domenica 14 settembre 2025

Charlie Kirk

Non volevo scrivere di Charlie Kirk, ammetto che fino al giorno in cui gli hanno sparato non sapevo nemmeno chi fosse. In un certo senso non ne parlerò nemmeno adesso, almeno della figura in sé. Siamo già troppo pieni di gente che ha fatto dottissime analisi su Kirk, basandosi però sulla propria percezione personale, o peggio, su quanto ritiene consentito che si possa parlare di certi temi, anziché sulla persona in sé. Quello che realmente mi interessa fare notare è il genere di reazioni che questa brutta faccenda ha generato. 


C'è chi in un certo modo giustifica l'accaduto, argomentando che Kirk era un sostenitore delle armi libere quindi un po' se l'è cercata. Ragionando per assurdo, è come se a me, che sono contrario alla pena di morte, capitasse qualcosa di brutto per mano di un pluriomicida. E allora qualcuno venisse a dire che un po' me la sono cercata. Penso che giustificazione più cretina di questa non si potesse trovare e basta il mio esempio per capirlo. Perciò non mi soffermerò oltre.


Un'altra categoria, forse più interessante, tende a giustificare l'accaduto spiegando che se uno usa un certo linguaggio per parlare di certi temi, certe reazioni deve un po' aspettarsele. A prima vista pare un'argomentazione condivisibile, però benché Kirk avesse posizioni piuttosto forti, da quanto ho avuto modo di capire, nonostante una campagna stampa vergognosa, non mi pare utilizzasse un vero e proprio linguaggio d'odio. Sicuramente i suoi toni non erano da accademia, ma specialmente negli Stati Uniti dove persino le campagne elettorali sono show business, un linguaggio troppo asettico magari gli avrebbe risparmiato la vita, ma dubito che garantisse alle sue idee la visibilità che Kirk sperava di ottenere. Quindi sì, probabilmente col suo modo di fare Kirk si è esposto a un rischio, ma stando così le cose, la responsabilità va condivisa da tutto il sistema mediatico di quel paese. Ad ogni modo, in ultima analisi ad un insulto si può rispondere con un insulto, non con una pistolettata.  


Infine la categoria forse più rozza, quella che si limita a fare "la conta", ovvero ogni volta che da un lato capita qualcosa che non dovrebbe capitare, si mettono a elencare i casi simili capitati dall'altro lato: ammazzano uno a destra? E subito tirano fuori la lista dei morti di sinistra, e viceversa naturalmente. Questa secondo me è la categoria più polarizzata, composta da gente che pensa di vivere in una specie di Far West. 


A destra, chiamiamola così, le dinamiche non sono diverse,  la rete è piena di commenti di gente che accusa la sinistra, partendo dagli attentati a Trump per arrivare a questo ultimo caso, che sotto la cenere dell'inclusione della libertà e della pace, nascondano il fuoco della violenza verso gli avversari ideologici. C'è voglia di inasprire lo scontro. Premesso che considero assolutamente vero che in determinati ambienti il livello è così basso, che il solo parlare di certi argomenti venga visto come una provocazione. Mi pare però che così facendo, il risultato sarà di radicalizzare ancora di più il dibattito. Se si cerca consenso per scardinare l'egemonia di sinistra, non mi pare la strategia più adatta.



Ciò che non ho visto, e la cosa mi inquieta parecchio, è gente che si sia fermata un attimo al di sopra delle bandiere ideologiche, per realizzare che lo scontro si sta facendo troppo acceso, che al di là delle idee che si sono volute spegnere, sotto quei lenzuoli ci sono corpi ormai buoni solo per l'obitorio. Ho scritto "gente", ma in realtà il mio pensiero è rivolto specificatamente verso una categoria, quella degli intellettuali e degli opinion leader. A questi soprattutto mi pare non interessi minimamente buttare acqua sul fuoco, anche chi si è espresso sostenendo che sia sbagliato e folle uccidere una persona per ciò che afferma e crede (e chi l'ha fatto si conta sulle dita di una mano) si è però premurato di buttare tutta la responsabilità alla parte avversa, incapace di superare lo schema buoni contro cattivi. L'America e noi con essa sta nuovamente riempiendosi di gente convinta di essere portatrice di un'etica superiore, e che in nome di quell'etica qualche morto ci può, ci deve stare. Un'idea cretina portata avanti da cretini. Ma purtroppo la storia insegna che la cretineria è l'ingrediente principale di tutte le peggiori follie umane.



giovedì 11 settembre 2025

Droni russi

L'America è sull'orlo della guerra civile, la Francia c'è già, solo che non lo sanno, l'Italia è quel che è. Intanto però continuano a blaterare di guerra e si richiamano esplicitamente al 1914.

