domenica 13 luglio 2025

Ipotesi per una controstoria della Sicilia





Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.
                                        Pier Paolo Pasolini 



Qualche tempo addietro, anticipai in un post che mi sarebbe piaciuto provare a buttare giù due righe come contributo ad un'ipotetica controstoria della Sicilia. me ne offre oggi pretesto il bravo (ma di parte) Pino Arlacchi, di cui ho visto sulla rete una vecchia conferenza per la presentazione del suo libro " Giovanni e io. In prima linea con Falcone contro Andreotti, cosa nostra è la mafia di stato",  dove, espone tra le altre, due tesi interessanti ma opinabili: nella prima ipotesi sostiene che l'Italia concluso l'ultimo conflitto all'inverso di nazioni come la Francia, fu trattata da potenza sconfitta, perché la resistenza che fu un fenomeno di proporzioni importanti e sicuramente più significative rispetto alla controparte transalpina, era prevalentemente comunista. La seconda ipotesi invece, afferma  che i rapporti criminali tra la mafia e Giulio Andreotti furono tollerati e protetti dagli Statunitensi in un ottica di guerra fredda per evitare che salissero al potere i comunisti. 


Per quanto riguarda la prima ipotesi, credo che l'Italia al contrario di paesi come la Francia, fu trattata da potenza sconfitta perché questo essa era. La Francia (nazione che Arlacchi cita a paragone), fu  invasa e costretta ad adottare un governo fantoccio, non faceva parte dell'asse, l'Italia si! è questo, benché nella sua area politica vige una certa narrativa che vorrebbe rappresentare il fascismo come un corpo estraneo caduto sul paese chissà da dove, non si può ignorare, indipendentemente dalle composizioni (che sicuramente influirono) e dalle proporzioni tra i rispettivi movimenti di resistenza.


La ricostruzione di Arlacchi, che vede gli americani spaventati dalla forte presenza comunista nel paese e, di conseguenza preoccupati per la sua stabilità, si riflette nella sua seconda tesi, che come abbiamo detto, sostiene che gli americani proteggessero la DC ed Andreotti nonostante i loro rapporti con la mafia, per contrastare i comunisti di cui sopra; ebbene, questa seconda teoria appare molto plausibile, specialmente se si guarda cosa avvenne dopo la caduta del muro, però personalmente in base alle mie letture sono propenso a credere che la questione sia molto più intricata e in un certo senso agli antipodi rispetto a quanto sostenuto da Arlacchi: gli americani in questa storia non furono solo una specie d'arbitro di parte che si limitarono a fare vincere la propria squadra, chiudendo per necessità un'occhio sulla rosa, ma in realtà, si riservarono anche il ruolo di allenatore, decidendo quali giocatori dovessero giocare la partita, e qui da noi tra i suoi convocati in campo vi fu anche la mafia, di questo dato di fatto la democrazia cristiana ed Andreotti in particolare non fecero altro che prenderne atto, e anche sulla scia di precedenti illustri, quali Orlando o Giolitti, Si adattarono a utilizzare la mafia sia come strumento di lotta contro i comunisti, sia per ripristinare almeno in parte il controllo dello Stato sull’isola, rompendo, forse anche grazie all’aiuto della Chiesa, che con i suoi legami storici con la mafia in chiave antisocialista potrebbe averli facilitati, il monopolio di cui godevano gli statunitensi, e riuscendo così a presentarsi ai loro occhi come degli interlocutori credibili. Insomma Arlacchi nel interpretare Andreotti (e di conseguenza la DC) ne confonde il ruolo,  perciò sbaglia pronunciando un giudizio morale quando sarebbe più opportuno esprimerne uno politico. Ma andiamo con ordine.


Prima di continuare però, una precisazione, nel ribaltare la ricostruzione di Arlacchi, non stiamo cercando di assolvere la DC dalle proprie responsabilità, facendola apparire come una vittima delle circostanze costretta ad allearsi con la mafia per colpa dei cattivi americani, tanto più che specie a livello locale e regionale, i rapporti tra uomini della democrazia cristiana e la mafia erano già presenti e consolidati. Gli intrallazzi accertati di Calogero Volpe, e le zone d’ombra intorno alla figura di Bernardo Mattarella, di cui parlarono mafiosi e cronisti senza che ciò sfociasse mai in un’indagine, non nascono allora, con l'arrivo degli americani. Allora a mio avviso nasce, dentro la dirigenza nazionale, prima fra tutti nella corrente fanfaniana, come accenneremo, la volontà di strutturare questi intrallazzi, e di sfruttarli per salvare l'isola alla nazione e quest'ultima alla democrazia e al blocco occidentale.


