A casa nostra mio papà aveva un accappatoio da doccia marrone, per me molto anonimo, infatti le piastrelle della stanza da bagno di casa nostra erano dello stesso colore, e quando lo indossava sembrava quasi un volere confondersi con l'ambiente, un conformarsi con esso, qualcosa privo di vera personalità. Quando mi sono sposato e trasferito in casa mia, ho acquistato un accappatoio rosso fiammante, spiccava molto nell'ambiente, nonostante lo avessimo lavato la prima volta che lo indossai, mi riempi di pelucchi rossi, così pure la seconda ed anche la terza, da allora dopo averlo lavato lo riposi in un armadio ed adopero anch'io un bel accappatoio marrone.
Quando morì mio nonno, mio padre aveva circa trentaquattro anni, ricordo ancora nitidamente che mi fece specie vederlo piangere. All'epoca avevo circa sette anni e mio papà era per me l'adulto per antonomasia, qualcosa di completamente diverso da quel me bambino, quasi fosse fatto di una sostanza diversa. Nonostante quell'episodio avesse scalfito le mie granitiche certezze per ancora molto tempo questa distinzione tra il me infante e " loro adulti" fu nitidissima.
Forse è per questa solo percepita differenza che i genitori deludono in qualche modo i figli quando crescendo, ci accorgiamo che anche loro sbagliano, sono Fallaci, e soggetti alla balia del caso esattamente come noi. Ed è questo, come dire questa loro mancata universalità, qualcosa che difficilmente si riesce ad accettare e soprattutto perdonare.
Io credo perché frantuma uno dei più bei sogni dell'infanzia; quella falsa speranza che una volta cresciuti avremmo capito tutto, o quasi. forse invece, perché man mano che scopriamo questa loro fragilità, così simile alla nostra, viene a mancare in noi quel pilastro in cui speravamo di trovare appoggio nelle decisioni difficili che l'esistenza inevitabilmente ci parerà di fronte, non lo so e penso che questo sia uno di quei misteri che più che l'esattezza della scienza, l'intuizione del mito può aiutare a decifrare; mi riferisco ad Edipo e i suoi emuli; l'assassinio del padre per prenderne il posto ma, al contempo sperare neppure tanto inconsciamente, che il più presto possibile, anche la nostra progenie faccia lo stesso per rinforzare le fila, augurandosi che il figlio non abbia più bisogno di essere sorretto ancora per molto, per essere portato avanti, ma ci offra un braccio a cui aggrapparci per avanzare sulla strada della vita.
E mentre scrivo tutto questo penso alle mie figlie, e come in qualche modo vedono me e mia moglie, assieme a tutti gli adulti che gli sono cari come rocce a cui aggrappare la loro esistenza, ed anche se so che non è giusto e nemmeno lecito, penso come sarebbe bello e liberatorio spiegargli di non prendersela se anche noi sbagliamo, perché anche se un po' più grossi, in fin dei conti siamo anche noi, assieme a loro, come quei pollini leggeri trasportati dal vento, nell'oscura immensità che é la vita.
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