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venerdì 14 gennaio 2022

Etica professionale

Verso la metà degli anni 70, quando in Italia iniziarono a spopolare gli anime giapponesi, i giornali nostrani per spiegarne l'abbondanza di produzione, iniziarono a scrivere di mirabolanti computer a disposizione degli studio nipponici, dove bastava inserire uno stiracchiato soggetto, due o tre dettagli e poi lasciare fare alla macchina, che avrebbe sfornato loro il cartone bello che pronto, compreso di sigla, da poter vendere al mondo intero.

Erano altri tempi; il Giappone era terra lontana e sconosciuta e proprio in quel periodo cominciava la sua mirabolante riscossa, che la visto  protagonista della rivoluzione tecnologica, ed anche i computers, anzi i cervelli eletronici come venivano chiamati allora, sembravano macchine capaci di ogni cosa.

L'unica cosa che ieri come oggi sembra rimasta immutata è questo strano modo, pieno di fantasia, di informare il pubblico, da parte della nostra stampa. Anzi no! Qualcosa è cambiato; adesso i giornalisti patiscono una forte concorrenza da parte di soggetti terzi che per distinguerli dagli appartenenti alla categoria vera e propria, vengono classificati come divulgatori di fake news. 


Per verificare basta googlare le parole "computer cartoni  giapponesi" io mi limito a postare qualche link:

https://www.animeclick.it/news/37405-cerano-una-volta-i-cartoni-fatti-con-il-computer-la-storia-vera/0

https://docmanhattan.blogspot.com/2013/05/Capitan-Harlock--cartoni-animati-giapponesi-fatti-con-il-computer.html?m=1

Ricordo che qualche hanno fa, avevo trovato un sito che aveva scannerizzato addirittura l'articolo di un "reportage" in uno di questi "studios informatizati" e descriveva dettagliatamente le varie fasi di produzione, purtroppo ho perso il link.

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