Se prendiamo due recipienti pieni d’acqua, una a 90°C e l’altra a 10°C, e le mescoliamo ottenendo una temperatura finale di 50°C, stiamo facendo scienza. Misuriamo dati oggettivi, quantitativi e ripetibili. La scienza, in questo senso, si occupa di descrivere i fatti così come sono, usando numeri e metodi rigorosi e condivisi.
D’altra parte, se dopo aver fatto queste misurazioni diciamo che nel primo recipiente c’è “acqua calda” e nel secondo “acqua fredda” e che, mescolandole, si ottiene “acqua tiepida”, stiamo entrando in un campo diverso: quello delle descrizioni qualitative, soggettive e poco precise. Questi giudizi non sono misurabili né ripetibili, in altre parole siamo passati dalla scienza all'opinione. Non stiamo dicendo che un metodo sia giusto e l'altro sbagliato, ma che sono cose diverse e hanno un diverso valore di Verità.
Ancor più problematico è quando si tenta di attribuire un significato morale, etico o politico al dato o all'ipotesi che da quel dato scaturisce, come se fosse una sua proprietà oggettiva. Per tornare all'esempio dei due recipienti, sarebbe come voler stabilire se sia giusto o sbagliato mischiare i due liquidi!
È qui dobbiamo parlare del concetto di scienza impegnata, ovvero una corrente scientifica che non si limita a descrivere, ma si assume il compito di cambiare la realtà in nome di valori esterni al metodo scientifico.
Questa impostazione è alla base di molte discipline contemporanee che si presentano come "scientifiche", ma che in realtà si fondano su presupposti ideologici. Tra queste, molte discipline sociologiche e, in particolare i cosiddetti gender studies.
Molti gender studies, infatti, non si limitano a raccogliere e interpretare dati sulle differenze di genere, ma partono da una tesi precostituita: che il genere sia sempre e solo una costruzione sociale, frutto di potere e oppressione. Da qui, costruiscono modelli interpretativi che non sono falsificabili, ovvero non possono essere smentiti da nessun dato contrario, perché ogni dato che contraddice la teoria viene a priori etichettato come "distorto" o "oppressivo".
In altre parole: si parte dalla conclusione e poi si selezionano i fatti che la confermano.
Questo non è metodo scientifico. È costruzione ideologica. Per di più disonesta, visto l'autorità scientifica che queste pratiche pretendono di possedere, autorità che nemmeno attenendosi alle procedure più rigorose che le scienze, di cui queste discipline fanno parte, definite appunto "morbide", possono vantare, a causa, sia della loro non perfetta riproducibilità sia dall'alto grado di interpretabilità dei risultati ottenuti.
Naturalmente, esistono all’interno dei gender studies anche studi empirici seri, che utilizzano dati statistici e metodi sociologici corretti. Ma il nucleo teorico del campo, quello che detta le regole del gioco, è spesso più vicino alla filosofia politica o alla critica culturale che alla scienza.
Quando la scienza abdica alla sua neutralità e si mette al servizio di una causa, qualsiasi essa sia, rischia di perdere il suo statuto epistemico, diventando uno strumento retorico per giustificare ciò che si è già deciso essere giusto. La scienza deve mostrarti i fatti. Stabilire il loro valore morale è compito della filosofia, della politica, dell’etica, non del laboratorio.
Se tutto ciò adesso viene meno, se la scienza rinuncia alla sua neutralità è smette di produrre "realtà grezza", sarà ancora in grado di alimentare lo straordinario progresso che l'ha resa grande?
Francamente temo di no.
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