mercoledì 21 maggio 2025

Scommesse




Oggi stavo discutendo con un mio conoscente che ama confrontarsi su temi di filosofia morale. Si parlava di come la società, almeno in apparenza, nelle sue meccaniche, sia profondamente darwiniana. In essa tutto segue le leggi di Darwin: le persone sono adatte all’ambiente (sociale) in cui nascono, grazie all'eredità, qui non genetica, ma culturale, che ricevono, ovvero il bagaglio di conoscenze, inclusivo di un certo "saper fare" che chi gli sta intorno ha accumulato e gli trasmetterà. La deriva genetica, cioè il passare da un ambiente all’altro, è molto rara e difficile, il più delle volte dovuta a doti casuali. Eccetera.

Il mio amico ha riconosciuto veritiero ciò, ma ha aggiunto che, però, nonostante tutto, c’è una grande differenza tra i due campi: l’essere umano, a differenza dell’ambiente, ha una coscienza, perciò può influire sostanzialmente sul processo rendendolo più giusto e meritocratico.

Falso! E benché il mio amico fosse in buona fede, stava tirando in ballo una stortura sistemica profondamente disonesta. Infatti, questo è un vecchio trucco di certi materialisti per non arrivare fino in fondo a dove le loro premesse dovrebbero condurli.

In questo, come in altri casi simili, tali genere di pensatori la fa troppo facile: ad inserire la coscienza, la bontà umana, i principi irrinunciabili, a mitigare le estreme conseguenze dove il loro ragionamento li porta.

No, cari amici, la torta o la si mangia fino in fondo o la si lascia nel piatto. Se si esclude a priori la possibilità di un’intelligenza superiore, l’esistenza, l’esigenza di un fine mi spingo a dire, poi non potete postulare che le qualità umane possano mitigare le storture del sistema. O si ammette la possibilità che l’universo è stato costruito per noi, o si ammette la concreta possibilità che la coscienza è solo un incidente evolutivo, un muto spettatore privo di reale possibilità di influenzare il sistema.

Non si può credere nel caso per poi indignarsi ad ogni occasione, come se esistesse una giustizia ontologica. Se non vi è un giudice esterno non vi può essere né la garanzia, né la consolazione, che si possano correggere le regole del gioco.

Signori, giunti a questo punto, la "scommessa" abbandona Pascal per incontrare Leopardi, facendosi tragica:  perché questo modo di vedere le cose fa pulizia di tutti i vecchi idoli, ma ne introduce di nuovi: come quelli del pantheon lovecraftiano ad esempio, entità orribilmente aliene e indifferenti a tutto ciò che per noi rende la vita degna di essere vissuta, perciò radicalmente malvagie.

O il mondo è nostro, oppure non ci deve nulla, e nulla ci si deve aspettare da esso. E questo è quanto.

Nessun commento:

Posta un commento