martedì 28 ottobre 2025

Nebiosi pomeriggi




Erano belli quei pomeriggi grigi,
Come usciti da un orologio rotto,
Aspettando i passi sulle scale.
Il vociare degli adulti,
l'odore di cucina, le risate.

Il tempo ha fatto preda di quei giorni:
allora parevano immensi,
adesso soltanto le ombre.
Resta, ultimo rifugio, 
un moto di pensiero.

Una mosca



Ottobre inoltrato, e sul tavolo due mosche. Fastidiose come tutte le mosche, ma più vecchie, più anziane. Gli antichi, le mosche autunnali, le credevano incattivite, rancorose per la vita che le abbandonava. No, sono solo più lente, più vecchie. Attonite davanti il proprio destino. Come un cane o come un Cristiano.

Sullo stesso tavolo, un piatto pieno di briciole di torta: la mosca vi si fionda, ancora per un'ultima volta, incurante dei giganti che un tempo le parevano così lenti. Adesso la fame e la stanchezza sono a suo sfavore. Giorni andati, d'estate, con quegli occhi e quelle ali, pareva che il mondo fosse suo. Ali e occhi come pochi altri esseri nel mondo.  Ancora: gli antichi pensavano che le mosche fossero figli del demone, tanto erano potenti gli insetti fastidiosi. A vederle adesso l'impressione è confermata; figlie di un diavolo ingannatore, che prima esalta e dopo distrugge. 

Allora tanto vale catapultarsi fra le briciole e li far concludere il destino. Così avrebbe sentenziato l'insetto, se capace di pensiero. Ma per tanto, basta l'istinto a giungere a analoga conclusione.


Lì, io colgo il fastidioso scocciatore di certe dolci mattine estive, dei miei pomeriggi d'ozio. Mi basterebbe allungare la mano, meglio ancora la paletta! E farei vendetta del loro ronzare inopportuno, di tutte le loro intromissioni maleducate. Ma proprio sul più bello, io esito; che onore c'è nel concludere così l'antica battaglia. Troncare sul più bello il saziarsi del insetto, oramai Vecchio e affamato. 

Non c'è forse più giustizia nell'accordare tregua, e concedere così alla povera bestiola, la gioia di un ultimo pasto, forse l'unico tranquillo di tutta un'esistenza? 

venerdì 24 ottobre 2025

Ancora sul declino americano


Ieri sera ho ascoltato una conferenza interessante di Lucio Caracciolo, dove il famoso studioso geopolitico, abbandonati certi sorrisini di commiserazione, non solo riconosce che la grave crisi che gli Stati Uniti stanno vivendo è cosa più seria di quanto si vuole far credere, ma addirittura la diagnostica non come un declino, magari rapido, ma come un vero e proprio crollo.

Finalmente! Dico io, adesso anche qui da noi, forse, si smetterà di parlare di sesso degli angeli. Capisco che ormai il solo nominare la Russia senza inventarsi qualche altra improbabile malattia da affibbiare al suo presidente, classifichi automaticamente chi lo fa come putiniano. E che se si parla d'America, l'ordine di scuderia è di rappresentarla come una forte e felice nazione, purtroppo momentaneamente tenuta in ostaggio dal malvagio Trump. È a onor del vero,  in tal senso anche il direttore di Limes, nonostante si sia sempre mosso con intelligenza, ha dovuto pagare la sua libbra di carne.  Ma uno studioso che vuole continuare a chiamarsi tale, prima di tutto nel rapportarsi con i fatti, deve dotarsi di una lente interpretativa onesta e indipendente, non degli stessi occhiali che chi è interessato a controllare la narrazione gradirebbe fossero sul naso di tutti.  È in tal senso confesso che la mia stima, va verso il povero professor Orsini, che nonostante le tonnellate di fango che gli hanno spalato addosso, alla fine dei conti, se andiamo a ripescare le sue previsioni sono molto più in linea con ciò che poi è effettivamente avvenuto.



Tuttavia, nonostante abbia apprezzato il cambio di passo, devo dire che una prognosi così nefasta mi lascia alquanto perplesso. Vero che la situazione in America è piuttosto seria: da un lato il declino relativo rispetto alle nuove potenze emergenti. Dall'altro, perlomeno dal duemila in poi tutta una serie di presidenti assolutamente inadatti alle sfide che le contingenze storiche prospettavano davanti.  E a dirla tutta, le stesse politiche di Bill Clinton se giudicate col senno del poi non si sono rivelate così lungimiranti. Continuando, anche sul piano sociale, l'America non se la passa tanto bene, i vecchi conflitti, mai risolti, stanno venendo a galla tutti in blocco, e fenomeni come la polarizzazione delle posizioni ne stanno facendo nascere di nuovi.

