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martedì 23 febbraio 2021

democrazie egocentriche

C'è una cosa che mi induce a credere che  la democrazia, nella forma  in cui la conosciamo, stia per giungere al termine. Questa cosa è il guardare i ragazzi di oggi e vederli sempre più intrisi di egocentrismo ed individualismo. Vi è mai capitato di entrare in un'attività ed avere l'impressione che chi vi sta di fronte ha l'aria di uno che vi sta facendo un favore, a perdere il suo tempo per vendere qualcosa a voi?  O al contrario trovarvi da un cliente, che si comporta, come chi crede che la vostra unica ragione di esistere, si esaurisce nel  aspettare i suoi comodi?  Queste banali forme di maleducazione, insieme a tanti altri piccoli segnali, sono a mia opinione, la manifestazione di qualcosa di più profondo.


Voglio un attimo fare un passo indietro, per spiegare meglio il mio ragionamento. Fino all'inizio del secolo scorso, la società era organizzata in maniera gerarchica. Ciò vuol dire che alle persone veniva attribuito un determinato valore in base al ruolo che occupavano nella comunità. Nel concreto significa che un contadino non valeva quanto un avvocato, che valeva meno di un cavaliere, che a sua volta valeva meno di un conte, e quest'ultimo veniva dopo un duca, ecc. In occidente questo modello iniziò a vacillare sotto la rivoluzione francese; che in fin dei conti si può affermare, tentò di portare sul piano materiale quei valori cristiani che fin ad allora valevano sostanzialmente in prevalenza per la dimensione spirituale, e fu per essere accantonato quasi del tutto  con la fine della seconda guerra mondiale, preferendo ad esso usare, appunto un sistema di organizzazione sociale più meritocratico, individuale ed egualitario. In breve; almeno come ideale, per l'uomo occidentale moderno, un avvocato ed il suo fruttivendolo hanno la stessa dignità di lavoro, la stessa dignità politica e la stessa dignità di espressione, le loro vite cioè, hanno lo stesso valore. Naturalmente entrambi i sistemi non sono così perfetti e rigidi, le eccezioni in questo senso  non mancano.  Però  in linea di massima possiamo affermare che; mentre il contadino del settecento riconosceva una certa superiorità, a livello materiale,  al dottore, e  non si sarebbe sognato di paragonare  il proprio reddito a quello dell'altro. Un contadino moderno, lo fa, eccome! Anzi, pretende pure  che entrambi i redditi,  sia il suo che quello del dottore, siano regolati in base a principi di mercato e di equità. 



Benché il secondo sistema sia indubbiamente più giusto per tutti, ed in fin dei conti a lungo andare più conveniente, in quanto assicura maggiore mobilità sociale e minori privilegi ereditari, deve fare i conti con un grosso difetto. Difetto  che consiste nel fatto che ognuno di noi in fondo, in fondo, è persuaso di saperla un po' più lunga degli altri. E nel valutarci globalmente, ci attribuiamo qualche punto in più, rispetto alla media. Questa pecca, nelle generazioni precedenti veniva mitigata dalle condizioni reali della maggioranza della popolazione, cioè: il fruttivendolo dentro se, aveva sì, il sospetto di essere migliore del macellaio e dell'avvocato messi assieme; purtroppo però quest'ultimo avendo avuto la fortuna di  aver studiato il "latinorum"  conosceva le leggi meglio di lui; perciò, onde evitare di essere gabbato da persone simili, gli conveniva sopportare il macellaio e riconoscergli gli stessi diritti che in fin dei conti tutelavano anche lui dai pesci più grossi.



Se consideriamo poi che il mondo in cui si viveva era intriso di Cristianesimo, che come accennato prima, benché sul piano materiale era perfettamente concorde con la gerarchizzazione della società, a livello spirituale, la sua dottrina riconosceva  tutti gli uomini come uguali. Oltre a ciò, era un mondo dove la povertà generalizzata, era sempre  pronta a ricordare ed a imprimere nella coscienza della gente, che si era tutti sulla stessa barca. Questo voleva dire per tornare al nostro fruttivendolo, che al macellaio ( sempre lui) in caso di difficoltà conveniva aiutarlo, perché domani non si sa cosa può succedere.



La società del benessere e sostanzialmente scristianizzata, ha invece eliminato tutto ciò.  


Questo ci porta al discorso iniziale. Le nuove generazioni istruite e (finora) assistite dallo stato sociale, da un lato  hanno sempre meno bisogno della famiglia in particolare, e della comunità in cui vivono in generale, visto che le funzioni che questi enti assolvevano sono stati relegati in gran parte allo stato, cosa che contribuisce a  rendere i giovani appunto, sempre più individualisti. Dall'altro i diritti e privilegi di cui  godono, alimentano l'egocentrismo che a sua volta li spinge a guardare le persone che li circondano in ottica esclusivamente utilitaristica, anteponendo sempre e a prescindere il loro  personale tornaconto a discapito di quello degli altri. Cioè sempre più frequentemente le nuove generazioni si considerano per privilegio di nascita, come fruitori di certi diritti,  che non sono disposti a riconoscere agli altri individui, in maniera altrettanto gratuita. Né tantomeno  sono propensi  a impegnarsi per far si che quei diritti vengano rispettati sugli altri.


Cosí facendo, però questa forma mentis ci riporta inevitabilmente ad una  società organizzata, ancora una volta in maniera piramidale. Purtroppo non credo che la punta sia così larga da ospitare tutti quelli che per intelligenza o per nascita, credono di meritare quella posizione.

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