Sarà forse il mito della frontiera, ma pare proprio che gli Stati Uniti d'America abbiano un debole per le figure ambigue,  da Pinochet a Saddam Hussein, passando per i talebani potete stare certi che nel portare avanti i loro interessi geostrategici si alleeranno con i soggetti peggiori sulla piazza; forse perché così facendo in seguito potranno sbarazzarsene senza troppi rimorsi? 
Francamente non lo so, quello che so è che anche in Sicilia, ormai è acclarato, nel corso dell'ultima guerra per facilitare l'invasione scelsero di farsi aiutare da un alleato non proprio specchiato: la mafia, e dopo di che, come cercherò di illustrare, continuarono a servirsene per mantenere un certo controllo sull'isola. Se questo ulteriore uso fu fatto scientemente, ovvero la Mafia fu eterodiretta dagli americani per i loro scopi, o se invece la mafia da quel parassita simbionte col potere che era ed è si ristrutturo autonomamente, per fare si che i propri interessi e quelli dei nuovi padroni convergessero, ragione per cui, il ruolo  degli americani non fu altro che adattarsi ai costumi locali e sfruttare un sistema già in essere; senza documentazione è impossibile da decidersi, perciò un'ipotesi vale l'altra, nel proseguire del discorso adottate pure quella che vi aggrada maggiormente.


C'è un aneddoto riferito a Regan che se la memoria non mi inganna, ho ascoltato dalla bocca  di Lucio Caracciolo di Limes,  racconta Caracciolo che il presidente americano in un colloquio informale con la stampa europea, ammise che loro americani sapevano benissimo che gli altri li considerassero un po' tonti, ma la cosa non gli dispiaceva affatto, la verità, disse il presidente, è che noi siamo lontani, possiamo permetterci di sbagliare, perdere tempo e cambiare decisione, ma che il mondo  scambi questo nostro vantaggio per dabbenaggine ci fa molto comodo. Una strategia che potremmo definire: "alla tenente Colombo" l'iconico detective televisivo che fingendosi ingenuo e sempliciotto riusciva a risolvere i casi più complessi.


Forti anche della confidenza del presidente, Checché ne dica un Charles Poletti, che fino alla fine dei suoi giorni continuo a sostenere che lui dal suo alto ruolo mai sospetto presenze mafiose sull'isola,  mi pare ormai indifendibile la posizione di chi sostiene che gli alleati giunti in Sicilia scambiarono per perseguitati politici del regime i Mafiosi rinchiusi in carcere per ingenuità, la verità è che le forze alleate quando nominavano un Vizzini sindaco di Villalba,  sapevano benissimo con chi avevano a che fare e cosa stavano facendo: ovvero rimettere in piedi quella struttura criminale, che da tempo immemore grazie alle collusioni politiche di cui sapeva rendersi strumento, godeva sull'isola di potere sufficiente per riuscire a condizionarne il destino, sia durante l'invasione, che nell'immediato dopo guerra. Tutto ciò perché come dice Arlacchi il movimento di liberazione su al nord era composto in larga parte da comunisti e, nel caso anche dopo l'opzione di un governo autoritario, l'Italia fosse comunque risultata perduta per le forze occidentali, nell'eventualità di uno scontro con il blocco sovietico, riuscire almeno a mantenere il controllo della Sicilia, appariva fondamentale. 