Però, appunto, nonostante le difficoltà non mancano, mi pare che stavolta Caracciolo nel dare per spacciati gli Stati Uniti, anche se solo per provocazione, pecchi dal lato opposto. La potenza militare del paese è fuori discussione, la sua moneta, nonostante i colpi autoinflitti, detta ancora legge e sul piano scientifico e culturale, gli Stati Uniti rimangono il faro del mondo. Nel mentre i suoi rivali fanno tutt'ora fatica a tenere il passo, la Russia benché non sia più quella degli anni novanta, soffre di alcune debolezze che gli eventi degli ultimi anni hanno chiaramente evidenziato, mentre la Cina rimane ancora inchiodata alle sue coste, dimostrando che il "contenimento" americano regge ancora. Comunque ho già scritto sia di quali sono a mia opinione gli assi che l'America ha ancora da giocare, sia dei motivi per cui questa crisi è particolarmente grave, a ragione di ciò non starò a dilungarmi. 


Invece mi piacerebbe provare a ipotizzare quali sono le strategie,  un po' spontanee, un po' pilotate dall'alto, che l'America sta provando ad applicare per provare a salvarsi. Intanto diciamo subito che cercare di puntellare il primato tecnico scientifico, e riportare la produzione a casa è una cosa talmente ovvia che non la definirei nemmeno una strategia, ma un semplice atto dovuto. Detto questo mi pare che le principali strategie,  finora emerse siano tre. Non si tratta di un numero casuale, visto che secondo me operano su piani differenti, ovvero: culturali, geopolitici e sistemici. Ma esaminiamole meglio:

La prima, quella più delirante consiste nel fare una specie di rito di purificazione collettivo. Questo per me, sono fenomeni come l'ideologia woke (ma anche il movimento m.a.g.a.)  e simili. Un'isteria di massa, alla quale gli americani cadono spesso preda quando si trovano davanti a qualche crisi. Poco importa se i presunti nemici si chiamano: streghe, negri (nel sud dopo la guerra di successione), comunisti o maschio bianco etero. Lo scopo mi pare chiaro il ritrovare una coesione sociale dopo aver redento o epurato i cattivi. Un lascito del puritanesimo.

La seconda strategia, anche questa in qualche modo ricorrente consiste nello spostare l'attenzione sul nemico esterno. La strategia del primissimo Trump con la Cina. Ma anche quella sia dei neocon, che dei democratici di Biden contro la Russia ( ai tempi, subito dopo che si insediò, ebbi gioco facile a predire che quel presidente ci avrebbe riportato indietro in una nuova guerra fredda).

 
La terza strategia, sicuramente la più ambiziosa, è quella che sta provando a mettere a segno il blocco di interessi che supporta la presidenza Trump, un insieme eterogeneo di settori economici, politici e culturali che hanno trovato in lui un veicolo utile, ma di cui la presidenza stessa è solo la parte pubblica e sacrificabile, come dimostra il fatto che tale processo, anche se in modo più defilato, è andato avanti anche sotto la presidenza Biden. E a mio vedere, consiste in una riforma in toto del sistema di governo con un'accentramento dei poteri. qualcuno forse ricorderà che ne accennai già, cercando di spiegare cosa questo avrebbe comportato per noi. Precisamente quando scrissi che con la crisi dell'egemonia americana, le libertà democratiche di cui gli stati satelliti come il nostro godevano, erano destinate a contrarsi, perché l'egemone avrebbe accorciato la cinghia. 


Ma questa contrazione non è destinata solo agli stati clientes, la causa principale del male di cui soffre l'America è interna, ed è lì che bisogna intervenire. Stiamo parlando Più precisamente dell'estrema frammentazione dei poteri e dei relativi interessi che ha colpito gli stati Uniti negli ultimi decenni, Insomma una società democratica può mandare avanti uno stato finché tutti si naviga grosso modo verso la stessa direzione, ma quando iniziano a circolare idee come: "la società non esiste, esistono solo gli individui", o che: "le aziende devono rendere conto solo ai propri azionisti", anche le superpotenze iniziano ad arrancare.

Quando si è al centro del mondo, il fatto che la classe che gestisce il denaro, compresa la propria, sia globalista, è una buona cosa, perché da che mondo è mondo, questo genere di flussi si muovono dalla periferia verso il centro. Ma in un mondo sempre più multipolare, questo tipo di gioco comincia a essere rischioso.  Specialmente senza un nemico percepito come tale che aiuti a tenere tutto unito. Va bene che la cultura anglosassone promuove la filantropia, ma con l'elemosina non si manda avanti una nazione, specie se questa ha ambizioni egemoniche. 

