Sono sempre stato scettico sull'alone mitologico che circonda la figura di Pier Paolo Pasolini; a cominciare dalla sua famosa poesia, anzi! Proprio conoscendo i "pettegolezzi" dietro quella poesia, nutrivo un certo pregiudizio per chi manifestava simpatia nei confronti di coloro che per il contesto del periodo rientravano perfettamente nella definizione di "sbirri".
Inutile negarlo per falso intelletualismo o perdersi in sofismi, chi allora difendeva lo status quo il bel mondo antico magari anche in buona fede, in ogni caso restava dalla parte del torto e da Cattolico dico ciò a malincuore; le manganellate volate a vallegiulia erano manganellate contro un mondo più giusto.
Quello che però a me come a molti era sfuggito è che ad un analisi piu attenta, Pasolini nell' individuare una vera diversità quasi antropologica tra quei ragazzi e la classe proletaria che dicevano di voler rappresentare, avesse pienamente ragione.
Sebbene i sessantottini manifestassero per un ideale giusto, almeno a parole il loro mondo era cosi lontano dal mondo che volevano rappresentare al punto tale di averne una visione disneyana e questo Pasolini forse lo aveva capito meglio di tanti.
Non è vero che la sinistra ha tradito la classe operaia, la verita è che questa sinistra espressione matura dei sessantottini, avendo una visione ideologizzata del proletariato, nel momento in cui é venuta a contatto con la realta ne è rimasta cosi scioccata che ha abbandonato ogni idea di emancipazione per quella gente e si è ritirata schifata accontentandosi di indirizzarli come si fa con un gregge; i famosi prolet di Orwelliana memoria, il peccato originale della borghesia.
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