È questo ci porta a parlare del  separatismo siciliano e di come tale movimento grazie all'appoggio offertogli dagli alleati, fu riportato in auge dalle baronie latifondiste e da quella parte di mafia che o non era scesa a patti con il regime o comunque era riuscita a distaccarsene uscendone pulita, e ora che il fascismo stava per essere definitivamente accantonato, era desiderosa di trovarsi un ruolo dentro i nuovi scenari geopolitici che via via andavano delineandosi, ruolo, che anche in virtù dei servizi svolti per coadiuvare lo sbarco alleato all'inizio credette, forse su consiglio dei cugini d'oltreoceano, di potere meglio interpretare in una Sicilia trasformata in una specie di Cuba del Mediterraneo. Di tutti questi maneggi; dalla nomina dell'eccentrico separatista Conte Tasca a sindaco di Palermo, alla stampa di volantini separatisti su carta di proprietà dell'esercito americano, probabilmente gli episodi  più noti ai non specializzati dell'argomento sono quelli che riguardano le gesta del bandito Salvatore Giuliano, qui in particolare vorrei soffermarmi sulle varie  lettere scritte da quest'ultimo a partire dal quarantotto, la piu famosa delle quali e forse quella indirizzata a Truman, in cui il bandito chiedeva sostegno all'allora presidente americano per fare della Sicilia uno stato dell'unione. Tali lettere di solito vengono fatte passare sotto traccia, più che altro come una curiosità storica sull'ingenuo Giuliano, ma in realtà secondo la mia tesi quelle lettere sono il tentativo del bandito di riaprire (o ricordare a qualcuno) un esperimento all'epoca ormai chiuso, ma da un passato importante, come dimostra il fatto che in Sicilia esisteva già, è da tempo, un movimento "per la quarantonovesima stella" facente capo tra gli altri al già citato, Don Calogero Vizzini, movimento, che come suggerisce il nome si prefiggeva di fare della Sicilia un vero e proprio stato membro della potenza egemone del blocco occidentale. A onor del vero, Don Calogero, forse anche grazie ai suggerimenti del fratello prete ( ecco che torna la chiesa), fin  dal 1944, aveva capito che il futuro della mafia era quello di legarsi alla DC.


Benché un'accusa rivolta agli alleati, di manovrare direttamente per staccare l'isola dal resto della nazione, sarebbe difficilmente provabile, non mi pare ozioso far notare di come, in particolare  gli Stati Uniti, a partire dalla guerra cubana contro la Spagna passando per il kossovo, l'Ucraina e taiwan, hanno una lunga serie di precedenti ed Antecedenti nella creazione o finanziamento di movimenti secessionisti, da utilizzare per i propri tornaconti. Quale sia stato il grado di compromissione alleato, resta comunque innegabile il supporto,  anche materiale, che offri al movimento separatista al punto che i sovietici già nel'43 ritennero opportuno mandare sull'isola niente meno che Andrej Vyšinskij per manifestare la loro ostilità al progetto indipendentista siciliano.


Ad ogni modo, Se proviamo a confrontare le date, sarà facile accorgersi di come il separatismo in sicilia(e l'appoggio mafioso ad esso) ebbe il suo momento di gloria tra la vigilia dello sbarco alleato e l'inizio dell'47, anno in cui, forse perché la DC era riuscita nel suo intento di proporsi come interlocutore credibile, forse anche grazie all'ostilita manifestata dai Russi al progetto indipendentista, si concretizzarono le nuove alleanze e ci si preparava alle elezioni politiche del 1948, elezioni che sancirono definitivamente il destino del paese, dopo di che, vinta la tornata elettorale dalla democrazia cristiana e il definitivo posizionamento dell'Italia nel blocco occidentale, il separatismo siciliano, diventato inutile (anche come spauracchio) agli interessi statunitensi, perse le restanti simpatie e di riflesso i restanti appoggi mafiosi di cui godeva, per tali motivi, garantita fin dal 1946, da parte dello stato, un ampio margine d'autonomia ai potentati locali con lo statuto speciale, inizio a scemare, al punto che appena due anni dopo precisamente il 5 luglio1950, l'ex imprendibile re di Montelepre veniva freddato a tradimento dal fidato braccio destro; Gaspare Pisciotta. Ma prima di abbandonare giuliano al suo destino, mi pare sia interessante ricordare di come in quel 1947, guidato da poteri non chiari, o forse intuendo l'andazzo, riusciva ancora a rendersi utile al sistema, offrendosi come pretesto in Italia, per la fine dei governi d'unità nazionale, tentando, con la strage di Portella della Ginestre di riciclarsi quale combattente anticomunista. 