Quindi, l'obiettivo è quello di far tornare a coincidere, per quanto possibile, gli interessi della varie classi sociali, in special modo della classe dirigente del paese, con quelli della nazione nel suo insieme. Francamente in questo processo faccio fatica a prevedere se alla fine saranno gli oligarchi delle classi dirigenti, a rinunciare ad alcune loro prerogative e fonti di guadagno (soprattutto quelli derivati dalla sovraestensione del paese), per provare una nuova ripartenza. Oppure per l'ennesima volta sarà la nazione, a piegarsi ai loro interessi,  magari prendendo una banale deriva autoritaria. l'America è il paese delle libertà, ma che il massimo rappresentante di questa scuola di pensiero, sia un palazzinaro di New York,  non mi fa ben sperare.


Comunque, passando oltre simili dettagli, se dettagli si possono chiamare, quello che si sta cercando di fare, per arrivare a tale obiettivo mi pare abbastanza chiaro: le pressioni sulla corte suprema, la delegittimazione del congresso, la decapitazione di alcuni enti e la soppressione di altri, non sono solo gli effetti delle schermaglie tra Donald Trump e gli apparati americani, ma qualcosa di molto più serio: il tentativo di rifondare lo Stato americano, adottando nuovi principi e strumenti ritenuti più adatti a gestire le sfide dei nostri tempi. Se volete, un po' quello che avvenne a Roma quando si passo dalla Repubblica all'impero. Il paragone può sembrare azzardato, soprattutto se confrontiamo il valore umano degli attori coinvolti. Ma il meccanismo, la concentrazione dei poteri in risposta al caos è sorprendentemente simile. Naturalmente che questa transizione riesca, è ancora tutto da vedere, anche perché, per l'appunto ai tempi il capo dei populisti si chiamava Cesare, mentre il nostro si chiama Trump. Ma tant'è, la storia sa essere una gran burlona. 



giovedì 16 ottobre 2025

Sulla strage di Castel d'Azzano

Niente, ma per me come si sta facendo passare la tragedia dei tre carabinieri morti e degli altri quindici tra le forze dell’ordine feriti non è accettabile.

Innanzitutto per le persone morte. Non che uno che sceglie di fare un determinato mestiere certe evenienze non le metta in conto. Ma se un militare deve proprio rendere l'anima prima del tempo, spera magari di farlo da eroe, non certo per sfrattare tre individui semi deficienti, per conto di non so quale banca.

È proprio qui che sta l'altra cosa che proprio non mi va giù; davvero servivano una ventina di persone tra militari e forze di sicurezza, per buttare fuori dalla loro casa tre vecchi al limite della semplicità mentale?  Si, avevano precedenti, avevano anche minacciato gesti inconsulti. Infatti l'operazione dove si è verificata la strage serviva per bonificare il casolare da eventuali pericoli.  Ma ciò non invalida quanto voglio dire. Anzi lo rinforza. Tanto è vero che l'assedio alla casa dei Ramponi, invece di evitarla, ha concretizzato la minaccia paventata dai fratelli. Non sono un esperto di queste cose, e per giunta parlo col senno del poi, quindi magari questa è la procedura standard e non si poteva procedere altrimenti. Ma a pelle mandare una mezza brigata, per perquisire la casa di tre individui, con fragilità conclamate, mi pare una scelta poco lungimirante. Forse un azione meno appariscente sarebbe potuta essere più efficace, e in questo senso non penso vi fossero problemi di costi. Visto che comunque mandare venti uomini, alcuni appartenenti a reparti speciali, non deve essere stato proprio economico.

Che i tre stragisti non fossero delle volpi, non ci piove. Lo dimostrano i fatti; se così non fosse, avrebbero lasciato volentieri quella stamberga alle banche,  invece di rovinarsi definitivamente, rovinando altre vite, potevano occupare qualche abitazione più moderna e confortevole, lasciata incustodita da qualche altro disgraziato come loro. Sicuro, avessero scelto questa strada si sarebbero sistemati rischiando molto meno.


Ma no! Lasciamo da parte sfoghi e polemiche. Questo non è il caso. Il fatto e che un certo buonismo impedisce di chiamare le cose con il loro nome. Ma allora come si fa a ragionarci attorno! 

