In un bosco le radici degli alberi che vi sono nati naturalmente tendono fra di loro una complicata rete di relazioni, al punto che se si taglia uno di questi alberi, gli alberi vicini nutriranno quello che ne rimane per permettegli di sopravvivere e se possibile cacciare nuove ceppaglie. In un giardino artificiale tutto questo non succede, gli alberi piantati anche se provenienti da un origine comune resteranno sempre estranei ed in concorrenza fra loro.
Gli esseri umani sono un po' come gli alberi; già Dostoevskij ci ha insegnato che abbiamo un sottosuolo, spesso scordiamo che gli esseri umani hanno anche radici, specularmente al'albero ed al terreno vero però, è il nostro sottosuolo che per essere fecondo trae nutrimento dalle radici, radici che a loro volta si nutrono di tradizioni, usanze, consuetudini comuni, radici che si nutrono degli odori e i colori della propria terra, come l'humus in un bosco, anche questo nutrimento, chiamato per una bella intuizione retroterra culturale, si è formato pian pianino col passare dei decenni, addirittura secoli.
Non tenendo in dovuto conto queste radici, una certa concezione di modernità, con il suo relativismo, l'individualismo estremo, le migrazioni spesso subdolamente forzose, propinate come qualcosa di positivo; con il mito del multiculturalismo, sta cancellando tutto ciò facendo agli uomini quello che un giardiniere fa agli alberi piantati in un parco; ci sta rendendo alienati, estranei ed ostili gli uni agli altri.
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