Come dicevamo, visto gli esiti del voto, non era più utile tenere viva una struttura attua a separare la Sicilia dal continente, anzi, in virtù dell'egemonia esercitata su di essa dalla mafia e degli accordi fatti tra la mafia stessa ed alcuni esponenti della democrazia cristiana, l'isola si era dimostrata un'eccellente strumento di controllo per influenzare le elezioni politiche della nazione tutta e contrastare cosi le forze comuniste molto forti al nord del paese. E qui entrano in campo la DC, la chiesa(?) E soprattutto lui: Belzebù Andreotti, che di tutti questi equilibri sarà erede e garante, animale politico estremamente precoce; padre costituente a 27 anni, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1947 al 1954,
già ministro degli interni a 35, apprezzato da svariati papi e da statisti del calibro di De Gasperi. Sarebbe ingiusto non riconoscergli un certo valore,  valore che mi pare certo, gli avrebbe permesso di perseguire una brillante carriera politica indipendentemente da qualsivoglia appoggio mafioso, per tali motivi, a mio parere, Andreotti non "cercò" l’appoggio della mafia come scorciatoia verso il potere politico: non ne aveva bisogno. Fu scelto, e accettò, di sovrintendere alla DC siciliana, con tutto il sistema di clientele che ne derivava, perché era il politico più adatto, tanto per competenze quanto per
carattere, per gestire questo genere di operazioni, come dire: mafioso più per ragion di stato che per vocazione. E a sostegno di quello che dico, nonché a farmi sospettare che il vaticano giocò un ruolo importante in questa vicenda, sta il fatto che la chiesa cattolica, a cominciare dal suo capo: Giovanni paolo II, non gli voltarono mai le spalle, anzi fu proprio l'indomani di una condanna per mafia che il santo padre, che si presume uomo un minimo informato sui fatti, volle benedirlo sotto gli occhi del mondo in diretta televisiva.


Che Andreotti fece un uso della mafia di tipo giolittiano dovrebbe essere facilmente intuibile, anche dalle sue origini laziali: non essendo cresciuto in quell’ambiente, né culturalmente né politicamente legato a esso, è lecito supporre che non cercò contatti con la mafia per affinità con quel mondo, come potrebbe essere nel caso di altri esponenti DC siciliani,  ma piuttosto per ragion di Stato: in quel contesto, per tenere salda la Sicilia alla nazione e l’Italia al blocco occidentale, non esistevano strumenti altrettanto efficaci. Inoltre, se ancora non bastasse, dobbiamo ricordare che prima di Andreotti, fino a fine anni sessanta fu Fanfani a gestire tale strategia, come dimostra il fatto che fu proprio sotto Fanfani che prosperarono uomini come Lima e Gioia. Che poi Andreotti successe a Fanfani nella gestione di questo tipo di rapporti come già detto, lo si deve alle specifiche qualità dei personaggi. 


Anche qui come già specificato per la Democrazia cristiana in generale, va chiarito che questa non vuole essere una difesa postuma di Giulio Andreotti, probabilmente il senatore fu ben contento di essere riuscito a sostituire sull'isola la corrente di Fanfani con la propria, perché di ciò ebbe innumerevoli vantaggi, quali ad esempio passare di colpo dal valere un modesto 2% a un più determinante 10%  all'interno della democrazia cristiana, ciò che si vuole ribadire e che a spingere Andreotti a utilizzare la mafia al contrario di quanto vorrebbero suggerire alcuni cliché, non fu un certo spirito criminale, qualche tara nella sua personalità per dire, ma una visione pragmatica del suo ruolo e della società, che può essere riassunta in un equilibrio tra i poteri (anche criminali), evitando scontri frontali ma cercando sempre la mediazione in nome della stabilità.