Intanto, i tre, se li si chiama deficienti, non è per insultarli, ma per sottolineare la mancanza del minimo senso pratico e della misura. Non stiamo parlando di gente cattiva ma di persone perse! Basta guardarli per dimostrarlo; vivevano in un ambiente culturalmente arcaico, probabilmente al confine dell'analfabetismo, anche per questa loro ignoranza, si sono lanciati in investimenti imprudenti, per poi indebitarsi con le banche. O forse sono stati proprio i guai con le banche a ridurli così; sempre in tenzione come animali braccati, apatici a tutto il resto. Attenzione, per tale esito, non voglio colpevolizzare le banche, non è che adesso il funzionario che concede i prestiti, può fare anche da psicologo e misurare il quoziente intellettivo, di ogni ipotetico cliente.


Però, invece sarebbe doveroso che la società consideri queste situazioni e in qualche modo le tuteli. Perche se è insensato e ingiusto che tre carabinieri finiscano uccisi con altri quindici all'ospedale, nell'espletamento del loro dovere. E altrettanto insensato che tre vecchi, alla loro età e condizione siano costretti ad abbandonare la loro casupola e il loro fazzoletto di terra, a causa di un mondo che pur potendoselo permettere non conosce pietà. 


La questione non è facile, personalmente mi considero moderatamente libertario, mi parrebbe altrettanto orribile l'idea di uno stato che vieti a determinate persone la possibilità di fare ciò che gli pare con i propri risparmi. Ma con una povertà in aumento costante, casi di vecchietti che perdono la casa e si suicidano buttandosi dalla finestra, come quello di settimana scorsa. O di altri che invece fanno una strage come questo di cui stiamo parlando. Non possono essere fatti passare, come pur si sta tentando di fare, come episodi isolati. 


Ne tantomeno, seppur anche questo si sta cercando di fare, si può indirizzare tutto il biasimo verso gli esecutori materiali di quelle azioni. Per restare al caso specifico: si, loro hanno piazzato e innescato le bombole, ma sono l'ultimo anello di una catena che ci riguarda tutti. 
Ammettere che la nostra società soffre di queste fragilità, e raccontarle per quello che realmente sono, probabilmente non risolverà il problema, semmai situazioni come queste possano essere risolte. Ma resta comunque un passo nella direzione giusta. E ciò è importante, quantomeno per rispetto verso tutte le vite travolte da simili episodi.

sabato 11 ottobre 2025

Farfalle


C'è una farfalla posata sul ramo.
Al mio procedere si fa sospettosa,
ali in allerta.

comprendo il timore; 
è così eterea, 
Pare fatta di vento.
io così enorme,
lei solo un insetto.

Se solo sapesse, l'ingenua, 
è già stata preda.
Ho carpito ciò che agognavo di lei.

martedì 7 ottobre 2025

Cina, un interpretazione




Premesso che non sono un esperto di cose cinesi, quindi quello che dirò va preso come una personale ipotesi di lavoro, non come una verità assoluta. Mi sono deciso a scriverne perché secondo me spiega alcune cose della Cina che qui da noi vengono spesso fraintese. Gli amici esperti di questi argomenti mi perdoneranno anche qualche inevitabile generalizzazione, ma l'obiettivo è far passare il concetto, non fare un corso di storia.


In genere chi si avvicina allo studio del gigante asiatico, resta stupito di una cosa: la sua straordinaria continuità culturale e istituzionale nel corso dei secoli, più di cinquemila anni secondo la tradizione, almeno tremilaseicento secondo gli archeologi. Nessun'altra civiltà può reggerne il confronto; l'Egitto si è avvicinato con i suoi tremilacinquecento anni, ma ormai è morto da millenni, gli ebrei come popolo ci sono ancora, ma la diaspora ne ha stravolto istituzioni e in parte la cultura. La Chiesa Cattolica, l'istituzione più antica ancora esistente, come civiltà cristiana ha "solo" due millenni, quasi tre se gli riconosciamo continuità con la civiltà greco-romana. Comunque lontani dal record cinese. La Cina è un unicum, nessun altro popolo può vantare una persistenza così lunga e una tale coerenza identitaria sullo stesso territorio nucleare.

Anche i cinesi sono consapevoli di questa loro peculiarità, che ha alimentato una visione del mondo fortemente sinocentrica, probabilmente certi stereotipi occidentali di una Cina chiusa su se stessa sono eccessivi; gli storici sanno che in realtà l'impero di mezzo, specie sotto dinastie non Han, aveva una fitta rete di scambi commerciali e in alcuni periodi della sua storia, capitali come Chang'an, che per cosmopolitismo poco avevano da invidiare alla moderna New York.  Tuttavia è anche vero che hanno sempre visto il mondo esterno come un qualcosa di barbarico e a ragione, forieri di minacce, non a caso, per i più, il monumento simbolo di questa civiltà è un muro! 

