Home Page

mercoledì 10 febbraio 2021

Paura del futuro

In questi ultimi giorni, vi sono state delle belle giornate, un anticipo di primavera tiepida e piena di sole. Nonostante i 

negazionisti climatici, questa tipologia di giornate nell'ultimo decennio si sono fatte forse troppo comuni qui al nord. Ma non è di questo che volevo parlare. 

 

Questo anticipo di bella stagione, mi ha fatto sovvenire alla mente il ricordo di come da bambino adoravo la primavera, soprattutto il suo profumo di erba fresca e bagnata, anticipo di quell'odore forte e  avvolgente di fieno caldo appena tagliato delle serate estive. 

 

Quell'odore, era appunto la promessa di un altro odore, la constatazione fisica che un ciclo di cose inevitabilmente si sarebbe ripetuto.  Nonostante i particolari potessero variare, con tle tragedie piccole e grandi che questo inevitabilmente avrebbe comportato.         Il ciclo generale nel suo insieme, era percepito come positivo, la vita con tutte le sue angustie era cosa degna di essere vissuta, vissuta e donata.  

 

Oggi non è più così. E non mi riferisco a me stesso;  ma alla società in senso esteso. 

Questa società odia il futuro e cerca in tutti modi di procrastinare il divenire. Chiunque in questo paese tentasse di costruire qualcosa per il futuro viene sistematicamente scoraggiato, nel vano tentativo di vivere un eterno presente.

 

Ormai questa cosa è in atto da più di un ventennio e stanno nascendo dei memi culturali che  contribuiscono a creare un clima di vera avversione verso il domani:

 

Prima fra tutte il mito dell'eterno giovane,  

In Italia si è sempre giovani almeno fino al primo infarto per gli uomini ed alla menopausa per le donne. Come corollario a questa prima strategia troviamo il totem dell'indipendenza e delle libertà, che invitano la gente a non impegnarsi in legami stabili per non lasciarsi 

sfuggire le opportunità che li aspettano dietro l'angolo. 

 

Vi è poi il mito della carriera, importato grazie soprattutto al cinema e alla televisione dagli stati Uniti d'America, dove la morale protestante ha forgiato una civiltà  convinta che il conto in banca e la posizione sociale, siano la garanzia più sicura, una volta tirate le cuoia, che le porte del paradiso si apriranno per il defunto. Questa mentalità svuotata anche del suo senso escatologico, approdata qui da noi, ha creato una plètora di gente, cui unico bisogno sarebbe trovare un posto fisso; che si è convinta che il precariato sia una forma di lavoro smart, ed è prontissimo ad accoltellare il collega con moglie e figli al seguito, per ingraziarsi un capo che probabilmente settimana prossima scaduto il contratto non rivedrà 

mai più. 

 

Ed infine l'attendismo demotivatore dove per  il bersaglio di turno, qualsiasi sia il 

momento scelto per fare qualcosa e sempre  il momento sbagliato.



L'italia ( ma i segnali anche se meno forti si possono scorgere in tutto l'occidente) ha svuotato il futuro del suo valore salvifico e di progresso, ha cancellato qualsiasi epica di "cammino verso l'ignoto"  ed anche di quella ciclicità naturale, eterno ritorno cara agli antichi. Per gli uomini moderni, il futuro è visto dal punto di vista zoologico individualistico, da  animale intelligente che scorge davanti a sé solo una discesa verso il nulla, il disfacimento fisico, rallentato da qualche trovata tecnologico/scientifica. L'UOMO MODERNO ODIA IL FUTURO.


Ed odiandolo osteggia, qualsiasi iniziativa ho notizia sembra avvicinarlo.

Qui in Italia non si fanno più figli perché la società  odia il futuro, non nascono imprese innovative perché la società odia il futuro, lo stesso astio verso gli immigrati può in parte essere visto come l'odio verso persone che sperano nel futuro, la ricerca scientifica pura viene disprezzata in quanto carica di futuro, persino il fiorente senso ecologico ed ambientale impiega le sue energie nel  proporre un regresso dell'uomo,  piuttosto che una convivenza consapevole. Tutto quello che può scuotere il placido declino che la civiltà va percorrendo viene osteggiato. 

 

I cambiamenti non sono colti come opportunità per invertire la marcia, ma come fonti di instabilità, che possono accelerare il disfacimento. Senza fiducia nel futuro decade anche la fiducia 

nell'uomo, che viene visto sempre più come un rivale  pronto ad accaparrarsi  le poche risorse  ancora disponibili, ed ecco così morire anche la coscienza di classe e comunità. 


I motivi di questo declino sono tanti, ma c'è un fatto dove tutti questi motivi trovano forza ed è il fatto che L'italia e un paese vecchio governato dai vecchi, e i vecchi per definizione hanno una visione 

pessimistica del futuro.

Nessun commento:

Posta un commento