Confesso che, in generale, ho trovato il testo una lettura piacevole, capace di trasmettere nozioni interessanti. Ho apprezzato soprattutto il fatto che, l'autore con una certa onestà intellettuale nei capitoli finali riconosca che quello che lui chiama "establishment", è stato troppo ottimista nel propagandare certe idee. Ma se l'obiettivo era sfatare certi miti, a mio giudizio, è riuscito solo in parte nel suo intento, ad esempio il libro parte col criticare il luogo comune che l'euro ha causato un raddoppio dei prezzi. L'autore dati alla mano dimostra che in realtà, l'aumento dei prezzi si attestava tra il due e il cinque per cento. Peccato che Cottarelli non affronti l'elemento simbolico e sociale di questa percezione, perciò evita di parlare di come, quell'incolpare l'euro di aver impoverito il paese, quell'accusarlo di aver fatto raddoppiare i prezzi, nel concreto, non andrebbe preso (solo) alla lettera, ma a simboleggiare tutte le difficoltà che i cittadini comuni hanno dovuto affrontare per intraprendere il nuovo corso economico che l'Europa ha voluto imporre; la stagnazione dei salari, i governi tecnici, tutti quei "ce lo chiede l'Europa" che gli italiani hanno dovuto sopportare, per non parlare delle promesse eclatanti mai mantenute, come la famosa "con l'euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se lavorassimo un giorno in più" di prodiana memoria. Senza toccare questi punti, il dimostrare dati alla mano che l'euro di per sé non ha fatto raddoppiare i prezzi mi pare poco significativo.
Ancora meno mi ha convinto, la sua argomentazione, in un'altra sezione del libro, dove si vuole dimostrare che la Francia, al contrario di quanto affermavano i pentastellati ai tempi delle "belle speranze" della coalizione giallo-verde (il libro è di quel periodo), nel sostenere il franco africano quasi quasi, ci rimette. Pensa te sti francesi! Sembrano tanto delle merdine, invece hanno un cuore d'oro, quanti sforzi si accollano per aiutare gli africani, forse vorranno redimersi dal passato coloniale, fatto sta che ci tengono proprio, e stanno attenti che tutto il peso dell'aiuto ricada sulle loro spalle, al punto che come ha dichiarato lo stesso Romano Prodi in diverse conferenze, uno dei motivi principali per cui bombardarono la Libia di Gheddafi, era proprio il fatto che il dittatore libico volesse creare una moneta alternativa al franco africano, sia mai che qualcuno altro si accollasse questo peso. A pensarci bene, anche una mia vecchia collaboratrice ivoriana mi spiegava che i prodotti francesi nel loro paese hanno una specie di corsia preferenziale, ma probabilmente lei, poverella, non capisce i principi economici.
Seriamente parlando, è questa di Cottarelli, una tecnica per smontare certe tesi: concentrarsi sulle posizioni più estreme, confutare queste ultime. E lasciare chi ascolta nell'impressione di aver smontato tutta la tesi, se poi come fa lui si dedica un certo spazio ad approfondire cosa c'è di vero, il lettore resterà pienamente soddisfatto.
Adesso, io non dubito che Cottarelli sia un bravo economista, tra l'altro al contrario di personaggi come Monti (che nel libro difende), che sono rigidamente concentrati solo su una determinata scuola di pensiero, so che Cottarelli, anche se non si azzarda a uscire dalla cornice mainstream (l'Europa, certi dogmi neoliberisti, eccetera), che dà per scontata e necessaria come se fosse aria, cosa che tra l'altro, il suo libro lascia trasparire chiaramente, ha un approccio più pragmatico alle teorie economiche, ma, visto che mi faccio come punto d'onore conservarne la buona fede, è appunto come specificato all'inizio, questo voler leggere tutto dal punto di vista economico, questo eccesso di fiducia, questa primazia accordata al suo specifico settore di competenza, che lo perde. Chi occupa certi ruoli non può, non deve scordare che il mondo è complesso.
È qui entriamo nel motivo di questo scrittino, infatti Cottarelli nel suo libro, "smonta" anche la tesi che vedeva Berlusconi nel 2011, vittima di un complotto che causò la caduta del suo governo. Naturalmente presentando le cose in un certo modo, Cottarelli ha gioco facile a dimostrare che non vi fu nessun complotto.
L'economista, approfitta del fatto che quando si parla di complotti, la gente si immagina; riunioni segrete, grandi vecchi, società misteriose e chissà quali altri enigmi. In realtà, già in due si fa fatica a mantenere un segreto, i grandi vecchi hanno problemi d'incontinenza e le società segrete somigliano troppo a quei Figli del Deserto, che chi conosce la filmografia dei mitici Stanlio e Ollio ricorderà senz'altro.
