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sabato 4 dicembre 2021

Di puttane e cavalieri

Rileggevo l'epopea di Gilgamesh è stavo riflettendo sulla civilizazione di Enkidu, non è un caso che il suo passaggio dal selvaggio al civile avvenga per merito di una prostituta; l'essere umano che accetta di ricevere quello che agogna con la contrattazione, con l'accordo  e non con la mera forza, il civile che accetta di sottostare a delle regole autoimposte per raggiungere i propri scopi, contrapposto alla bestia schiava degli istinti impellenti. 

Mi sovviene alla mente un'altra meritrice, casta questa volta, per parafrasare il grande Ambrogio, che riusci a trasformare una genia di rozzi guerrieri in prodi cavalieri. 

So bene che il Santo identificando la chiesa con questo personaggio bibblico intendesse esplicitare il concetto di chiesa come  oggettivamente santa e soggettivamente peccatrice.  

Ma in questo breve post mi preme concentrarmi sul ruolo della donna nel  processo di civilizzazione umana, sulla sua forma mentis; da un lato cosi concreta attaccata al materiale e poco idealista, dal'altro  guidata dall'emotivita dal  sentimento con la grande capacita di comprensione dell'altro che queste caratteristiche gli conferiscono, si bisognerebbe proprio riscrivere la storia tenento in maggior considerazione la prospettiva femminile, purtroppo invece stiamo passando da una visione granitica e compartimentata dei ruoli; dove la donna generava la vita ed all'uomo spettava il compito di "formare", di educare, ad una visione indistinta  dove tutti possono fare tutto, pezzi intercambiabili come ben si addice anche all'umano nell'era della "sostituibilita'"

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