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domenica 24 marzo 2024

ho visto cose...



Se dovessi parlare di spiritualità con un conoscente, spiegargli cosa vuol dire possedere un'anima, oggigiorno non parlerei per introdurlo al tema di teologia, per poi magari, tentare di spiazzarlo con l'apologetica. Se dovessi parlare di questi temi con un amico, partirei da un film, un film di fantascienza.

Esiste infatti un film (e un libro, da cui è tratto) che a mia opinione hanno saputo esplicitare queste cose, meglio di qualsiasi altro saggio o trattato, per quanto autorevole esso sia, che nel corso del novecento si sia cimentato su questo tema.

Sto parlando di "Blade Runner", e del romanzo da cui deriva: "ma gli androidi sognano pecore elettriche".  Attenzione ho detto deriva, ma le due opere non sono la stessa cosa, anzi! L'uno è speculare all'altro, in maniera Cosi completa e sublime, da riuscire ad offrirci una prospettiva a tutto tondo su questo fondamentale argomento.

Infatti se il libro ci narrava di un futuro, purtroppo troppo aderente la realtà, dove gli esseri umani sono sempre  più Simili a degli androidi, cioè a delle macchine. Il film ci mostra degli automi ormai diventati completamente umani, e in quanto tali capaci di discernere il bene dal male e pienamente degni del diritto di possedere un'anima, diritto che loro stessi rivendicano ribellandosi al proprio creatore: l'uomo, quest'essere talmente arrogante da voler imitare Dio ma non altrettanto altruista da sacrificarsi per la sua creatura, da volerlo fare diventare "uguale a sé", un Uomo-Dio che travisando quello biblico limita la propria cratura (l'uno vietantogli infatti di assagiare il frutto, l'altro programmandolo per una repentina "morte") ma che a differenza di quest'ultimo, non avendone facoltà, non puo contemplare redenzione alcuna, condannando così le creature all'oblio eterno. Questo vuole significare la scena finale del film  dove Roy Batty, interpretato da un magistrale rutger hauer, Salva la vita a Rick Deckard, per poi subito dopo spiegargli, perché a differenza di una banale macchina, percepisce la propria morte, così come quella dei propri simili, come un ingiustizia, uno sbaglio del creato.

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