martedì 27 maggio 2025

Tempo indeterminato e precariato, il punto di vista di un piccolo imprenditore



Ho letto un articolo scritto da un autore che in genere considero preparato e perspicace, in questo post tra le altre cose si faceva menzione alla Spagna e al fatto che rispetto a noi, si sia dotata già dal 2022 di leggi più restrittive in campo di assunzioni.

Premesso che io sono fortemente ostile a un sistema deregolato con tutele minime, come quello adottato da paesi quali ad esempio gli Stati Uniti, mi pare però che anche tutta questa enfasi a prescindere sull'incrementazione delle tutele, sia, al giorno d'oggi quantomeno eccessiva. Chiariamoci subito: parlo da titolare di una piccola realtà, perciò ho ben presente il fatto che aziende di altre dimensioni sono in grado di agire su diverse leve, motivo per cui possono seguire logiche diverse. D'altronde è anche vero che il nostro paese è la patria delle piccole e medie imprese, non certo quella delle grandi multinazionali. A ogni modo, secondo la mia esperienza, la verità pura e semplice è che se un domani le regole per le assunzioni tornassero più rigide, non è che per questo, ci metteremmo tutti ad assumere gente a tempo indeterminato, detta come va detta: personalmente, piuttosto rifiuterei nuovi incarichi. Perché va bene il rischio imprenditoriale, ma non è che siamo proprio dei fessi. 

Per come la vedo, la questione è semplice: quello che spinge me, come presumo altre persone nelle mie condizioni, a cercare nuovi collaboratori è sostanzialmente la fiducia verso il futuro, il fatto che poi queste persone, a tempo debito, perché ripeto, riconosco sia giusto fissare dei limiti, diventino fisse, è da attribuirsi alla serietà che queste persone sapranno dimostrare nel corso del rapporto, cosa che non sempre accade.

Siamo in Italia, nel 2025, grazie a Dio certe dinamiche da padroni del vapore sono morte e sepolte. Anche in questo discorso bisogna essere onesti: sarà un settore scalognato il mio, ma su dieci colloqui che faccio, otto più che un lavoro, cercano un'occupazione dove tirare a campare. Avere gli stipendi tra i più bassi in Europa, non aiuta di certo, ma anche la voglia di darsi da fare è calata parecchio.


Poi per carità, non voglio fare l'ingenuo, sappiamo tutti che il sistema presenta storture e sotterfugi: lavoro nero, caporalato, sfruttamento degli immigrati, eccetera. ma ormai da troppo tempo, ho come l'impressione che chi avrebbe i mezzi per intervenire, più che correggere queste devianze, sia interessato a sostenere soluzioni ad effetto piuttosto che proposte utili a rimediare a queste storture.

C'è inoltre un fattore antropologico che sarebbe sbagliato non considerare: da noi, a differenza, per esempio, dei paesi a cultura protestante, il lavoro è sempre stato visto più come un castigo che come prova di grazia divina. Questo ha fatto sì che,  ora che non è  più strettamente necessario lavorare per sopravvivere, il senso del dovere si è indebolito.

Lo dico chiaro e tondo: preferisco questo stato di cose. Meglio cento volte il nostro lassismo che una serietà professionale rigida e ossessiva. Considero il mito della carriera un mito antiumano e alienante. Ma proprio perché ritengo il nostro modello più a misura d'uomo, credo che meriti delle soluzioni personalizzate, che ne valorizzino i punti di forza e ne attenuino i limiti. Quello che serve è un nuovo racconto sociale del lavoro, rispettoso della nostra storia e del nostro stile di vita, che riabiliti ad esempio il concetto di mestiere da ripristinare al posto del concetto arrivistico di carriera. 




L'ho già chiarito, ne parlo dal "di dentro", cioè sono di parte, dunque per prima cosa penso sia onesto riconoscere che qui dentro, purtroppo, non ci sono molti "Adriano Olivetti", abbiamo invece moltissimi "avvoltoi". Però, certe "battaglie",  invece di correggere le storture, mi paiono accanirsi soltanto verso chi, da queste storture, vuole tenersene ben lontano, Insomma battaglie dal carattere punitivo e di facciata.

Come del resto dimostra proprio il caso della Spagna, dove, nonostante certi proclami, i legislatori, non potendo trasformare le pere in mele solo per forza di volontà, ovvero non potendo eliminare così con un colpo di spugna i contratti a brevissimo termine di cui la nazione soffre,  senza uccidere settori vitali per il paese, come il turismo e agricoltura, hanno inventato l'escamotage dei "lavoratori fissi discontinui", una forma di assunzione formalmente a tempo indeterminato, ma che in realtà permette di sospendere i lavoratori durante i periodi di minor attività. Cosa che grossomodo allinea le tutele spagnole con quelle in essere, in paesi quali Francia e Italia. In realtà solo la Germania tra i paesi avanzati d'Europa, ha condizioni contrattuali più restrittive a tutela del lavoratore, mentre nazioni come la Gran Bretagna e i paesi nordici, hanno condizioni più "flessibili", ma con la differenza che nei paesi nordici c'è la previdenza sociale a compensare il tutto, mentre in Gran Bretagna, la pigliano in "quel posto" i lavoratori. 


Come vedete sull'argomento non ho da offrire grandi verità, se non ché un personale punto di vista, ma in tempi in cui, il dibattito politico sembra concentrato più sulle identità che sui contenuti e il metodo pare prevalere sullo scopo, mi è parso lo stesso cosa utile condividerle. 

1 commento:

  1. Sono abbastanza d'accordo. Oggi chi cerca lavoro pensa più a cosa può ottenere rispetto a cosa può dare all'azienda

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