A mia opinione le persone su dinamiche di questo tipo, in genere hanno esperienze attraverso la letteratura o altro tipo di fiction, dove certe situazioni sono esasperate per creare più pathos o per richiamarsi ad un'ideale archetipo. Così quando si parla di episodi reali, li giudicano in base alla loro esperienza, e di conseguenza li ritengono poco plausibili, e saranno proprio le persone più preparate e di conseguenza fornite di spirito critico le più scettiche.
Uscendo dall'archetipo però, i complotti nella maggioranza dei casi sono tutt'altra cosa: Un complotto è un’azione segreta e coordinata da un gruppo relativamente ristretto di soggetti per ottenere un risultato utile per sé e per altri soggetti, i quali possono agire anche in modo indipendente e inconsapevole, ma in modo funzionale all’obiettivo comune, spesso a discapito di un terzo.
Cottarelli fa ricadere la colpa della caduta del Berlusconi IV ad una serie di congiunture economiche, che minarono la fiducia di certi attori, che a loro volta pesarono su certe congiunture economiche. Insomma Cottarelli propone in economia una specie di motore che si autoalimenta, nulla di straordinario.
Ricordate la definizione di complotto data prima?
Proviamo ad analizzare la posizione del governo Berlusconi in quei giorni:
Il personaggio con la sua vita privata movimentata e dissoluta si rendeva facilmente bersaglio degli attacchi avversari.
Naturalmente era inviso agli avversari politici, che avrebbero fatto carte false per farlo uscire di scena.
Era sgradito anche agli alleati strategici della nato, prima fra tutti, gli Stati Uniti, per le sue amicizie con Putin e Gheddafi.
I suoi alleati storici erano scontenti dell'operato del governo, specialmente Gianfranco Fini che già da tempo si vedeva declassato del suo ruolo di "delfino", e cercava altri sponsor.
I mercati finanziari vedevano nella crisi italiana un'occasione per aumentare i propri profitti.
Un presidente della repubblica preoccupato che l'Italia non deragliasse dai binari, su cui era stata messa agli inizi degli anni '90.
Giornali e giornalisti legati a gruppi di potere, che come e più del presidente volevano che l'Italia restasse su quei binari.
Davvero serve altro per dire che la caduta del Berlusconi IV fu un complotto?
Davvero pensate che i mercati siano questi soggetti freddi e razionali, fatti da bravi ragionieri, come a tratti li descrive Cottarelli, ignorando per di più, gli altri attori in scena, quasi fossero solo dei burocrati interessati solamente al buon funzionamento del meccanismo.
Considerato che il rapporto deficit/pil ai tempi era del 120% e oggi siamo arrivati al 134%, non mi pare che il successivo governo tecnico abbia fatto miracoli tali da rassicurare i mercati. Eppure oggi la situazione appare molto diversa.
A mio parere questa differenza è dovuta al fatto che sotto il governo Berlusconi, un certo Mario Draghi nel ruolo di governatore designato della BCE firmava lettere preoccupate in cui, in assenza di decisioni drastiche, esprimeva dubbi sulla permanenza del paese dentro l'area Euro, mentre qualche mese dopo, garantiva che la BCE avrebbe fatto tutto quello che c'era da fare per garantire la stabilità della moneta, rasserenando i mercati.
Naturalmente per fare accuse servono prove, e i tempi sono ancora immaturi per avere nelle mani qualcosa di concreto. però, come ha ammesso lo stesso Monti in un’intervista a Alan Friedman riportata nel libro Ammazziamo il gattopardo, già a giugno 2011 Napolitano lo sondò sulla disponibilità a incarichi di governo. Inoltre l'ex ministro Tremonti, in più di un'intervista (link) ha fatto notare di come Draghi in qualità di governatore della banca d'Italia, nelle “Considerazioni finali” del 31 maggio 2011, affermava che lo stato italiano stava attuando: "una prudente gestione della spesa". Poi a pochi mesi di distanza , il 5 agosto, se ne esce fuori con la famosa lettera già menzionata cofirmata col suo predecessore alla BCE, dove si chiedevano tagli immediati e riforme strutturali per scongiurare il peggio.
Insomma più di qualche piccolo mistero e repentini cambi di opinione, ripeto, prove certe non vi sono, ma ridurre il tutto a normali fattori economici e etichettare tutti i sospetti a "bufale" mi pare alquanto semplicistico.