sabato 2 gennaio 2021

De architettura

 Oggi  complice la notizia che finalmente qualcuno a Roma si è deciso a ridare una 

pavimentazione al Colosseo, ho iniziato un interessante conversazione con un mio cliente 

architetto, sulla  ristrutturazione integrativa ( recupero stilistico) e devo ammettere che mi 

sono divertito nel vedere i suoi tratti contrarsi mentre gli prospettavo ricostruzioni e aggiunte 

in varie glorie del nostro patrimonio architettonico. Naturalmente la mia era per lo più una 

provocazione, ma senza arrivare agli eccessi transalpini del 1800,  questo sentimento dell'italiano verso il passato è a suo modo emblematico della 

nostra società: da un lato continuiamo a ripeterci  di quanto siamo evoluti e colti rispetto ai 

nostri antenati, dall'altro però non abbiamo il coraggio non dico di rifare ma nemmeno di 

sistemare  quello che quegli "zotici ed ignoranti"  ci hanno lasciato. Questo come dicevo a 

mio avviso è paradigmatico di una certa paura di fondo nelle nostre capacità, paura che 

cerchiamo di mascherare ripetendoci  allo sfinimento di quanto siamo moderni,  ma che ogni 

tanto salta fuori in questo nostro feticismo verso i ruderi, ruderi che anche rispettando le 

nuove sensibilità ed esigenze filologiche potrebbero tornare facilmente a nuova vita, visto 

che in molti di essi non solo spesso abbiamo documentazione certa,  ma spesso anche i 

materiali originali che semplicemente basterebbe allocare al loro posto. Invece li lasciamo 

sull'erba per paura di "rovinare tutto" anche questo mi sembra un segno di quella "cultura 

mortifera" cui accennavo ieri segno che scopre ancora il fianco se prendiamo ad esame 

l'altro lato della medaglia le cosiddette meraviglie dell' architettura moderna. Per esempio 

Milano che ha deciso di " investire nel futuro" e cosa fa? Una città due volte millenaria che si 

mette a scimmiottare megalopoli senza storia, incapace di trasmettere alle nuove 

generazioni una idea meneghina di urbe moderna, scopiazza agglomerati alla moda 

piantumando poveri alberi in posizioni improbabili si vuol  far passare per verde ed 

ecosostenibile ignorando i costi di gestione . O la città dove abito, Cremona che fino a pochi anni fa era di una bellezza 

unica e particolare merito della coerenza stilistica che nel corso dei secoli si era saputo 

preservare. perfino i fascisti e tra questi  il più fascista di tutti, Farinacci nel ridisegnare la 

sua città aveva rispettato l'elemento che più di tutti la caratterizza; quel mattone rosso di cui 

rifulge il suo monumento più caratteristico il torrazzo, e che già  a pochi chilometri cambia 

tono e non è piu lo stesso. Invece i "moderni"  incapaci di vivificare uno stile che era marchio 

e distinzione di una civiltà tutta, hanno dovuto scopiazzare "gli altri" riempiendo il bel centro 

storico di case con improbabili finestre colorate o di affacciate in ferro già arrugginito, già morto, come appunto 

dicevo.

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