Ma non è tanto nemmeno quello che dicono: in situazioni come quella verificatasi in Polonia, certe dichiarazioni sono la prassi. Sono le tempistiche che non tornano, già, perché che i droni abbattuti in Polonia l'altro ieri siano russi ancora mica è confermato. Non si sa ancora nulla sulle vere dinamiche di ciò che è accaduto. E se un politico fa certe dichiarazioni senza prove, le cose possono essere due:

  • o è un coglione,
  • oppure punta a un'escalation.

venerdì 5 settembre 2025

sulla cina ovvero genesi di un nemico

Sono nato negli anni ottanta, un periodo fortunato che mi ha dato la possibilità di assistere in prima persona a molti eventi significativi. Nello specifico oggi vorrei parlare di come e con quanta facilità è cambiata la percezione della Cina da parte della popolazione occidentale, con un focus particolare sull'Italia.


Già perché come dicevo prima sono nato proprio verso l'inizio degli anni ottanta, e a quel tempo, ancora si percepiva il bisogno di fare accettare alla gente la svolta di Nixon, dove la Cina, adesso nostra alleata, era passata da essere rappresentata come l'ultimo stadio di una civiltà decaduta, con milioni di disperati, che spinti dallo sconforto si erano lasciati irretire dal comunismo che li stava letteralmente sterminando a forza di carestie. Ad essere descritta come una delle culle della civiltà, formata da gente capacissima e simpatica. Dalla polvere da sparo, alla carta, passando per la seta e gli aquiloni. Giuro, in quegli anni non si faceva altro che ricordare quante belle cose avevano inventato i cinesi e, complice la fama dei "cugini" giapponesi, quante altre ancora ne avrebbero inventate adesso che erano diventati nostri amici.

Tale narrativa durò all'incirca fino a tutta la prima metà degli anni '90, dove con l'ingresso della Cina nel WTO e la macelleria industriale che ci si stava preparando a fare qui da noi, non parve più il caso di presentare i cinesi come dei geniali inventori, ma, per non allarmare chi da un giorno all'altro si sarebbe trovato a competere letteralmente con miliardi di concorrenti, si valutò più opportuno farli passare come realizzatori di oggetti di scarsa qualità, buoni solo a copiare, beninteso, male, idee altrui.  Intanto, il Presidente della Repubblica in visita di stato esortava gli imprenditori ad essere più coraggiosi e andare ad investire lì, in Cina 


E benché un passettino per volta, i cinesi si stavano mangiando tutta la nostra industria, Finché non passarono dai capannoni agli uffici la narrativa restò la medesima. Ma non appena varcarono la soglia dell'area direzionale, ecco che all'improvviso i nipoti di Mao si rivelarono per quello che sono: dei finti comunisti, in realtà capitalisti feroci che "ci stanno rubando il lavoro" sfruttando i poveri operai. Quando dai piani bassi grazie alla crisi del 2008 sono arrivati addirittura ai consigli di amministrazione il panico divampò.

E così arriviamo ai giorni nostri, dove oltre ad aver scoperto che se si paga il giusto, i cinesi sanno produrre merci di ottima qualità, abbiamo imparato anche che cinquemila anni di Storia gli hanno lasciato in eredità qualche competenza politica. Apriti cielo! Il panico adesso è veramente generale. A fare cadere le ultime ipocrisie ci ha pensato Trump nel 2016, dopo di lui si può dire liberamente che i cinesi sono un popolo di formiche, al servizio di feroci dittatori desiderosi di null'altro se non venire a distruggere le nostre belle democrazie.

E mentre dalle nostre parti, tra un green pass, le banche che ti bloccano i pagamenti con la carta di credito, perché quello che compri lede la loro reputazione, e un'accusa di complottismo, si campa sempre un po' meno bene. Noi si parla di credito sociale e di tutte le altre brutte cose che ci sono in Cina.

Già perche queste propagande, noi ce le siamo bevute acriticamente tutte, riducendo la complessità di una nazione-mondo a pochi stereotipi. Ed è probabile che continueremo su questa strada, ritrovandoci, così come con la Russia, in guerra con la Cina senza nemmeno sapere perché. ma no! Il perché lo sapremmo benissimo i vari Rampini ce lo dicono già: guidati dal saggio presidente Trump dovremmo frenare l'espansionismo Cinese. Il fatto che sono fermi dove sono da cinquemila anni è tutta una tattica, ma noi, noi mica ci caschiamo.