Attenzione però a non fraintendere nemmeno in senso contrario, a prendere questo insistere sulle doti caratteriali del senatore,  il sottolineare questa sua propensione per la mediazione, come una forma di bonomia del personaggio, Giulio Andreotti come politico viene ricordato come una persona fredda, cinica e calcolatrice. Per farsi un'idea dell'opinione che avevano su di lui i suoi nemici e rivali, basta ricordare che addirittura alcuni pentiti hanno insinuato che sia stato proprio Andreotti ad orchestrare la sostituzione dei clan palermitani guidati da Bontade con i corleonesi di Riina ai vertici di cosa nostra, a seguito dell'omicidio di Piersanti Mattarella, quando vide un Bontade troppo altezzoso nel difendere la decisione presa dalla mafia, in forza sia dell'importanza che la mafia aveva assunto nel determinare l'assetto politico del paese, sia per i suoi contatti massonici. 


In realtà questa accusa non regge alla prova dei fatti: 
Primo, perché furono principalmente i Corleonesi a volere l'eliminazione del presidente della regione Sicilia.
Secondo, perché a parere delle sentenze, fu proprio con l'arrivo dei corleonesi a capo della mafia che il senatore cambio la natura dei suoi rapporti con essa.
Se n'è ho parlato, oltre che per confutarli,  è solo perche ciò mi permette di proseguire con la storia. Infatti penso proprio che fossero i clan palermitani, più dei corleonesi, ad aver ereditato quella rete di relazioni con gli Stati Uniti di cui o cercato di argomentare l'esistenza. 


Anche di questo, naturalmente non si possono portare prove, solo indizi, ma ben fondati:
Innanzitutto gli sconfitti palermitani  della guerra di mafia, i vari; Inzerillo, eccetera, trovarono a centinaia rifugio nelle famiglie americane senza che le autorità di quel paese avesse nulla da ridire.

Inoltre, molti pentiti appartenente a questa fazione avevano con il governo americano legami più stretti di quanto sarebbe lecito supporre, a cominciare dal pentito più famoso di tutti: Tommaso Buscetta. In merito è interessante leggere cosa racconta il presidente Cossiga in una lunga intervista, concessa ad Arturo Gismondi, per il giornale, dove tra il serio e faceto il presidente testualmente dice: "Davvero sembra difficile negarlo. Quel chi posso dire, è riferire un episodio del quale fui testimone. Mi trovavo a New York per una lezione presso la Columbia University. Alla fine della conferenza, seppi che le Tv Usa, e quelli italiane, avevano dato notizia che Buscetta aveva accusato non solo Andreotti ma anche Piersanti Mattarella di mafia, che quest’ultimo, aveva detto Buscetta, era stato ucciso perché non aveva rispettato non so che patto criminale. E poiché si chiese la mia opinione io affermai indignato, che avrei magari potuto stringere la mano come era già accaduto a un brigatista rosso, ma non avrei mai stretto le mani insanguinate di un assassino trafficante di droga e di morte. Non passarono 24 ore che Buscetta, che era appunto sotto la protezione del governo federale, fece una dichiarazione violentissima contro di me adombrando la mia responsabilità nell’uccisione di Aldo Moro. E questo, per come io conosco le maglie strette dei programmi di protezione americani, Buscetta non poteva averlo fatto senza il permesso del Dipartimento di Giustizia. Poi Di Maggio rivolse altre accuse nei confronti di Piersanti Mattarella, e mi accusò di aver protetto la mafia durante il terrorismo, o qualcosa del genere. Dopo di che io contattai le autorità americane, dissi che questo doveva cessare, altrimenti io tornato in Patria avrei fatto una interrogazione al governo italiano per conoscere la parte che i servizi segreti Usa, a proposito di mafia, avevano avuto per esempio, ma solo per esempio, per assicurarsi il silenzio e la copertura negli espropri dei terreni perla base missilistica di Comiso. Da quel momento io non sono stato più disturbato».
Sempre su Buscetta Ci sarebbero inoltre  certe allusioni di Luciano liggio fatte durante la sua deposizione al maxiprocesso, dove questi afferma che fu proprio Buscetta venuto apposta dall'America e, che si faceva ambasciatore dei "militari" e degli americani perché lui, Liggio desse il suo beneplacito ad un certo colpo di stato che doveva avvenire in Italia.