Nel corso dei secoli infatti si sono dovuti difendere da numerosi tentativi di invasione. La più famosa, che rischiò di stravolgere il mondo cinese, fu quella mongola nel 1211. Dal canto loro, forse il più serio tentativo di avventurarsi fuori dal loro mondo, fu con l'ammiraglio Zheng He, sotto i Ming, la dinastia che scacciò gli invasori mongoli. Un'impresa straordinaria ma effimera, Zheng riuscí nel corso dei suoi viaggi a instaurare una vasta rete di relazioni con stati tributari, ma alla morte dell'imperatore, visti gli alti costi delle spedizioni, alla fine i cinesi preferirono smantellare la flotta e concentrarsi sui problemi interni.


Un'altra grave minaccia, se possibile ancora più insidiosa dell'invasione mongola, sconvolse la Cina e tutto l'estremo oriente a metà dell'ottocento con l'arrivo dei colonizzatori occidentali prima e l'invasione giapponese qualche decennio dopo. Un periodo triste e buio per la nazione del dragone, che non a caso viene ricordato come il secolo delle umiliazioni. Questo fu un periodo di guerre e sconvolgimenti che la misero a dura prova; le guerre dell'oppio, la rivolta dei boxer, la fine del dominio imperiale, eccetera. Davvero l'orgogliosa Cina, per riuscire a sopravvivere, ha dovuto guardarsi dentro e umiliarsi, ammettendo a sé stessa, che secoli di isolamento l'avevano fatta rimanere indietro, e adesso i popoli barbari in molte cose gli erano superiori.

Il passo successivo è forse conseguenza di questa ammissione, o forse fu l'esempio dell'invasore giapponese. Sta di fatto che appunto, così come il Giappone prima di loro, anche la Cina capì che se volevano sopravvivere come civiltà, prima di tutto occorreva occidentalizzarsi, e per fare ciò la Cina aveva davanti a sé due modelli: quello nazionalista a imitazione dei Giapponesi (che poi con la sconfitta dell'asse, evolverà in un sistema capitalistico all'americana) oppure il modello comunista.




Adesso prima di continuare, c'è da comprendere un concetto fondamentale: la cultura cinese è forgiata dal confucianesimo. Per i cinesi, concetti come l'autodeterminazione dell'individuo e la libertà sono sí valori presenti, ma interpretati in maniera profondamente diversa rispetto all'occidente. Per il cinese, la libertà, non vuole dire autonomia assoluta dell'individuo, ma piuttosto la possibilità di realizzare se stesso all'interno del tessuto sociale.  Di conseguenza, questi ideali individuali sono generalmente meno rilevanti e prioritari rispetto al concetto di "armonia sociale", ai doveri verso la propria comunità e all'adempimento dei propri ruoli relazionali. Una visione del mondo, più adattabile, con i dovuti aggiustamenti al sistema comunista, che al nazionalismo o al capitalismo.

Ed è per questo che Mao ha vinto; si dice spesso che Mao riuscí a sbaragliare i nazionalisti, perché i suoi fossero più organizzati e godevano di maggior sostegno popolare, ma chiedetevi, perché?

La risposta è che i comunisti ebbero più sostegno, perché il loro sistema era più comprensibile alla popolazione. Spesso si sente dire che quello cinese non è vero comunismo e in un certo senso è vero; che Mao ne fosse consapevole o meno, il suo comunismo fu un mezzo con cui la Cina riuscí a occidentalizzarsi senza stravolgersi e a traghettare  la "cinesita" nel mondo moderno, perché quello che davvero interessava ai cinesi era di rimanere tali. La posta in gioco non era solo la vittoria di un'ideologia, quanto la sopravvivenza della propria identità. Sì, questo processo non è stato indolore: il maoismo ha demolito simboli, istituzioni e pratiche tradizionali. Ha distrutto templi, clan, gerarchie confuciane, migliaia di vite. Ma sotto la superficie, i valori di fondo della cinesita: centralità dello stato, primato della comunità, armonia sociale, sono rimasti. È anche vero che oltre al comunismo la Cina ha adottato molti altri principi dall'occidente, che ancora oggi permangono. Ma il processo è ancora in essere, e più si avvicina alla meta, più si libererà delle sovrastrutture inutili, che non vuole dire buttare le bandiere rosse alle ortiche,  ma che quelle bandiere, con buona pace di Mao, saranno tessute con la cara e vecchia seta. Perché ogni ideologia, in Cina, finisce sempre per diventare cinese.

giovedì 2 ottobre 2025

Sulla deresponsabilizzazione della donna

Premesso che il succo di quanto dirò, con i dovuti distinguo,  credo sia valido anche per i maschi, vorrei cominciare con una storiella letta l'altro giorno su un social network.

