domenica 9 novembre 2025

Berlino 9 novembre 1989



Conoscevo un tempo un ingegnere. Questo qui mi raccontava che molto per lavoro, un poco per passione, era riuscito nel corso della vita a girare tutti i paesi del mondo. 

Ricordo che una volta gli chiesi quale fosse il posto più bello che avesse visto. Rispose senza esitare: la Nuova Zelanda. Mi spiegò che il resto del mondo pur nella sua diversità aveva delle cose in comune, la Nuova Zelanda invece era proprio diversa. Ma non era la diversita in sé a fargliela preferire. Il fatto, mi disse, e che da ingegnere il resto del mondo gli pareva quasi un prototipo. La nuova Zelanda sembrava la versione finale.

A questo punto gli chiedo anche quale fosse il posto più brutto che avesse visto. Anche qui non ebbe esitazioni: la Germania Est, non per il luogo in sé, mi disse, ma per la gente. Continuò spiegandomi che per lavoro aveva visitato un po' tutti gli stati comunisti, e in alcuni aveva trovato anche  degli aspetti piacevoli, soprattutto nelle zone lontane dalle grandi città, dove era ancora vivo un modo di vivere che da noi era andato perduto. Ma la Germania Est era diversa, la gente gli appariva sfiduciata e apatica, poco interessata a vivere, tirava avanti e basta. Più che un luogo dove vivere la D.D.R. gli parve una specie di purgatorio.

Oggi ricorre l'anniversario della caduta del muro e leggo sui profili social di molti amici interessati a questo genere di cose, una sorta di rimpianto per quel giorno, un "era meglio prima". Effettivamente non posso biasimarli, le motivazioni che adducono sono reali e condivisibili. Quel crollo doveva essere la fine delle minacce di guerra che gravavano sull'Europa, invece pochi anni dopo scoppiarono le violenze nei balcani. Da lì doveva cominciare un era di benessere anche per tutta quella gente, invece molti da questo lato hanno perduto il proprio. 


Però, mi domando, com'è che siamo diventati così, talmente sfiduciati da preferire quel mondo cupo al nostro?

Mi sembra che quel grigiore di cui parlava l'ingegnere, quel disinteresse alla vita, il  tirare avanti apatico, non era quel muro a generarlo, ma piuttosto lo conteneva. No non sto dicendo che è colpa di quelli che stavano dall'altra parte. Mi pare invece che la caduta di quel muro ha fatto ammalare la nostra classe dirigente della stessa malattia di cui soffriva la loro: la cieca tracotanza, la stupida convinzione di essere nel giusto e tanto sarebbe bastato per trascinare il mondo ovunque volessero.

No, io non rimpiango la caduta di quel muro, spero però che crolli presto anche l'altro lato. 

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