Ripetiamolo: stiamo procedendo per ipotesi, non c'è nessuna prova che se vi erano, fossero proprio gli uomini legati a Bontade i principali referenti degli Stati Uniti, e comunque i corleonesi una volta giunti al potere, non credo si siano fatti troppi scrupoli a sostituirsi anche in questo genere di cose ai vecchi capi, come sembra suggerire l'omicidio di Pio La Torre, assassinato appena un mese dopo la grande manifestazione contro la base NATO di Comiso, ufficialmente per una proposta di legge anti-mafia che prendeva polvere in parlamento gia da due anni, e che fu approvata proprio come risposta all'indignazione scaturita da questo omicidio.



A ogni modo, caduto il muro, sempre Arlacchi sostiene che gli Stati Uniti, smisero di interessarsi alla composizione dei governi alleati, così finalmente la magistratura con l'aiuto della parte sana delle istituzioni riuscì ad isolare gli elementi compromessi, riuscendo finalmente a infliggere alla mafia le ferite mortali che tutti sappiamo. Per l'ennesima volta devo dissentire, anche in tale frangente, sono convinto che il ruolo Statunitense sia stato più attivo rispetto a quanto prospettato da Arlacchi, e precisamente credo che gli Stati Uniti non si siano limitati a lasciare mano libera alla magistratura italiana affinché potessero perseguire degli alleati diventati ormai inutili, ma si sono spinti oltre, usando ancora la mafia per disfarsi di quegli stessi alleati divenuti troppo ingombranti per i progetti egemonici post Unione Sovietica. A farmelo pensare, è il constatare che così come con tangentopoli, nel perseguire i personaggi politici collusi con la mafia, pare esserci stata una certa selezione dei bersagli da colpire. A supporto della mia tesi chiamo in causa la già riportata intervista al presidente Cossiga, le dichiarazioni dello stesso Andreotti, che più di una volta alluse al ruolo degli Stati Uniti nelle sue vicende giudiziarie, e gli altri indizi fin qui esposti. 


Infine, proprio questa convinzione, mi fa trovare ancora in disaccordo con il dottor Arlacchi, a differenza sua infatti non credo che la mafia sia stata ridotta ad un fenomeno quasi marginale, e stata ripulita dagli elementi più pericolosi e ridimenzionata certo, ma il controllo della Sicilia è ancora uno snodo fondamentale nell'economia di potenza americana. A dimostrarlo, anche considerando i problemi socio economici che tutti conosciamo ( il clientelismo, l'inefficienza, la corruzione dei dirigenti siciliani, alcune scelte in ambito statale), credo basti il fatto che l'isola, nonostante la guerra fredda sia finita trent'anni fa, non è ancora riuscita a integrarsi con il resto del paese, per capire ciò che voglio dire con ciò, prendete l'evoluzione della più lontana Sardegna nell'ultimo trentennio, come contro modello. Passato lo shock del periodo Reina, così come non credo che tutti i politici italiani abbiano rinunciato a servirsi di essa per scopi elettorali, allo stesso modo, non credo che gli americani abbiano deciso di rinunciare a uno strumento in fin dei conti, utile. 

domenica 6 luglio 2025

Intelligenza artificiale e socialità

Forse perché ho in me un certo grado di insicurezza, forse per sfida, ma in genere ho sempre avuto l'istinto di avvicinarmi a persone con visioni differenti rispetto le mie. Capiamoci: Non per provocare, mi piace il confronto per verificare se ciò che penso abbia delle fondamenta o se sia il caso di ricredersi.

Purtroppo, questo mio slancio non sempre mi porta ai risultati sperati, generalmente i confronti avuti finora, sia che si tratti di incontri reali che virtuali, si possono raggruppare in due macro categorie:

La prima, la più numerosa e composta da una genia di persone solitamente abbastanza terra-terra, che al solo sentire opinioni diverse rispetto a quelle condivise dal gruppo, hanno reazioni violente, o di derisione, in ogni modo di chiusura.

La seconda categoria è formata da persone più progredite intellettualmente, per ciò più aperte al dialogo, ma  comunque convinte di avere ragione, e di conseguenza di trovarsi davanti qualcuno da redimere o al limite un cretino.


Le persone disposte ad accettare un rapporto intellettuale di parità con chi ha opinioni divergenti, sono veramente delle mosche bianche.