Bene, c'era questa signora che lodava il comportamento del marito, perche a seguito delle reazioni di apprezzamento scomposte di altri due uomini. Quando lei gli ha chiesto se avesse esagerato a indossare un abito così provocante, quest'ultimo le ha risposto che lei era libera di vestirsi come gli pareva, erano semmai i due individui ad essere due cafoni ignoranti. Naturalmente anche i molti commenti al testo originale erano tutti elogiativi verso un marito così civile. 

Lungi da me voler giustificare certi comportamenti inappropriati. Personalmente trovo questo episodio illuminante di come si sia stravolto il senso delle fiabe: una volta quest'ultime servivano per mostrare come anche in un mondo da fiaba, appunto, il male e l'errore fossero dietro l'angolo. Adesso invece, storie come queste, servono esattamente per lo scopo contrario: insegnare che, sconfitti i pochi malvaggi superstiti, anche nel mondo reale, il bene trionfa. E che la volontà umana è qualcosa di tenace, addomesticabile dalla nostra razionalità.


Torniamo all'episodio di prima.
Nessuno mette in dubbio che la signora abbia tutto il diritto di vestirsi come più le garba, senza che ciò fornisca attenuanti a chicchessia.  Ma ribadito questo, per quanto lo si vorrebbe negare, il vestirsi è un modo di comunicare, e se comunichiamo in pubblico, non possiamo pretendere che chi ci circonda si tappi le orecchie (o gli occhi),  perché il messaggio che vogliamo trasmettere è rivolto a una specifica persona, se non addirittura solo a noi stessi. 

Una volta concordato che noi esseri umani, in ogni nostra azione e comportamento,  trasmettiamo messaggi, e che questi possono essere captati anche da destinatari a cui non sono rivolti. Allora, evitare fraintendimenti è anche per noi medesimi una forma di protezione. Il fatto è che oggi si pretende da sé stessi più di quanto è umanamente esigibile. Per restare in tema, ad esempio, una volta le donne e gli uomini già impegnati, avevano look e indossavano abiti diversi rispetto a chi era libero da vincoli. No, non era (solo) un imposizione patriarcale, ma un modo di evitare tentazioni. Perché si, può anche darsi che la quasi totalità di certi approcci sia solo fastidiosa, ma per la legge dei grandi numeri prima o poi potrebbe capitare l'avances fatta nella maniera giusta, che metterà a dura prova la nostra forza di volontà, magari un periodo difficile col partner, la paura di invecchiare, la semplice noia...

Non è solo questo, ovviamente, ma la scelta di sposarsi alla fine risponde anche a logiche di costi/benefici.  la persona scelta, anche se inconsciamente, è quella che in un campionario, comunque limitato se paragonato alla popolazione mondiale, risponde meglio alla domanda: Qual è la persona più idonea per costruire insieme una relazione duratura? È probabile, anzi certo che se poniamo la domanda: qual è la persona più adatta per  un'avventura di una sera? il candidato sarà un altro, magari meno intelligente e affidabile, ma più divertente, atletico e così via. 


Anche le dinamiche all'interno di una relazione seguono le stesse logiche, se ci si impegna in un legame stabile, oltre naturalmente all'affetto, è anche per dirottare le proprie energie in altri progetti oltre al corteggiamento; i figli, la sicurezza economica, eccetera. Questo fa sì che i rapporti di coppia si modifichino e che certe attenzioni, anche se vi si è rinunciato consapevolmente, inevitabilmente manchino.

Quello che la vulgata oggi vuole far passare, e che quelli che approcciano una donna vestita in un certo modo sono tutti dei maleducati, ma questo non è vero, in realtà, scartati i maleducati, tale pratica e una normale forma di corteggiamento, perciò come già detto prima, se si insiste su una certa via, potrebbe arrivare qualcuno che saprà fare il complimento giusto. Sì, una persona adulta, è capace di controllare certi istinti, ma è come tenere la nostra torta preferita in frigo, in bella vista quando decidiamo di iniziare una dieta, la prima settimana ok, resistiamo, ma alla decima? 


