportare la democrazia". Ma qui siamo messi ancora peggio, la Russia post rivoluzione era un paese arretrato, profondamente diviso, scosso da immani tensioni al suo interno. Resta vero che l'armata rossa, così come organizzata da lui, riuscì a venire a capo delle forze della reazione internazionale, ma questo in territorio russo. Penso che nessuno possa dubitare che le grandi potenze di allora, se davvero dovevano preservare il loro di assetto statuale, avrebbero messo in campo ben altre risorse. Si dice anche che sotto la guida di Trotsky l'industrializzazione della Russia sarebbe avvenuta ugualmente, visto che era avviata da prima che Stalin salisse al potere, ma sarebbe avvenuta con metodi più democratici e umani. Tutto ciò sarebbe stato interessante osservarlo, giacché una cosa del genere fino ad allora non si era mai vista nemmeno nei paesi più liberali. Tanto è vero che il comunismo nacque proprio in reazione alle terribili condizioni di vita degli operai. Comunque quello che sappiamo per certo è che sotto i successori di Stalin, il progresso di quella nazione, salvo alcuni settori, non riuscì più a tenere il passo con gli altri paesi. Un handicap che la Russia moderna ancora paga.
Sicuramente sotto Trotsky il comunismo sovietico avrebbe imboccato strade diverse. Ma con queste premesse dubito fortemente che gli esiti sarebbero stati così memorabili.
Ok, chiarito che le alternative reali allo stalinismo, non fossero così auspicabili come qualcuno vorrebbe far passare, resta ancora da far luce su un punto fondamentale: ma Stalin era un vero comunista oppure fu solo uno spietato dittatore che cavalcò la causa proletaria per soli fini personali?
Per me la risposta è chiarissima: sì, Stalin credette davvero nell'ideale comunista e cercò di realizzarlo. Nel resto di questo scrittino cercherò di spiegare perché.
Per fare questo bisogna prima di tutto chiarire una cosa: per valutare un uomo, così come un periodo storico, non possiamo usare i nostri metri di giudizio ma quelli dell'uomo o del periodo stesso. Questo non per assolvere o condannare l'uomo o il periodo storico in oggetto, ma per comprenderne davvero scopi e intenzioni. Per quanto riguarda la figura di Joseph Stalin, stiamo parlando di un figlio di contadini georgiani, appartenenti ad un impero che considerava i suoi contadini poco più che animali da reddito, dove le purghe e le deportazioni erano cosa comune già dai tempi dei primi zar. Per quanto riguarda le altre potenze stiamo parlando di un mondo dove pochi lustri dopo la presa al potere di Stalin, in Germania si predicava lo sterminio delle razze inferiori e la messa in schiavitù di quelle intermedie. Mentre la potenza leader del mondo libero, pochi scrupoli si fece a lanciare bombe nucleari su due città inermi, ed è meglio non parlare del bombardamento di Tokyo, così come è meglio tacere sui crimini commessi dall'impero nipponico su cinesi e coreani durante i periodi dell'occupazione.
Parlando del Marxismo-leninismo in sé, invece possiamo dire che questa ideologia si basa sul materialismo storico. Nel concreto della sua applicazione politica, ciò vuol dire ridurre l'uomo a semplice funzione del processo storico, La ferma convinzione che esiste solo quello che si vede, le idee, la cultura stessa non sono altro che un prodotto del substrato dove nascono e si sviluppano. Sul piano oggettivo, per il marxista tra un formicaio e una nazione non c'è nessuna differenza, non perché il marxismo neghi in toto l’umanità dell’uomo, ma perché nella sua traduzione amministrativa il singolo vale solo in quanto parte del tutto. Sia la nazione che il formicaio, nel rispetto delle rispettive biologie, possono essere organizzate al meglio garantendo il maggior benessere possibile a tutti i suoi membri, rispettando determinate leggi, leggi che per quanto riguarda gli esseri umani il comunismo proclamava di aver scoperto. Il problema di Stalin era quello di fare sì che tutti in Russia accettassero ed applicassero queste leggi, e farlo prima che le classi e i sistemi che traevano un vantaggio iniquo nella non applicazione di queste leggi, in particolare la borghesia e i sistemi capitalistici, riuscissero a sopraffare il sistema. Per raggiungere il suo obiettivo, un po' per inclinazione, un po' perché i cambiamenti che pretendeva lo esigevano, scelse il terrore. Continuando il paragone con il formicaio, Stalin forte del suo materialismo non ha fatto altro che quello che avrebbe fatto una formica regina, che dovendo difendere il suo formicaio e volendolo strutturare al meglio nel minor tempo possibile non si è fatta scrupolo di sacrificare la vita di milioni di singoli individui, forte della convinzione che l'insieme sia infinitamente più importante del singolo.
Ecco che si contraddice dirà qualcuno, prima parla di Stalin e dello stalinismo come prodotto legittimo del comunismo e poi blatera di inclinazioni. Ma io non ho negato che Stalin è il risultato di un certo imprinting culturale. Ma il fatto è che i compagni che lo conoscevano, se lo hanno sopranominato "Stalin" e "non fiocco di neve", suvvia! Dovevano pur aver capito il tipo. Ma malgrado ciò, se non hanno mai pensato che questa inclinazione fosse una buona ragione per non promuoverlo ai massimi vertici dello stato, dovrà pur esserci stato un motivo. Tale motivo e perché anche loro erano convinti che "la rivoluzione non era un ballo delle debuttanti" e per costruire l'uomo nuovo sovietico, occorresse il pugno di ferro, anzi d'acciaio. Vero è che Lenin stesso, nel suo famoso testamento, stigmatizzò l’ascesa di Stalin, definendolo troppo “rude”. Ma stiamo parlando di quel Lenin che in prima persona, quando ce ne fu bisogno, non si fece scrupoli a instaurare il "terrore rosso" o a istituire la Ceka, la famosa polizia segreta.
Quanto detto assolve Stalin dalle sue colpe?
No niente affatto, ma le contestualizza e le relaziona all'ideologia di cui era portatore. Allo stesso modo di come non si può assolvere il nazismo e incolpare il solo Hitler dei crimini della Germania del suo tempo. Probabilmente Stalin non era inevitabile, ma resta comunque perfettamente compatibile con il sistema che lo generò.
Personalmente sono convinto che l'uso della violenza non sia eliminabile da un regime comunista, in quanto solo in questo modo tale ideologia può essere applicata a gruppi numerosi di individui. Ma in un serio dibattito, considero legittima la tesi di chi pur ammettendo gli eccessi e gli sbagli di Stalin ne rivendica l'eredità concludendo che l'ideale perseguito resta comunque nobile. inaccettabile invece resta la posizione di chi vorrebbe epurare la figura del dittatore Georgiano e di altri come lui dalla storia del comunismo per rifarsi una verginità.