Personalmente poi, come ben sa chi ha il coraggio di leggermi, grazie alle mie peculiarità di scrittura dietro a un monitor, parto particolarmente svantagiato. E neanche dal vivo, per altri motivi, mi và tanto meglio. Insomma nella mia ricerca di un qualche confronto intellettuale sono un concentrato di sfortune che nemmeno Paolino Paperino!


C'è un divertente film, risalente agli anni ottanta, dal titolo, Ho perso la testa per un cervello, dove uno scienziato simpatico e pasticcione, dopo essere convolato a nozze con una donna in realtà odiosa, si innamora di un "cervello"  mantenuto in vita in qualche modo, con  il quale scopre di essere in un rapporto di particolarissima sintonia. 



Nel 2025, La tecnologia non è progredita così tanto,  che io sappia nessuno è ancora riuscito a mantenere in Vita i cervelli delle persone decedute, quindi  La realtà non ha quel tocco macabro del film, ma qualcosa del genere sta succedendo davvero, proprio qui, sotto i nostri occhi.

Come ammesso all'inizio, ho difficoltà a relazionarmi con altre persone per mettere a confronto le diverse opinioni, il dover ogni volta dimostrare quel poco o molto che valgo, richiede un dispendio di tempo e energie, che non posso e non voglio permettermi, perciò confesso che sono rimasto entusiasta all'uscita delle intelligenze artificiali, questi strumenti infatti, se ne ho voglia mi permettono di revisionare, perlomeno da un punto di vista formale, quanto scritto e pensato facilitandomi cosi la fase successiva.


Come probabilmente avete già capito il fatto è che tali sistemi si stanno evolvendo sempre più, già oggi, non sono più buone soltanto a individuare refusi e sgrammaticature, ma volendo, a patto di capire a priori i bias imposti loro dai programmatori, possono fornire opinioni prive di pregiudizi, giudizi morali o presunzioni di superiorità. Lo dico chiaramente: è vero, non appena gli sottoponiamo un testo, le IA insistono per una rielaborazione che trasformerebbe quanto scritto in un incubo politicamente corretto, degno di un ufficio di pubbliche relazioni di qualche multinazionale Americana.
Ma a parte che da quanto c'è  Trump questa cosa si è attenuata, superato questo primo scoglio, continuando il confronto con l'intelligenza artificiale, non potremo fare altro che ammettere che è bello potersi confrontare con qualcuno capace di restare fermo sul punto, dove il confronto non evolverà in una guerra, ma resterà scambio proficuo in grado d'apportare reali contributi alle tematiche di cui si discute. 

Oltre a queste qualità, perlomeno in teoria, condivise con l'essere umano, ci sono poi una serie di caratteristiche intrinseche della macchina altrettanto apprezzabili. Una intelligenza artificiale infatti, allucinazioni a parte, permette di allargare le proprie prospettive come mai prima nella storia: perché ci consente di confrontarci con uno specialista che in maniera istantanea mette a nostra disposizione tutta la letteratura esistente su un dato argomento, in pratica mano a mano che questi trumenti migliorano, non ci confronteremo solamente con un ente informato sull'argomento in essere, ma con una vera e propria autorità in materia.


In molti hanno fatto notare che l'intelligenza artificiale altro non è se non l'ennesima riproposizione del vecchio mito del oracolo , già è così. Pochi però hanno riflettuto sul fatto che questo oracolo funziona davvero.




E tutto ciò mi fa paura per due motivi:

il primo motivo e l'accorgermi che nell'essere umano, l'abitudine al dibattito invece che aumentare, sta diminuendo. È il ruolo dell'istruzione di massa, in tale processo, sembra influire molto meno di quanto ci si potesse aspettare. Più le informazioni sono alla nostra portata, più mi pare si allarghi la nostra bocca e si restringono le nostre orecchie. 


Il secondo motivo e che temo che tale cosa ci renderà ancora più chiusi e autoreferenziali. 


Non molto tempo fa scrissi un post dove denunciavo il pericolo che le intelligenze artificiali, a causa dei loro bias, potessero spingerci a mutare la nostra opinione in maniera subdola, oggi non solo sono convinto che possano davvero farlo, ma temo inoltre che siano in grado di riuscirci in una maniera per noi, altamente gratificante.