Non è un problema di non provocare gli "altri", fatto salvo le basilari regole di prudenza, non si discute che spetta comunque a loro rispettare certi limiti. L'abbiamo già detto: non vogliamo giustificare determinati comportamenti . Ma piuttosto sconsigliare di infliggere certe prove a noi stessi.
Rinunciare alla torta in frigo è un limite alla nostra libertà, ma un limite autoimposto per non stressare un obiettivo maggiore: la salute e il successo della nostra dieta. In ultima analisi tutti si sono concentrati sulla risposta del marito, ma essendo la signora una persona adulta dovrebbe sapere da sé se quel modo di vestirsi mette sotto stress qualcosa di più importante e se ne valga la pena.

Ed è proprio per questo che ho riportato tale storiella; perché porta in luce un certo tipo di mentalità dei nostri tempi che mira a deresponsabilizzare le donne. La signora lodando il comportamento del marito, stava nel contempo affermando che non è colpa sua se altri uomini ci provano, a volte in maniera rozza e offensiva, come nel caso raccontato. Ma faccio fatica a credere che non le capitano approcci più garbati e piacevoli, di cui esattamente come nel caso precedente lei è deresponsabilizzata, in fin dei conti lei sta solo vestendosi come più gli grada, ricordate?

Tale deresponsabilizzazione, naturalmente non si applica solo al modo con cui ci si relaziona col mondo, ma se mi permettete una semplificazione, praticamente ad ogni cosa. Dal diritto all'aborto, a quello alla carriera. 

Chiariamoci: evitiamo facili teorie complottiste, o peggio ancora incel, magari certe politiche, in verità visibili anche sul lato maschile, servono a demolire la graniticita di certi ruoli di genere. Battaglia questa anche condivisibile entro certi limiti, per tornare all'esempio, non si può ignorare che nelle società tradizionali, il compito di gestire la sessualità e le tentazioni, era affidato esclusivamente alle donne, mentre gli uomini, considerati incapaci di gestire i propri istinti erano quasi esonerati dal rispetto di un codice comportamentale. Ma qui quello che si contesta non è il fine in sé, ma i metodi, che a mio avviso risultano troppo distruttivi.

venerdì 26 settembre 2025

Economia terminale

Qualche tempo fa, scrissi un post parlando di assicurazioni, denunciando come nel tempo questi contratti si fossero trasformati per i meno accorti in sistemi "spenna polli". 

Purtroppo quel post è stato preso solo come uno sfogo personale, un modo come un'altro per scaricare la frustrazione. Non era questo lo scopo. So benissimo che le assicurazioni sono polizze create con l'obiettivo di garantire i contraenti da rischi fortuiti e accidentali, non una specie di scudo che li proteggerà da ogni evenienza. Quello che raccontando le mie vicissitudini speravo emergesse è il fatto che il concetto di fortuito e accidentale, rispetto a soli vent'anni fa si è ristretto un pochino. 

Una volta, per il cliente era più facile farsi rimborsare se una pianta ti cadeva sulla macchina, senza per forza dover esibire una sfilza di perizie che dimostrino in primo luogo, che l'albero non esibiva segni di cedimento.  In secondo luogo che si, in fondo, un po' rincoglioniti noi lo siamo davvero.

Il succo di quel che con quel post volevo dire, è che c'è una tendenza che prende sempre più piede, il capitalismo si sta trasformando, l'unico suo scopo adesso è fare profitto. Come è sempre stato, a ragione qualcuno dirà. Vero; ma la differenza sta nel fatto che adesso quel profitto, lo vuole a breve, brevissimo tempo, e poco importa se per raggiungere questo fine si rischia di tagliare i ponti col futuro.

Non ci credete?

Lasciamo perdere le assicurazioni.
Parliamo allora di tecnologia. Prendete aziende come Intel e IBM, due giganti del settore, un tempo bastava il solo nominarle, per trasmettere l'idea di innovazione. Bene, oggi IBM è quello che si definisce un'azienda zombi, cioè un'azienda troppo grossa per fallire, ma ormai irrimediabilmente fuori dal giro delle imprese che producono vera innovazione, resta solo un baraccone che si trascina per inerzia, da cui non aspettarsi chissà quali rivoluzioni. E Intel? Provate a leggere le ultime cronache, pare proprio avviata sulla stessa strada. Sapete perché? Per lo stesso identico motivo: per garantirsi ritorni più immediati, invece di concentrarsi sull'innovazione hanno preferito puntare sulla finanziarizzazione, in particolare sulla pratica del buyback ovvero investire sull'acquisto delle proprie stesse azioni, per mantenerne il prezzo alto. IBM addirittura aveva ceduto il proprio settore consumer, il più competitivo (e perciò più ricco di innovazioni) ad un'azienda cinese, la Lenovo.


Se dalla tecnologia ci spostiamo all'intrattenimento il discorso non cambia. Credo che dire che il mondo di Hollywood si sia inaridito sia un affermazione pacifica. Le idee originali si contano ormai su una sola mano, mentre siamo sempre più sommersi da film di supereroi, di sequel e di reboot .


Anche per i videogiochi il discorso è uguale. Ormai anche lì le cifre si sono fatte importanti e gli appassionati sono stati sostituiti da manager. E anche lì da tempo, siamo sopraffatti da grigi sequel che garantiscono pochi rischi e ritorni immediati.

Il discorso si può ampliare praticamente a qualsiasi settore dell'economia, comprese le specifiche, poco cambia. Giusto ieri parlavo con mia moglie (e se ne parlo è perché so che in molti vi si riconosceranno) di come il marchio non sia più sinonimo di affidabilità e qualità; devo davvero spiegare cosa sia l'obsolescenza programmata? Ma non è solo questo, anche comprare certi marchi alimentari oggigiorno non è più indice di garanzia, e che dire degli altri settori.

Un caso paradigmatico di quanto dico mi pare quello della Mercedes. Fino a non molto tempo fa industria simbolo della proverbiale affidabilità tedesca. Bene, proprio la Mercedes una decina d'anni fa nell'apice della sua popolarità ha dovuto fare una scelta: perseguire nella sua strada con motori e componenti sovradimenzionati che ne garantivano affidabilità e durata. Oppure abbassare un po' gli standard per rientrare in una fascia di prezzo che gli garantisse una clientela più ampia...

Naturalmente ha scelto la seconda possibilità. Seguita a onor del vero da tutte le altre grandi case tedesche.

Ma un sistema così, mi chiedo, può davvero funzionare? 
Senza dei parametri fissi, se non la legge che tutti vogliono ottenere il massimo offrendo in cambio il minimo. Ci può essere robustezza sufficiente a reggere un sistema economico complesso come il nostro? Guardate non è una domanda banale. Perché magari ancora riusciamo a capire se la bistecca che ci vendono al ristorante valga il suo prezzo o meno. Ma dubito che in molti riescano a fare la stessa cosa con il microprocessore che devono infilare dentro il proprio computer. E allora, allora senza fiducia vale la legge della giungla, e se la legge della giungla fosse sufficiente a creare civiltà. Ci avrebbero pensato già le scimmie.

Con buona pace di tutti i manager e gli studenti di economia, che mentre scavano la fossa, continuano a propagare il morbo da cui sono afflitti. 




Post scriptum 

Quanto detto può sembrare assurdo, addirittura contrario all'evidenza, se si pensa a quanti soldi spendano al giorno d'oggi le aziende per difendere la loro reputazione. 
Si questo è vero, ma il tipo di reputazione su cui le aziende sembrano concentrarsi oggigiorno è una reputazione di tipo etico-morale. Cioè alle aziende non interessa più di tanto farci vedere come sono bravi a costruire i prodotti che vendono. Ma piuttosto gli sta a cuore farci sapere quanto sono buone e rispettose; dell'ambiente, della diversità, eccetera. Insomma, pare quasi che alla industrie non importa poi molto dare l'impressione di essere costituite da gente che sa fare il proprio mestiere. Ma piuttosto di essere formate da gente con cui passereste volentieri una serata in compagnia.

Tutto ciò in linea col nuovo paradigma economico che si sta cercando di imporre per rivitalizzare l'economia dei paesi occidentali: ovvero le politiche green e la trasformazione dei beni materiali posseduti, in servizi. Paradossalmente anche la scarsa qualità di ciò che si compra potrebbe essere finalizzato a spingere i clienti verso questo nuovo modo di pensare. Se non fosse che queste cattive pratiche ormai sono troppo generalizzate, e tutto si riduce, come dicevamo all'inizio ad una questione di tempo. Quello che conta sono solo i risultati trimestrali. 

Per me è evidente: la colpa di tutto ciò è dovuta alla scomparsa degli imprenditori puri e la loro sostituzione con i manager, più abituati a analizzare dati, piuttosto che capire ciò che producono. Mi pare che anche di questo ho già scritto: il sistema si sta iper-specializzando nel realizzare profitti. È i sistemi iper-specializzati sono destinati a perdere di senso e implodere su se stessi, una legge da cui non si scappa.